ESCLUSIVA- Sindoni (ds Orlandina): 28anni ed idee chiare per il basket italiano

INTERVISTA SINDONI DS ORLANDINA- Un suo post su facebook ha scatenato un putiferio. In questa intervista spiega le sue ragioni e si racconta.

Un post su Facebook. Uno sfogo. Una constatazione personale. Ed ecco che si scatena un putiferio. Nuvole nere anticipano una tempesta di critiche e di commenti. Ma Peppe Sindoni non si lascia certo spaventare: essere direttore sportivo di una squadra di serie A a soli 28 anni, in un mondo spinoso come quello del basket, è una dimostrazione molto eloquente della stoffa di Sindoni. Le sue idee sul basket sono un manifesto di stile, innovazione e senso estetico che possono solamente fare bene al basket del nostro Paese. Ecco le sue parole in esclusiva a noi di ContrAtaque.

“Le dichiarazioni sono state un po’ forti, ma il messaggio che volevo esprimere credo che sia inconfutabile perché parlavo alla fine di tre fatti.” Ma il termine massoneria associato al basket non si sente molto spesso. “Immagino che sia quella la cosa che ha fatto un po’ parlare. Allora, nel basket non esiste la massoneria, io intendevo che un po’ troppo spesso in Italia ci ritroviamo a dover seguire delle regole che però noi stessi non capiamo. E per noi stessi intendo tanti addetti ai lavori, dalla serie A alla A2. Io poi ho avuto anche la fortuna di fare tanti campionati negli ultimi anni: son partito dalla serie C nel 2009, ed è da quell’anno che faccio il direttore sportivo. E vedo che un po’ a tutti i livelli a volte ci si trova con delle regole che le squadre stesse non capiscono, il movimento stesso non capisce. Non ne capisce l’utilità e la finalità. E usando quel termine forte (massoni) spesso chi fa le regole discute solamente con una cerchia molto ristretta e non si confronta mai con la base e con le squadre e con chi queste regole le deve mettere in atto. Io ho la percezione che Italia, da sempre, ci sia veramente tanta distanza tra l’ente legiferatore e il movimento di base. E questo credo che non faccia bene a nessuno. Io intendevo che a livello delle persone che incidono in questo mondo, spesso ci sia un po’ una ritrosia ad aprirsi verso il mondo esterno e a capire le necessità nostre, dei club, e degli atleti.”

Obiettivi sbagliati e risultati scarsi

Questa mancanza di dialogo tra Federazione e movimento di base ha portato, secondo il ds di Capo d’Orlando, ad avere delle finalità sbagliate o che comunque non hanno prodotto i risultati per il miglioramento del basket italiano. “Le regole, ad esempio l’eleggibilità dei giocatori in A2 degli ultimi anni hanno portato a qualcosa che non volevamo raggiungere. O meglio, si è raggiunto quello che si voleva ma non capisco cosa abbia portato e in fondo credo che non abbia capito nessuno. In altri paesi non è così: il sistema basket parte dalle esigenze dei club, delle leghe, degli atleti, poi prova a fare il meglio per i propri tesserati.” La sua però non è una mancanza di fiducia a prescindere nei confronti della federazione. “Se qualcuno mi rappresenta io mi fido e le sue idee le porto fino in fondo, non mi interessa, può sbagliare lui come posso sbagliare io. Solo che molto spesso in Italia non condividiamo la visione di base, perché proprio non c’è dialogo. In Italia, a mio modo di vedere, ci facciamo una domanda stupida da 15 anni, un solo obiettivo che fino ad ora non ci ha portato a nulla.”

Si spiega meglio. “Io ho 28 anni, mi sono appassionato di questo mondo in maniera costante nel 2001, compravo il superbasket e leggevo che il problema era che non giocavano italiani. E allora ho iniziato a pensare che il problema fosse questo ma poi mi sono reso conto che obbligare le squadre a schierare un numero di italiani elevato non ha portato a nulla. Non bisogna dimenticarsi che la federazione negli ultimi 15 anni ha messo l’attenzione solo questi punti ma non mi pare che abbiamo ottenuto risultati straordinari.” L’ultima Eurolega vinta da una squadra italiana infatti risale al la vittoria della Virtus Bologna del 2001.

“Però secondo me le due cose non sono del tutto collegate. Quello che manca oggi sono i capitali importanti, la gente che investe. Perché quella Virtus se andiamo a vedere il roster aveva il top del top d’Europa per il tempo. Poi giocavano anche degli italiani, che venivano favoriti dal potersi allenare con Ginobili, Jaric, Griffith e compagnia bella.” Ma anche ripararsi dietro lo scudo della mancanza di fondi non porta a nulla. “Non stiamo facendo niente per riportare un po’ di interesse sulla pallacanestro, secondo me questo è un aspetto su cui dovremmo lavorare di più.” E il nuovo corso intrapreso dalla Federazione da a Sindoni dei motivi per sperare in un futuro migliore. “Sono molto fiducioso del nuovo corso della Lega Basket, che ha finalmente scelto di professionalizzarsi, di prendere un commissioner come Zurleni che a me piace molto. Credo che finalmente si abbia una guida e so che gli obiettivi che si è prefissato per dare risalto alla serie A sono ambiziosi e interessanti. Sono molto fiducioso.”

Capo d’Orlando sopra ogni aspettativa

E intanto la sua Capo d’Orlando vola sopra ogni aspettativa e si gode un sesto posto in campionato che vorrebbe dire Final Eight. Obiettivo ormai conclamato da qualche settimana, ma che ad inizio stagione sembrava impossibile. L’Orlandina infatti veniva messa indietro in tutti i pronostici, ma Peppe Sindoni è sempre stato conscio delle reali potenzialità della sua squadra e ne ha fatto una risorsa. “Io personalmente ho scaricato tutti i ranking che ci davano all’ultimo posto, li ho attaccati nello spogliatoio e ancora oggi rappresentano una motivazione extra per tutti noi.” Ma gli obiettivi che lui e il suo staff si sono posti a inizio stagione sono solamente due, però di meravigliosa ambizione.

“1) giocare bene a pallacanestro, perché pensiamo che in questo momento storico in cui di talento, non solo nella pallacanestro, ce n’è poco, si lavora a distruggere quello che fanno gli altri ma raramente nel provare a proporre qualcosa. Questo lo fanno in pochi: il Sassuolo nel calcio, ad esempio. E noi vogliamo giocare una pallacanestro piacevole. 2) ottenere un record positivo in casa. Perché nei due anni passati abbiamo centrato due salvezze, ma entrambi gli anni con un record negativo in casa di 7-8. Quest’anno l’obiettivo unico numerico e di campo è quello di ottenere un record positivo in casa, cioè di poter contare sulle 8/10 partite casalinghe; questo ti da una base importante su cui costruire un campionato. Finora ci sta riuscendo.” E la vittoria di ieri contro Sassari è stata la sesta vittoria consecutiva in casa, a dimostrazione che quell’obiettivo sta riuscendo alla grandissima.

Nonostante tutto però Capo d’Orlando è poco considerata da pubblico e media. “La valutazione sulla nostra squadra come ogni anno è sommaria perché siamo piccoli, siamo alla fine di un elenco e quindi la gente magari si stanca di andare a vedere e analizzare, e poi i nostri sono tutti scommesse e quindi la gente li conosce poco. Però il nostro quintetto è formato da 3 ex giocatori di Eurolega, 1 capitano di una nazionale e sostanzialmente Dominique Archie, che ha giocato l’euro cup, ha vinto tantissimo in Belgio e poi penso che sia lo straniero più importante della nostra storia. Quindi non credo che siamo così tanto male come dicono.”

Un futuro incerto

Ma dove sarà Peppe Sindoni tra 10 anni? “Onestamente non lo so, è una bella domanda (nd ride). La considerazione amara che si deve fare oggi è che le persone migliori che ho conosciuto nella pallacanestro italiana da quando sono dentro a questo mondo, o non sono più in Italia o non sono più nella pallacanestro. Penso a Daniele Baielli, Maurizio Gherardini neanche lo dico, ma anche Gianmaria Vacirca che è stato qui a Capo d’Orlando per una stagione e che io considero un genio di questo gioco, anzi un genio in generale ma che soprattutto in questa pallacanestro sarebbe stato una risorsa per tutti ma che oggi fa tutt’altro. Questo credo la dica lunga sull’instabilità di questo lavoro. Io sto provando col massimo dell’umiltà e della programmazione a costruire un futuro per Capo d’Orlando: oltre ai risultati nell’immediato abbiamo tanti contratti pluriennali, stiamo investendo molto più del passato sul settore giovanile e stiamo provando a fare qualcosa che possa durare nel tempo. Quindi sono concentrato e proiettato su Capo d’Orlando anche a lungo termine, poi ovviamente nella vita mai dire mai.”

I risultati attuali sono dalla sua parte, un segnale del fatto che il cammino fin qui intrapreso sia quello corretto e l’entusiasmo di Sindoni è alto. “Siamo onestamente contenti di quello che stiamo facendo, dei passi avanti che stiamo facendo perché siamo un club piccolo che deve sempre confrontarsi con gente e con realtà che hanno potenzialità diverse da noi. Però pensiamo che anno dopo anno si possano mettere delle basi sempre più solide che ti possono permettere intanto di ottenere un risultato minimo come la permanenza in serie A e poi crescere ancora credo che sia auspicabile da parte nostra.” Le prospettive sono buone, il basket italiano ha trovato un ds giovane con idee brillanti e innovative che vanno supportate. Perché per crescere come movimento, in mancanza di fondi, abbiamo bisogno di migliorare a livello di gioco e di tecnica. E Capo d’Orlando è un manifesto meraviglioso, avanti così Peppe!

di Riccardo Meloni

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