Barcellona, crisi o calo fisiologico?

Barcellona, crisi o calo fisiologico?

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Le ultime due sconfitte del Barcellona, contro il Milan a San Siro e in casa contro il Real Madrid, (e aggiungiamone un’altra sempre col Real, i Galacticos hanno vinto il match di campionato al Bernabeu per 2-1) sembrano aver minato le certezze dei catalani, tanto da dare la possibilità ad alcuni di parlare addirittura di crisi.
Ma si tratta davvero di crisi o, al contrario, di un semplice calo normale e fisiologico dopo i quattro anni più vincenti della storia del club?

PROBLEMA SCONTRI DIRETTI – Prima di tutto bisogna ricordare che il Barcellona sta assolutamente dominando la Liga: dopo 25 giornate ha infatti ben 12 punti di vantaggio sull’Atletico Madrid secondo in classifica (addirittura 16 in più del Real) e si sta dunque avviando alla conquista del quarto titolo nazionale nelle ultime cinque stagioni.
Detto questo, i blaugrana hanno dimostrato di soffrire le grandi sfide in campo nazionale ed internazionale. In Champions League sono già arrivate due sconfitte in sette gare (contro il non irresistibile Celtic e quella contro il Milan che potrebbe costare l’eliminazione già agli ottavi), mentre in stagione contro il Real Madrid il bilancio è in pesante passivo: sconfitta, sebbene solo per il maggior numero di gol segnati in trasferta, in Supercoppa Spagnola (vittoria 3-2 in casa e sconfitta 2-1 al ritorno), pareggio nel “clasico” di campionato al Camp Nou per 2-2 e ora l’eliminazione dalla Copa del Rey, arrivata dopo un clamoroso tracollo interno per 1-3.

TATTICA DA RINNOVARE? – Dal punto di vista tattico, il Barcellona sfrutta la propensione delle squadre spagnole nel tenere, in fase di non possesso palla, la linea di difesa al limite dell’area di rigore: a questo punto, centrocampisti con i piedi fatati come Xavi e Iniesta, senza dimenticare Fabregas o lo stesso Messi, cercano gli inserimenti senza palla in profondità dei terzini o degli attaccanti esterni con dei passaggi a scavalcare la linea avversaria, creando così una situazione di pericolo.
Le squadre italiane e quelle di Mourinho (ma l’ha fatto anche il Chelsea di Roberto Di Matteo l’anno scorso), al contrario, quando sono in situazione di non possesso, tengono i difensori al centro dell’area di rigore, con i centrocampisti posizionati al limite dell’area o leggermente prima: in questo modo i blaugrana hanno un baricentro più alto di una decina di metri, ma non hanno più la possibilità di cercare questo tipo di giocate, fondamentali per il loro gioco. In questi casi servirebbe qualcosa di diverso dal solito tiqui-taka orientato a cercare di entrare in porta col pallone, come ad esempio qualche tiro da fuori (soluzione che però il Barcellona adotta molto raramente) o qualche cross dalle fasce (ma non c’è nessun attaccante forte fisicamente pronto a girare in rete di testa). La poca propensione del Barcellona nello sfruttare i calci piazzati, azioni di gioco divenute fondamentali nel calcio moderno, fa il resto.

C’È SOLO MESSI – Queste contromisure adottate dai grandi club europei creano difficoltà anche a Leo Messi, che non ha più quello spazio necessario per creare la giocata in attacco (d’altra parte, trovarsi di fronte ogni volta 5 o 6 avversari davanti è difficile anche per lui!).
E qui apriamo un altro capitolo: la pulce, nel corso degli anni, ha oscurato ogni altro partner d’attacco: da Eto’o a Ibrahimovic, da Bojan a Sanchez, passando per Villa e Pedro. Giocatori dall’indubbio talento, ma che hanno tutti visto la propria efficienza realizzativa abbassarsi notevolmente.
E se per Ibra si trattava di incompatibilità con il gioco del Barca, anche gli altri, pur essendo piccoli e agili, e pur avendo segnato gol a palate nei loro precedenti club, sono stati costretti o a cambiare squadra o a essere relegati in panchina.
Morale della favola: se Messi non gira, il Barcellona diventa una squadra normale e facilmente attaccabile (d’altra parte è più facile difendersi e ripartire piuttosto che creare gioco).

ASSENZA DI ALLENATORE – Un’altro fattore del momento di difficoltà dei catalani è senza dubbio l’assenza forzata dell’allenatore blaugrana Tito Vilanova. E sicuramente non è facile per i giocatori farsi guidare da New York (dove Tito resterà almeno fino a metà marzo per farsi curare un cancro alla gola), senza avere alcun contatto con il proprio coach.
La situazione è difficile pure per il vice di Vilanova, Jordi Roura, che ha dimostrato di avvertire notevolmente la pressione di tanta responsabilità, anche con dichiarazioni fuori luogo come quella post Milan, quando si diceva sicuro di passare il turno nonostante il 2-0 subito a San Siro. Dichiarazione che, anzichè sembrare intimidatoria, è risultata senza dubbio arrogante e ha denotato una certa insicurezza, nonchè una grande paura di uscire prematuramente dalla Champions League…

Se poi consideriamo che giocatori che hanno dato tantissimo alla causa blaugrana, come Xavi e Puyol, cominciano ad avere una certa età e a sentire il peso degli anni, il quadro delle difficoltà del Barcellona (che, chissà, magari Guardiola, lasciando la panchina blaugrana, aveva intuito prima di tutti noi) è completo, anche se parlare di crisi per la squadra che ha dominato il panorama calcistico europeo negli ultimi anni e che sta stravincendo la Liga sembra effettivamente esagerato.