Lennart Skoglund, una vita fuori dagli schemi

Lennart Skoglund Inter – Una vecchia gloria nerazzurra rovinata dall’alcool ma ormai Leggenda nel suo Paese d’origine.

Svezia, fine anni ’60: durante una gara di campionato l’Hammarby, squadra scandinava non troppo nota e occupata spesso a galleggiare nelle serie minori, batte un calcio d’angolo. Sul pallone si presenta tale Lennart Skoglund, non un calciatore come gli altri. Un puro concentrato di tecnica, classe e maledizione. Col suo mancino fa partite una traiettoria beffarda che inganna il portiere avversario, infilandosi in rete. Nel 1984, di fronte alla sua abitazione, verrà posta proprio una statua raffigurante quel preciso momento, in cui la storia aveva sentenziato – di nuovo – la bellezza calcistica di un uomo che, a suo modo, finì per cambiare il mondo del pallone come lo si era conosciuto fino a quel momento. Perché Lennart Skoglund è stato, forse, il prototipo del calciatore fuori dagli schemi: bravissimo in campo quanto disastroso in una parte della vita privata e personale, rappresenta ancora oggi un idolo fin troppo sconosciuto in Europa ma assolutamente venerabile nel suo Paese d’origine. Un talento cristallino, che ha giocato un ruolo fondamentale nella nascita di tanti estrosi interpreti del calcio moderno.

Talento incompreso (per poco)

Ed è proprio fuori dagli schemi che il talento di Skoglund è prepotentemente emerso. Dopo aver mosso i primi passi nell’Hammarby, a 19 anni viene ceduto all’AIK Solna. Uno dei club più titolati di Svezia, non bricioline: in così poco tempo, Skoglund ha messo in scena una classe sopraffina, tanto da essere persino convocato per il Mondiale del 1950 nonostante la giovane età. Ai giornalisti, scettici per la convocazione di questo ragazzino che parallelamente – per mantenersi – vendeva anche persiane, fece cambiare idea durante una partitella organizzata proprio tra la Nazionale e i giornalisti: Skoglund, schierato “fuori quota” nella squadra dei secondi, siglò 2 reti per l’1-3 finale.

L’adattamento agli schemi non era un problema che gli riguardava: giocava di solito sulla sinistra, come ala o mezzala, rivelandosi un vero e proprio funambolo nel dribbling e negli assist per i compagni. Un giocatore da tenere libero, senza le catene tattiche di un calcio che, specialmente in Svezia, era ancora agli albori e, di conseguenza, non a livello avanzato.
La Svezia farà un figurone al Mondiale, chiudendo al terzo posto. Le prestazioni del ragazzo saranno notevoli: lo cercherà il San Paolo, ma l’AIK rifiuta l’offerta perché troppo bassa. Accetterà invece quella dell’Inter, cinque volte superiore. Skoglund approda così in Italia, dove troverà la definitiva consacrazione.

Lo spettacolo è servito

Lennart Skoglund
Lennart Skoglund – FOTO: inter.it

Nacka – così era soprannominato in patria, per via del nome del quartiere di nascita – trova all’Inter un vero e proprio Paradiso. L’allenatore Alfredo Fondi gli consente di aprire il regalo più bello: quello di una mancata gabbia tattica. Skoglund viene lasciato libero di fare ciò che vuole. I risultati, ovviamente, si vedono: giocando soprattutto ala insieme a Nyers e Lorenzi, Skoglund serve assist a raffica ma soprattutto segna gol decisivi. Alla seconda giornata va subito in rete contro il Milan, nel Derby. Colpirà poi anche la Juventus, firmando una delle segnature nel Derby d’Italia vinto con maggior distacco nella storia dai nerazzurri, con un perentorio 6-0 finale. I tifosi lo adorano, ed in effetti è impossibile non farlo: con Skoglund ogni partita sembra uno spettacolo da giocolieri, a San Siro mai avevano visto un giocatore così bravo tecnicamente fino ad allora. Nella patria del tatticismo, Skoglund aveva portato qualità e follia.

Anche nel 1958 Skoglund partecipa ai Mondiali: segnerà un gol in semifinale ma la Svezia sarà battuta in finale dal Brasile. Il ragazzo è ancora giovane, pare arrivato al top della maturità calcistica. Ma da quel momento in poi lo svedese vivrà una pesantissima involuzione, dettata anche da alcuni problemi fuori dal campo.

Un goccetto di troppo

Già in Svezia, difatti, Skoglund aveva manifestato un problema di dipendenza con l’alcool. Non pesantissimo, all’epoca. Ma col passare degli anni il suo vizio si è trasformato in qualcosa di estremamente limitante, per il sé stesso privato e pubblico. Come calciatore l’ultima stagione all’Inter è normale, senza troppi acuti. Nel 1959 il Biscione, che aveva provato a placare il desiderio di bere del calciatore contattando familiari ed esperti, a malincuore – ma non troppo – si privò dello svedese. Il quale, però, non lasciò subito l’Italia.

Viene ceduto infatti alla Sampdoria, squadra nella quale per due stagioni offre un rendimento che è l’incarnazione perfetta della discontinuità: a volte i tifosi lo porterebbero in trionfo, mentre in altre occasioni il giocatore offre prove incredibilmente povere di contenuto. Il problema con l’alcool continua a limitarlo pesantemente anche nell’ultima esperienza italiana, in quel di Palermo: nel 1962 viene ingaggiato con un contratto a gettone dalla squadra rosanero, gioca solo una manciata di partite senza incidere. Skoglund è ormai un giocatore finito per un calcio ad alti livelli. Soprattutto, è un uomo devastato dalla sua brutale dipendenza.

La leggenda oltre l’uomo

A Skoglund non resta che tornare in patria: la Svezia non è ancora fautrice di un calcio di altissimo profilo e lì l’estroso esterno può ritornare a calcare i campi da gioco. Chiuderà la carriera con l’Hammarby, la squadra che lo aveva lanciato. Il danno umano è però già strisciante: Skoglund, che in Italia aveva sposato Nuccia Zirilli – Miss Calabria – e che aveva avuto anche due figli con lei, lascia la famiglia nel Bel Paese per “fuggire” in Scandinavia. Forse, in un impeto di altruismo, anche per risparmiare a chi lo amava la visione di una persona che si stava autodistruggendo.

Skoglund vive gli ultimi anni di esistenza da schiavo dell’alcool. Viene ricoverato spesse volte in condizioni precarie, ogni occasione in cui si sente parlare di lui è perché si teme per la sua vita. Verrà trovato morto, a casa sua, nel 1975: un infarto, probabilmente dovuto anche al pesante vizio, lo aveva stroncato irrimediabilmente. Come detto, in suo onore verrà eretta una statua. Nel 2001, addirittura, quello stesso spazio verrà rinominato come piazza Nackas Horna, l’angolo di Nacka. Un momento immortale, scolpito nel tempo, che nessuno potrà rubare o mutare.
Lennart Skoglund è stato forse il primo esempio di genio e sregolatezza che il calcio abbia mai conosciuto. Calciatore fortissimo, uomo forse debole ma non per questo meno meritevole di rispetto. Probabilmente, uno dei più grandi giocatori mai esistiti, nonostante uno spettro fin troppo spaventoso per essere ignorato. Le Leggende vivono oltre l’uomo, da sempre e per sempre. E anche quella di Lennart Skoglund, cristallino e gioioso talento, è destinata a non spegnersi mai.

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