UNA VITA DA GREGARIO – Gabriele Oriali, una vita da mediano
Spesso, quando leggiamo i giornali o ascoltiamo una telecronaca, sentiamo parlare di “lavoro oscuro” fatto da un calciatore. Una presenza che si vede poco, ma che nell’economia di una partita conta tantissimo. Tutti, quando pensiamo ad una grande squadra che ha vinto tanto, ci ricordiamo del numero, della giocata ad effetto, del colpo che lascia a bocca aperta. A distanza di anni, delle squadre vincenti ci ricordiamo dei Del Piero, dei Totti, dei Maradona, ci ricordiamo di Messi, Cristiano Ronaldo, del fenomeno Ronaldo e dello strapotere fisico di Weah.
Ma il calcio si gioca in 11, e ogni campione ha sempre avuto bisogno di altri 10 compagni affiatati, di chi compensa la mancanza di mezzi tecnici con un cuore grande così, che recupera il pallone e serve la stella, sperando in un numero che vale un trofeo. Questo è il gregario, l’uomo silenzioso che da tutto senza chiedere niente, che lotta con la fierezza di un gladiatore e scarica il pallone con l’umiltà di un operaio. Gregario, dal latino, è “chi sta in mezzo al gregge”, ma questo non lo sminuisce: un pastore, senza il suo gregge, sarebbe un uomo solo in mezzo al nulla.
Quest’oggi racconteremo la storia di uno dei gregari più famosi della storia del calcio: Gabriele Oriali, pilastro dell’Inter degli anni ’70. A lui il cantautore Luciano Ligabue, grande tifoso dei nerazzurri, ha dedicato la famosa canzone “Una vita da mediano”. Nato a Como nel novembre del ’52, il giovane Lele cresce come tifoso della Juventus grazie al padre, che lo porta a vedere i bianconeri allo stadio: il suo idolo è Menichelli, ala sinistra. Da giovane si guadagna qualche lira insaponando i clienti dal barbiere, e viene acquistato dall’Inter all’età di 13 anni per centomila lire. Dopo la trafila delle giovanili, esordisce con l’Inter di Invernizzi a 19 anni, il 7 febbraio 1971, all’Olimpico contro la Roma. Colleziona solamente due presenze, chiuso dall’ingombrante presenza di Bedin, ma vince il suo primo scudetto in maglia neroazzurra.
La carriera all’Inter di Gabriele Oriali
La sua voglia di giocare è tanta e il posto in mediana poco, così Invernizzi lo dirotta terzino destro: Gabriele diventa uno dei pilastri dell’Inter degli anni ’70, simbolo dell’abnegazione in campo, e lotta contro il Celtic e il Borussia in Coppa Campioni. Il sogno neroazzurro si infrange contro un Ajax troppo forte: “l’avversario più difficile è stato Cruijff. Avevo 19 anni, e lui era al massimo della sua carriera. Finale di Coppa dei Campioni. Fece due gol e noi perdemmo due a zero”. Gianni Brera gli affibbia il soprannome Piper, perchè schizza in giro per tutto il campo come una pallina d’acciaio, e in più di un decennio di Inter vince 2 Coppe Italia ed un altro Scudetto, spezzando il dominio della Juventus guidata da Trapattoni. La sua forza, soprattutto mentale, nei momenti topici è testimoniata dalle sue marcature nel Derby della Madonnina, ben 6, non poche per uno che di lavoro fa il mediano.
Oriali azzurro
Oriali debutta il 21 dicembre 1978 in amichevole contro la Spagna, e viene convocato per gli Europei del 1980 da stopper della squadra Campione d’Italia: nelle prime due partite gli azzurri stentano, e Bearzot gli preferisce il più anziano Benetti. Gabriele rimane nel giro azzurro, ma per uno come lui non è facile accettare l’etichetta di rincalzo di lusso: viene convocato nel Mondiale spagnolo dell’82, ma parte dalla panchina. La panchina della nazionale è un pò come quella dei giardinetti, una condanna degli ultimi sogni. L’Italia soffre e parte male, ma la svolta arriva nella partita contro l’Argentina campione in carica, con Lele in campo: gli azzurri hanno la meglio sulla nazionale albiceleste prima, e sul Brasile poi, arrivando alla storica finale contro la Germania. Il mito di Oriali è definitivamente consacrato, come canta Liga: “anni di fatiche e a volte vinci casomai i Mondiali…”
Finale in viola
Nel 1983 per Gabriele Oriali cambia tutto: viene ceduto alla Fiorentina e perde la convocazione dalla Nazionale, rea di non aver centrato la qualificazione all’Europeo. L’Inter gli rimane nel cuore “ma a Milano non si poteva più stare. Il perché ancora lo devo capire. Ma non si poteva più stare”. E’ comunque contento della sua scelta perchè a Firenze è a contatto “con tutte quelle belle cose che si vedono sui libri, ma quando parlo dell’Inter, parlo di tredici anni di vita. Mi fa dispiacere quel distacco e non aver ancora capito il perché: hanno dato delle giustificazioni futili, da autodifesa. Ma non hanno convinto nessuno. Non ho mai voluto replicare, non mi sembra il caso. Ormai sono a Firenze e a Firenze sto bene”. A Firenze guadagna la stima dell’esigente pubblico Viola per la sua caparbietà, e disputa quattro stagioni su alti livelli, fino al ritiro dal calcio giocato.
Questa è la storia di Gabriele Oriali, uno degli eroi della notte di Madrid. Quando ci raccontano quella notte, a noi che non eravamo ancora nati, sentiamo delle parate di Zoff, dell’eleganza di Scirea, dei piedi da brasiliano di Conti, dell’urlo di Tardelli e dei gol di Rossi.Ma in quel campo c’era anche Oriali, 90 minuti a prendere botte e renderle, 90 minuti senza mai tirare indietro la gamba. Possiamo apprezzarlo in questo video, nel video della finale Mundial: è lui a guadagnare la punizione da cui si sviluppa il primo vantaggio, è lui che al 90° tiene palla senza affondare, con la freddezza del veterano. Come dice Martellini durante la premiazione, “lo meritava Oriali, incontrista coraggioso”.
A giovedì prossimo, per una nuova puntata di “Una vita da gregario”, solo su Contrataque!
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