Pacchi dall’estero: Federico Magallanes, mai più
Pacchi dall’estero, la rubrica che sognare il mondo fa. Eccoci on air con un nuovo mirabolante profilo calcistico che causerà in parecchi di voi ulcere miste a risate: oggi parliamo di Federico Magallanes…inevitabile che prima o poi sarebbe finito qui, nell’olimpo dei grandissimi bidoni.
CHE PENA – Magallanes cresce nel Penarol e si fa notare subito dagli osservatori europei. Arriva in Italia ne 1996, quando ad acquistarlo è l’Atalanta, che in quello stesso anno scoprirà le doti da goleador di Filippo Inzaghi (ben 24 le reti segnate da Super Pippo) e l’estro sopraffino di un giovane Domenico Morfin Morfeo. Tanto basta per dire che Magallanes il campo non lo vede quasi mai: 11 presenze, quasi tutte dalla panchina, con un gol segnato. L’anno successivo invece 5 gol in 13 presenze, tutto sommato bene. Ma a Bergamo non c’è spazio per lui, anche perché non si capisce quale sia il suo ruolo…centrocampista, attaccante, a destra, a sinistra…e metterlo in campo risulta spesso problematico.
TUTTO QUESTO E’ REAL – In tutta questa confusione arriva la chiamata del Real Madrid, avete capito bene, del Real Madrid. Magallanes può vantarsi di essere stato un Galactico, pur non avendo mai calcato il campo del Bernabeu. Infatti Guus Hiddink, uno che la sa lunga, subito intuì che in quel ragazzo dai lunghi capelli era più voluminosa la capigliatura appunto, rispetto la capacità di stare con un pallone tra i piedi senza cadere. E dunque, dopo sei minuti di Real Madrid, nel 1999 passa al Racing Santander. Anche qui un disastro, ma se vogliamo è pure peggio in quanto lo spazio a disposizione sulla carta è maggiore. Magallanes però non sa approfittarne, e dopo 17 caps ed un gol torna in Uruguay, al Defensor Sporting. Qui fa bene, ma il richiamo del grande calcio è più forte della ritrovata serenità.
VENEZIA AFFONDA – Difatti Magallanes approda nella città lagunare, alimentando lui stesso le voci che vogliono i neroverdi come autori di un grandissimo colpo di mercato. Invece sin dai primi mesi invernali si capisce come finirà la stagione 2001-2002. E nonostante la retrocessione dell’allora squadra di Maurizio Zamparini il giocatore (parola grossa) uruguaiano conquista anche la convocazione per i mondiali di Giappone e Corea. E un altro pazzo disposto a dargli fiducia pure lo trova: Attilio Romero, “Tilli”, che lo definì un mix tra George Best, Gento e Gigi Meroni. Ipse Dixit. E dopo l’ennesima fallimentare esperienza calcistica, dopo essere stato scartato dall’Albacete (serie C spagnola), dopo che il Siviglia lo ingaggia salvo ricredersi presto a lasciarlo a piedi, ecco che il nostro ritorna in patria ed al pallone non pensa più.
CHE FINE DI MERIDA – Fino a quando nel marzo 2006 lo contatta l’Eibar, sempre dalla Spagna. Ed anche qui finirà con una retrocessione, la quinta dopo Atalanta, Racing Santander, Venezia e Torino. Ma va detto che sulla sua carriera ha influito anche il potente agente FIFA Paco Casal, in mano al quale soprattutto a quei tempi stava tutto il mercato uruguaiano. A Magallanes capitò che sua moglie volle acquistare una proprietà in Spagna, ma la banca negò al giocatore di prelevare la liquidità necessaria. La situazione si risolse solo dopo aver telefonato allo stesso Casal. E da allora la sua carriera a livelli professionistici è definitamente tramontata. Dopo un po’ di Digione ed un po’ di Merida, Magallanes è senza squadra già dal 2009. Noi ci lasciamo così, con una sua frase dopo un gol allo scadere in Atalanta-Verona del 1997: “Ho dimostrato di essere il più forte”. Le ultime parole famose…