Pacchi dall’estero: aspetta e Spehar…la meteora/bidone del Verona di fine anni ’90

Pacchi dall’estero: aspetta e Spehar…la meteora/bidone del Verona di fine anni ’90

Spehar

Oggi vi parliamo di uno dei più inconcludenti attaccanti mai transitati nel campionato di Serie A, il croato Robert Spehar, meteora e bidonissimo del Verona targato 1999/2000. Gli scaligeri acquistarono il compassato bomber quando questi già si trovava un pò troppo in là con gli anni, in prossimità delle 30 primavere, pagandolo oltre 5 miliardi di lire. Alla guida dei gialloblu c’era Cesare Prandelli, l’ex ct della Nazionale, che era intenzionato a fare del derelitto Spehar il fulcro dei suoi schemi offensivi, con a supporto il dinamico duo Adailton-Cammarata

GLI INIZI – Procediamo per gradi: Robert Spehar nasce ad Osijek, in Croazia (ma allora era ancora Jugoslavia), il 30 maggio 1970, e si mette in luce nella formazione locale, militante nel massimo campionato nazionale. Complessivamente resta lì per tre stagioni, intervallate da un biennio proficuo nel neonato club del Croatia Zagabria, con lo stato dalla maglia a scacchi sorto appena nel 1991. A metà anni ’90 i tempi sono maturi per provare l’esperienza all’estero, ed il grande salto avviene grazie alla chiamata del Club Bruges. Qui Spehar fa bene e segna gol su gol vincendo il titolo di capocannoniere 1996/97 con 26 marcature, pur considerando la dimensione modesta del campionato belga. I numeri però dicono che ci sono tutte le premesse per disputare una carriera più che dignitosa, e infatti il livello dell’asticella si alza un pò di più quando nel 1997 Spehar passa nientemeno che al Monaco, squadra che più o meno come oggi ai tempi era considerata forte in Francia e che prese parte a diverse edizioni delle coppe europee negli anni ’90, prima di conoscere l’oscurantismo del primo decennio degli anni 2000 e la successiva rinascita dei giorni nostri targata Rybolovlev.

INFORTUNI A CATENA – Nel Principato arrivano le prime cocenti delusioni e la consapevolezza che forse manca qualcosa per poter competere a certi livelli. Spehar tra l’altro comincia a non essere più giovanissimo, e l’età è un fattore ad un certo punto negativo se di mestiere giochi a calcio e fai la punta centrale. Ed ancor più se gli infortuni ti tormentano tutti i giorni della settimana. Perché Spehar aveva la solidità di un grissino, a dispetto del fisico, e poche volte gli era capitato di essere in forma. Non a caso le migliori stagioni le ha vissute al Bruges quando fu capace, oltre a vincere come detto il titolo di capocannoniere, di realizzare 40 gol in 50 presenze, così come le 42 segnature nelle 58 partite complessive giocate con l’Osijek…periodi felici nei quali non c’era ancora la pubalgia che lo tormenterà per tutto il resto della sua carriera.

CHE SQUADRA – Il Monaco era alla caccia di un attaccante di peso da mettere accanto al valente nigeriano Ikpeba ed alle giovani promesse Henry e Trezeguet. E la scelta cadde su Spehar, nonostante il nostro cominciasse ad essere lento come una quaresima. E che Monaco era quello, diviso a metà fra bidoni e top player, con tre portieri che sarebbero divenuti importanti con alterne fortune: Barthez, Porato e Tony Silva. In difesa figuravano le meteorissime Philippe Christanval e Martin Djetou, passato quest’ultimo a Parma, oltre ad un giovane Willy Sagnol che avrebbe fatto le proprie fortune ad un altro Monaco, il Bayern. E poi in rosa figuravano anche Ali Benarbia, molto conosciuto in Francia, Rodrigue Boisfer (ennesima meteora che sarebbe passata per l’Italia, al Genoa), il portoghese Costinha ex Porto ed Atalanta ed il turbolento Djibril Diawara, difensore senegalese con licenza di picchiare, che giocò (si fa per dire) da lì a due anni con il Torino e successivamente con il Cosenza prima di ritirarsi. Tra campioni, futuri tali e bidoni scoperchiati, il nostro Robert Spehar scoprì suo malgrado di cominciare in maniera inesorabile a fare parte degli ultimi. Ed il treno delle grandi occasioni era appena passato.

SEMPRE ROTTO – La chiamata del Verona fu infatti il primo passo verso l’inarrestabile discesa della sua parabola che possiamo tranquillamente definire onesta, normale, anche se certamente un pò troppo prematura. L’entusiasmo al Bentegodi è grande quando si viene a sapere dell’acquisto di Spehar, costato come detto tra i 5 ed i 6 miliardi di vecchie lire. Tanto che la possibilità di prendere Andra Pirlo in prestito dall’Inter viene riportata in un trafiletto ai margini del gran titolone riservato dal quotidiano cittadino “L’Arena” a questo colpo di mercato dell’Hellas. Invece tanta pubalgia impedisce al centravanti croato di svolgere una adeguata preparazione fino all’inverno. In seguito a 5 deludentissimi mesi e soli tre scampoli di partita Spehar alla fine viene ceduto senza alcun rimpianto allo Sporting Lisbona, dove le cose migliorano veramente di poco: 5 gol in 11 caps, poi l’esilio dopo 18 mesi in Turchia, al Galatasaray, con una sola misera presenza. Gli ultimi lampi della carriera Spehar li mostra una volta tornato alla casa madre, di nuovo all’Osijek, con 27 incontri totalizzati ed un bel bottino di 18 gol in due anni. Il 2004/2005 è il canto del cigno della carriera di Spehar, cominciata a livello professionistico nel 1990 e che ha fatto segnare come punto più alto una rete realizzata alla Juventus in Champions League ai tempi della militanza nel Monaco, e Spehar lo spende con i ciprioti dell‘Omonia Nicosia, con 7 presenze e 3 reti.

DISSERO DI LUIAdailton, suo compagno al Verona, era veramente troppo ottimista: “Con Robert non avrò difficoltà a entrare in perfetta sintonia. Conosco bene il suo modo di giocare, la sua potenza e la sua sensibilità tattica. Formeremo una coppia in grado di garantire tante reti al Verona, su questo non ho dubbi. Finì così, con lo stesso Spehar che all’indomani del suo passaggio allo Sporting affermò: “Sono veramente arrabbiato. Non mi aspettavo un trattamento del genere. Avevo accettato di venire a Verona perché ero sicuro di giocare, di avere un posto da titolare. Purtroppo mi sono sbagliato”. E non sai quanto…