Intervista esclusiva a Stefano Benzi

Claudio Cafarelli
25/01/2013

Intervista esclusiva a Stefano Benzi

stefano_benzi

Questa sera è con grandissimo piacere che ospitiamo sul nostro portale uno dei giornalisti più bravi e interessanti del panorama nazionale, una persona squisita e un professionista eccellente che ci ha concesso una lunga intervista (quasi interrogatorio) nonostante i suoi innumerevoli impegni (uno tra tutti la Coppa d’Africa).

Per la rubrica “Una birra con….”  abbiamo contattato e avuto il piacere di intervistare STEFANO BENZI attuale direttore responsabile di EUROSPORT ITALIA e vecchia conoscenza di Sportitalia. (famosissimo il suo programma WWE NEWS)

Non vi anticipiamo nulla dell’intervista ma vi consigliamo assolutamente di leggerla per ridere e riflettere sui tanti argomenti che abbiamo affrontato con Stefano.

Enjoy it!!

Sei conosciuto da tutti come direttore di Eurosport ma hai raggiunto picchi clamorosi di popolarità grazie a WWE News dove era evidente la tua passione per il wrestling, quindi iniziamo subito con una domanda che ci attanaglia da tempo, non ci dormiamo la notte…essendo cresciuti a pane e Dan Peterson:

Qual è il tuo wrestler preferito degli anni ’80? Quali giovani promesse attuali hanno la stoffa per diventare delle superstar? 

Beh, è giusto cominciare dalle cose davvero molto importanti. Premetto che gli anni ’80 non sono stata la mia genesi nel wrestling che ho cominciato a seguire un po’ prima, con pochissimi mezzi a disposizione e molta curiosità. I miei favori inizialmente caddero su Hogan, ma perché già lo conoscevo nella sua versione ‘giapponese’ e quella americana, così sgargiante e hollywoodiana era perfetta in quel periodo tutto colori, paillettes e capelli cotonati. Poi mi sono innamorato di Undertaker e di Eddie Guerrero che a oggi rimane, per me, IL Wrestler. In senso assoluto ho sempre amato i tecnici: se vi dico Tatsumi Fujinami non vi dirà nulla perché è quasi preistoria, ma per me era un fenomeno. Giovani promesse… onestamente non vedo molti tra i wrestler più giovani che sono oggi in attività in grado di arrivare a una carriera ventennale o addirittura di 25 anni. Non parlerei di promesse ma certezze di grande esperienza ormai: Cena e Punk su tutti. Amo molto The Miz, Marella (che si adatta a fare qualsiasi cosa e ha molto più mestiere di quanto si creda). Tra i più recenti Evan Bourne ha numeri importanti. Seguo con grande curiosità Ryback.

 

Nell’Enciclopedia del wrestling quale match epico consiglieresti per far appassionare chi si è da poco avvicinato a questo show?

Belìn (scusate ma mi scappa quando arrivano domande un po’ strane…). Dovrei dirne almeno una decina: match secco, così, ti dico Hogan contro André the Giant al Silverdome di Pontiac, Wrestlemania III. Per come André entrò in scena, per la reazione del pubblico prima e dopo il match. È stata una sfida che ha portato il wrestling a un altro livello sotto l’aspetto dello spettacolo. Più recentemente la storyline (tutta, non solo il match ma come ci si è arrivati) di Wrestlemania 21 tra Triple H e Batista. Nell’hype creato per quella sfida ci sono raffinatissime tecniche narrative e di sceneggiatura. Un piccolo capolavoro con qualche cameo d’eccezione (il ruolo di Ric Flair, Batista che da bestia ignorante diventa scaltro e autonomo). E poi quando devo fare un esempio di che cosa è davvero il wrestling, gettando la maschera e svelando alcuni trucchi (ma lo faccio con pochi amici), racconto e spiego la storyline tra Eddie Guerrero e Rey Mysterio sulla custodia del figlio di Rey, Dominick. Un capolavoro… che ovviamente in Italia non ha capito nessuno e che mi è costata un richiamo dal garante dei minori che mi ha accusato di aver fatto vedere in televisione un minorenne oggetto di ‘discordia su custodia parentale’. Giuro… Ho dovuto chiedere scusa in televisione e dire che ero stato cattivo e che non lo avrei fatto mai più. Pur chiedendomi come mai anche al regista di “Kramer contro Kramer” non sia mai stata chiesta la stessa cosa. 

eddie guerrero

Fin dai primi tempi il wrestling in Italia è stato bollato come diseducativo e violento, mentre in America è accolto come un semplice show d’intrattenimento, perché c’è questa differenza di cultura tra noi e gli Stati Uniti?

Perché siamo diversi, perché da noi il wrestling è stato presentato o come un cartone animato o come la solita stronzata americana. In realtà è qualcosa di molto più complesso che va spiegato e come qualsiasi altra cosa che coinvolge i nostri figli va interpretata e tradotta loro nel modo corretto. Gli americani lo usano da anni, come usano il cinema del resto, per passare alle nuove generazioni concetti come achievement, leadership, mission o patriottismo che da noi sono un po’ fuori luogo se non del tutto assurde. Il papà americano, grazie al wrestling spiega al figlio le cose della vita: figlio e papà guardano la tv, ne parlano, vanno agli show e ognuno passa per osmosi all’altro le proprie passioni. Nonni, papà, figli, nipoti, famiglie allargate… e le storie trovano nelle famiglie argomenti di discussione, di unione, persino di attrito o di riappacificazione. È uno show per le famiglie che mischia elementi di fiction ad altri di azione: il cinema fa la stessa cosa da sempre. Il wrestling lo fa live… il che rende tutto molto più rischioso, appassionante e a volte coinvolgente al punto che quando non sai più se quello che stai guardando è vero o falso sei nel tunnel. E spesso non ne esci più.

 

Che ne pensi di Shawn Michaels? (la fooooto!)

Protagonista straordinario, grande professionista capace di reggere anni e anni di business nonostante enormi problemi di carattere fisico. Ha cambiato carattere (nel senso di quota del personaggio) decine di volte ma la gente lo ha sempre amato o odiato a seconda di quello che lui voleva suscitare come reazione. Un grande. Mi sarebbe piaciuto incontrarlo e intervistarlo: purtroppo l’ho visto solo una volta da vicino e sono solo riuscito a stringergli la mano. E lui, che accanto aveva un dirigente della WWE che gli stava spiegando che ero il conduttore di uno show che cercava di spiegare il wrestling agli italiani mi disse… “tough job, thank you sir…“. La bocca mi cadde a terra e non si rialzò per un quarto d’ora. HBK che ringraziava me perché facevo un lavoro duro…? Gente umile, lavoratori, di pasta un po’ diversa rispetto a quella degli sportivi cui siamo abituati noi.

 

Quali sono le caratteristiche per commentare questo sport? Cosa ne pensi dei telecronisti italiani di wrestling?

Proprietà di linguaggio, conoscenza delle storyline, attenzione alla policy della compagnia della quale si trasmette il prodotto, tutela dell’utente più giovane e nessuna mania di protagonismo. Il cronista è un cronista. Spesso del narratore non si sa nemmeno il nome, o chi sia. Nel momento in cui il cronista pensa di essere più importante delle storie che racconta o ritiene di essere un protagonista a sua volta, sta sbagliando ruolo e lavoro. Mai espresso pareri su telecronisti italiani del wrestling e mai lo farò: per Eurosport la WWE è commentata da Paolo Lanati e Paolo Mariani, i miei preferiti. Non li cambierei mai con nessuno: e non ho mai pensato di commentare io al loro posto perché sono molto più bravi di me. Io a Sportitalia facevo un mestiere diverso, producevo e conducevo un programma, ma commentavo da fare schifo perché il mio lavoro era usare le clip per spiegare le cose. Di commento ne facevo proprio poco. 

 

Ti spiamo su facebook e conosciamo ogni tuo passo, anche i numerosi concerti ai quali hai assistito, quale ti ha più entusiasmato? E soprattutto prima di morire a quale concerto non possiamo rinunciare?

Non ho proprio segreti, eh? Sì, sono quasi a quota 1200, ma ho contato solo quelli che mi sono piaciuti e dei quali ho annotato tra i miei appunti, prima su un’agenda che conservo ancora e poi sui file, una recensione. Ho visto quasi tutto quello che volevo vedere: difficile dire in così tanti anni quello che ricordo con più entusiasmo. Quasi tutti i concerti di Peter Gabriel, soprattutto il primo, a Genova; i Queen a Berlino, i Big Country al Barrowland di Glasgow quando Stuart Adamson lasciò la band poco prima di suicidarsi (un genio straordinario e sottovalutatissimo), il tour che ha riformato i Sex Pistols, un paio di concerti dei Ramones, Springsteen, gli Stones… Tanta roba. Ora mi sta appassionando viaggiare per andare a vedere gli show: sistemo tre-quattro giorni liberi e vado a vedere concerti e partite di calcio. A Londra sono andato a vedere il mio Arsenal oltre a Bush, Nickelback e Killing Joke. Onestamente non so nemmeno dire che cosa vorrei poter vedere perché ho visto davvero quasi tutto quello che mi interessava. Volevo andare a vedere George Thorogood negli USA ma mi ha anticipato; suona a Vigevano quest’estate e ho già comperato i biglietti, lo adoro…

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Molti nella redazione sono ignoranti (non facciamo nomi, Ioime) ci consigli un libro e un album che non possono mancare nella collezione di un aspirante giornalista?

Belìn, uno solo? Vado sul facile: un libro, il dizionario. Usiamo sempre meno parole, sempre meno verbi, siamo sempre meno colorati nel nostro modo di esprimerci e troppo affogati dai tempi. Chi vuole fare il giornalista dovrebbe davvero riscoprire la varietà della nostra lingua e cercare sempre il modo migliore e più appagante di scrivere: e ogni tanto ricordarsi che non si scrive solo per essere letti, e dunque scegliendo l’argomento di massa, ma si scrive anche per far conoscere cose che la massa non conosce. Detto da uno che ha il vizio di contare tutto, concerti, articoli, telecronache e di tenere una meticolosa agenda di tutto quello che fa, può sembrare poco credibile ma darei molto meno peso a traffico e utenti, soprattutto sul web dove le idee e la creatività hanno ancora un senso e non dovrebbero essere in vendita. Album… No, non so dirlo: ti dico cosa sto ascoltando con insistenza da qualche mese a questa parte quando scrivo (il famoso libro su Eddie Guerrero che attende di essere pubblicato da ormai cinque anni)… Placebo, Nine Inch Nails, Big Country. Ma la scaletta cambia quasi ogni giorno. Se devo consigliare un disco che parli d’America e che è irrinunciabile suggerisco “The River” di Springsteen, o un suo qualsiasi live. 

 

Ci chiamiamo MaiDireCalcio (diventa fan su Facebook) quindi ci tocca parlare di calcio, iniziamo dal lato ludico…giochi come FM aiutano il lavoro di chi deve commentare partite e conoscere giocatori? Hai mai giocato a questo o giochi simili?

Sì, ma con il tempo il gioco mi interessa sempre di meno. Nel senso che ho diversi giochi, la consolle e sono stato per anni un fanatico dei videogame: oggi qualsiasi esperienza a lungo termine mi stanca. Travian è stata l’ultimo tunnel, diversi anni fa. Poi, quando mi sono reso conto che non potevo stare incollato a difendere o attaccare villaggi a scapito di quello che potevo fare sul serio, ho mollato il colpo. Conoscere i giocatori: non amo il telecronista database, sono uno della vecchia scuola e della vecchissima guardia. Amo i telecronisti inglesi che commentano molto play by play e non si lasciano risucchiare dal vortice del ‘maquanteneso’

 

Se potessi scegliere di allenare una squadra, quale sceglieresti e quali sarebbero i tuoi primi 5 acquisti?

Squadra? Qui non ho dubbi: Flamengo, perché finalmente vorrebbe dire che vivo a Rio de Janeiro. Primi acquisti, fatemi sognare: riporto in carriera Zico, ringiovanisco Overmars, rimetto a pieno regime Van der Vaart e per sbilanciarmi completamente (anche se non saprei assolutamente come farli giocare tutti insieme) riporto a carriera agonistica attiva anche Eder e Trevor Francis.

Trevor Francis

Eurosport sarà in prima linea per i Mondiali 2014, in prospettiva ad oggi quale nazionale vedi favorita?

Brasile… ma se non lo vince prevedo anche molti suicidi.

 

Ora veniamo a noi…posiamo il fioretto e usiamo la sciabola: quanto è difficile essere giornalista al giorno d’oggi? Quanto conta frequentare scuole di giornalismo, master o affini?

Io sono a malapena diplomato, e ci ho messo sei anni per un 38 al classico. Ho imparato tutto dalla strada e da pochi straordinari maestri che mi hanno insegnato quello che sapevano. Ho imparato moltissimo dai tecnici con cui ho lavorato per anni in tv. Oggi essere giornalista in Italia è molto più difficile di quanto non lo sia stato quando ho iniziato io: era il 1983 e avevo 18 anni. Non c’erano gli spazi di adesso ma non c’era nemmeno gente che pur di andare in tv non si faceva pagare e non c’era nemmeno il giro allucinante di corsi privati e pubblici, pagati da utenti o strapagati dai finanziamenti pubblici nazionali o europei, che formano alla professione chi rischia di non avere una professione perché il mercato non offre più spazi. Tra poco avremo il reality show anche per fare questo mestiere, che è decisamente da smitizzare. È un lavoro serio e duro, che costa fatica, molta e che si impara sul campo da chi ti concede il privilegio di insegnartelo. A Eurosport con me lavorano diversi ragazzi molto più giovani di me che ho assunto e formato uno per uno, nessuno di loro arriva da una scuola di giornalismo. Alcuni lavoravano in un call center o per altri editori e sono arrivati da me per scelta mia o per caso, e mi hanno convinto. Devo anche dire che questo mio approccio così fuori dagli schemi non può essere applicato in qualsiasi azienda: e che sono stato molto fortunato. Ma sono molto fortunati anche quelli che ho scelto. Non so quanti di loro farebbero questo mestiere se non fossero arrivati da me e a Eurosport. Oggi chiunque può fare questo mestiere e nessuno, tessera o meno, ha il diritto di dirti che non sei in grado. È come lavori che ti definisce: oggi conosco e leggo blogger assolutamente più brillanti di tanti giornalisti che hanno un contratto sontuoso e mal di testa se scrivono due pezzi alla settimana. Io se ne scrivo meno di quattro mi sento in colpa

 

Quanto è importante internet per il singolo e quanto incide sulla professione di giornalista? Quali sono i tuoi consigli?

Fondamentale: per scrivere, esercitarsi, leggere, informarsi, confrontarsi e magari anche per inventarsi una professione. Oggi la creatività è fondamentale: se volete sopravvivere in questo ambiente dovete non credere più a quello che i nostri genitori hanno fatto cedere a quelli della mia generazione per anni, e cioè che il pezzo di carta e il posto fisso erano il paradiso. Il foglio di carta, se non sai fare nulla e non sai dimostrare di saperlo fare è un foglio di carta; il posto fisso può essere come un matrimonio mal riuscito. La tomba di qualsiasi aspirazione e ispirazione. Il mio consiglio è darsi del tempo e sbattersi come pazzi: se il tempo passa e non ci si sopravvive è meglio trovarsi un lavoro e continuare a scrivere per passione, come fanno molti e non per professione. Oggi questa libertà c’è ed è gratuita ed enorme. Eppure molti continuano a preferire il copia e incolla all’originalità. 

 

Posiamo la sciabola e ritorniamo vecchi amiconi: immagina un caldo pomeriggio di inizio estate, siamo in giacca e cravatta. Se il nostro sogno fosse lavorare per Eurosport, cosa dovremmo avere per essere all’altezza? (aspettaci…)

Intanto, togliersi giacca e cravatta, non darmi del lei e non chiamarmi mai direttore. Qualche anno fa vi avrei detto… ‘fatemi leggere quello che scrivete’ o ‘vi tengo per due mesi in redazione, vi pago 1200€ al mese per collaborare cinque giorni su sette per otto ore al giorno, e venite quando volete ma tutti i week-end, e tra due mesi decido se tenervi o no’. A questa offerta mi sono anche sentito rispondere da almeno un paio di ragazzi che erano laureati e avevano fatto un master in comunicazione che per quella cifra stavano a casa a dormire. Dunque li ho lasciati dormire. Oggi, purtroppo, una struttura come la nostra non può permettersi di far sognare nessuno, nemmeno noi che ci lavoriamo e che dobbiamo galoppare e fare tante cose in poco tempo. Il mercato non ci concede sogni, la sopravvivenza mi sembra già un risultato significativo. 

 

Chiudiamo questa biblica intervista con le ultime due scoppiettanti domandesbattimento maggiore per una telecronaca e per un concerto?

Corea del Nord contro Corea del Sud U17: una squadra in rosso e l’altra in bianco, avere solo il cognome dei giocatori scritto su un foglio in pdf con il numero vicino e accorgermi dopo il primo tempo che la produzione aveva sbagliato, e invertito le squadre. Non credo abbia avuto un grandissimo ascolto ma sono rimasto nel panico per giorni. 

Concerto, U2 a Reggio Emilia: impensabile arrivarci in macchina. Parcheggio molto, ma molto lontano dal luogo del concerto e faccio a piedi 15 km ad andare e altrettanti a tornare. Ricordo anche una trasferta al Bloom di Mezzago, in Vespa da Genova, per vedere il primo show dei Nirvana.

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Siamo una Onlus del calcio come dobbiamo fare per diventare una spietata multinazionale del settore?

Rapinare una banca, sposare Paris Hilton e renderla sessualmente molto appagata, se siete in diversi sposare diverse ragazze come lei e renderle sempre sessualmente molto appagate e del tutto disinteressate al loro conto in banca, prostituirvi (anche non intellettualmente) ma in fondo è un po’ la stessa cosa. Insomma vendervi. A me quando ho iniziato a lavorare mi hanno insegnato due cose preziose: la credibilità è l’unica cosa che devo difendere e che se decidevo di fare il cronista era un po’ come scegliere se essere guardia o ladro. Un cronista non è di parte, non è schierato e personalmente non sopporto gli schieramenti predisposti. Voglio la libertà di dire quello che penso quando lo penso. Ma se mi vendessi…  avrei un’area di interesse che pagherebbe il mio stipendio: si chiama marketing. Io le chiamo marchette

Ringraziamo ancora una volta STEFANO BENZI (e non ci stancheremo mai di farlo..) per la sua immensa disponibilità.
Un grandissimo in bocca al lupo da tutta la redazione di MAIDIRECALCIO.COM