Da attaccabrighe a goleador, la parabola di Carlos Tevez
“Qualcuno dubita che Torino è bianconera? Suonano le trombe come a Fuerte Apache“, questo il tweet che Carlos Tevez ha rilasciato al celebre social al termine del Derby della Mole, nel quale la Juventus ha trionfato proprio grazie alla rete del suo numero 10. Con la rete di ieri l’argentino ha raggiunto Giuseppe Rossi in testa alla classifica cannonieri, ponendosi sul trono dei cannonieri della Serie A, prima dei due rivali più accreditati: Higuain giocherà questa sera ed è fermo a quota 12, autore anche lui di una stagione sopra le righe, mentre ci si aspettava di più da Mario Balotelli, ancora fermo a quota 10, dopo l’incredibile finale della scorsa stagione.
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI 10 Come abbiamo scritto in tempi non sospetti la numero 10 sta bene sulle robuste spalle di Carlitos Tevez, ragazzo temprato dalla vita: “Quando nasci a Fuerte Apache non hai paura di niente” è più che una semplice dichiarazione di facciata, è una prova di forza, la forza di chi prima della maglia numero 10 di Del Piero ha indossato quella, scusatelo se è poco, di un certo Diego Armando Maradona. Non ha paura Carlitos, e dopo aver segnato nel derby più infuocato del mondo, Boca Juniors contro River Plate, prendendo il giro la tifoseria avversaria e scatenando una sommossa, dopo aver vissuto le stracittadine inglesi prima col West Ham, poi con lo United ed infine con il City (“Vorrei tanto tornare a giocare un derby con il River, è senza dubbio più divertente che giocare City-Fulham“), ha deciso, al suo primo anno italiano, andata e ritorno del derby della Mole, vincendoli entrambi per 1-0. Decisivo.
Chi ha memoria storica può andare indietro di qualche mese, all’approdo di Tevez nella penisola: si parlava di un giocatore 6 chilogrammi in sovrappeso, di un attaccabrighe che avrebbe spaccato lo spogliatoio di “soldatini“, per dirla con le parole di Antonio Cassano, e di uno che segnava pochissimo.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una forma fisica smagliante, un giocatore amato dai compagni, che lo cercano sempre in campo, quanto dai tifosi, che lo osannano non appena sfiora il pallone, e l’attuale capocannoniere della Serie A con 14 reti in 25 presenze (senza aver mai saltato una partita per infortunio, quindi si parla di un giocatore ancora integro). Questi gli asettici e freddi dati delle statistiche che lo vogliono protagonista, fra gol e assist, in 21 delle 60 reti messe a segno in campionato con la Juventus, numeri che non rendono tuttavia l’enorme importanza del numero 10 bianconero all’interno del rettangolo verde. Queste statistiche non parlano infatti dei palloni recuperati, dei ripiegamenti fino all’area di Buffon, dei falli guadagnati e delle aperture a liberare compagni (per fare un esempio il gol di Llorente contro la Lazio, su assist di Lichtsteiner, è stato propiziato proprio da Tevez). La Juventus ha scoperto un giocatore a tutto tondo, autore di una splendida intesa con il puntero Fernando Llorente, capace di segnare e fare segnare, di sacrificarsi e far ripartire: alla faccia di chi, a luglio, lo criticava prima di permettergli di dimostrare qualsiasi cosa.