Pacchi dall’estero: Al Saadi Gheddafi, dal calcio e Nicole Kidman all’arresto dell’Interpol
Il nome di Al Saadi Gheddafi è tornato a circolare qualche giorno fa, con la notizia della sua estradizione dal Niger alla Libia e con il consequenziale arresto da parte della Polizia giudiziaria del Paese nordafricano. Il 41enne figlio del defunto dittatore Mu’ammar era ricercato nientemeno che dall’Interpol per appropriazione indebita con l’uso della forza e intimidazione armata quando guidava la Federcalcio libica, oltre che per aver represso nel sangue le proteste dei dissidenti del governo dittatoriale di suo padre, partecipando con un ruolo predominante alle uccisioni di molti manifestanti prima della sua fuga nel Niger a fine 2011.
UN GHEDDAFI A TUTTO TONDO – Su Al Saadi Gheddafi pende anche l’accusa di aver complottato l’omicidio di un ex calciatore libico nel 2005. Il nostro non si è fatto mancare niente in carriera, dandosi al calcio e a diverse attività imprenditoriali. E’ stato infatti, come accennato, presidente della Federcalcio libica oltre che capitano della Nazionale dello stato africano e membro del cda della Juventus come rappresentante della Lafico, società che deteneva il 7% delle quote percentuali del club bianconero. E non contento mise anche le mani in pasta alla Triestina, comprandone una quota societaria del 33%. Nel 2001 si parlò di lui dopo che era stato cacciato dal “Billionaire” il locale chick di Flavio Briatore, e più recentemente Gheddafi jr (o meglio, uno dei tanti “jr” dal momento che il niente affatto rimpianto Mu’ammar ha donato al mondo tanti altri baby Gheddafi) aveva fondato una casa di produzione cinematografica specializzata nella realizzazione di film western, la “World Navigator Entertainment”, che da luglio 2009 lo vedeva impegnato in qualità di amministratore e finanziatore con ben 100 milioni di dollari donati alla causa.
PER AMORE DELLO SPORT – A noi interessa però l’Al Saadi Gheddafi calciatore (si fa per dire). Il barbuto baby-tiranno comincia a dare i primi calci nel 2000 all’Al-Alhy di Tripoli a 30 anni suonati ed i primi spari con il kalashnikov a 15. Con l’Al-Alhy, una delle più prestigiose squadre di calcio della Libia, gioca una stagione 24 partite e realizza 3 gol. I successivi due anni li trascorre all’Al Hitthiad, e forse anche grazie al suo simpatico vizio di scendere in campo armato non salta una partita da titolare segnando pure 20 reti…specialità, le cannonate da fuori. Si dice infatti che fosse imponente la scorta armata che lo seguiva fino in panchina, intimidendo anche avversari ed arbitri. Chi non aveva paura di lui era il compianto Franco Scoglio: il “Professore” disse di Al Saadi Gheddafi nel periodo durante il quale era ct della Libia: “Non lo convoco, non è un giocatore di calcio e me ne infischio dei ricatti subiti”.
LO SBARCO IN ITALIA – Nel 2003 l’estroso presidente del Perugia, il mai troppo lontano dall’Italia Lucianone Gaucci, lo porta in squadra tra l’imbarazzo generale dell’allenatore Serse Cosmi…attratto dall’enorme mole pubblicitaria che questa mossa avrebbe comportato (e ce ne saranno altre, come la dichiarata volontà di ingaggiare una donna nella sua squadra). Il piccolo Gheddafi il suo piccolo spazio se lo ritaglia, all’ultima di campionato al Curi proprio contro “la sua” Juventus, in una partita che il Perugia vinse con gol di Penna Bianca Ravanelli ottenendo la salvezza. Quindici minuti cui seguiranno due panchine nella stagione successiva, dove però fu beccato all’antidoping per “brillante” uso di nandrolone. Epilogo? Tre mesi di squalifica con tanto di minacce di bombardamenti al napalm e fine della storia col Perugia.
L’UDINESE, LA SAMP E QUEL SUV – Se vi trovaste davanti a Serse Cosmi, da poco approdato sulla panchina del Pescara, e provaste a chiedergli chi fosse il suo incubo peggiore, il simpatico mister col cappellino vi risponderebbe “Al Saadi Gheddafi”. Infatti il tecnico perugino si ritrova di nuovo il cataplasma libico all’Udinese nel 2006. Anche qui una sola presenza ed una apparizione in “90° Minuto”. L’anno dopo c’è la Sampdoria (che non era allenata da Cosmi) ma stavolta tutto il calcio tira un sospiro di sollievo dato che “Gheddafino” non si vedrà mai nemmeno agli allenamenti tranne che in un paio di occasioni. Più semplicemente il suo passaggio in maglia blucerchiata avvenne a margine degli interessi che vedevano coinvolte la Tamoil (di proprietà libica) e la Erg (presieduta dalla famiglia Garrone, che possiede anche la Samp). Nel periodo della sua permanenza a Genova si vocifera di un suv imponente lasciato in un parcheggio di un lussuoso albergo di Rapallo per 5 anni con relativa maximulta di 320mila euro.
LE PERLE – Concludiamo questa nostra panoramica su Al Saadi Gheddafi, il calciatore latitante, parlando di alcune sue prodezze tipiche di chi ha denaro e potere: all’Al-Hittihad non fu solo calciatore ma anche presidente e rase al suolo la sede e lo stadio di una società rivale, da lì nacque poi la decisione di assumere il controllo della Federcalcio della Libia e la fascia da capitano della Nazionale. Un mattino si svegliò e durante la colazione decise di ingaggiare Diego Armando Maradona e Ben Johnson rispettivamente come personal trainer e preparatore atletico in cambio di 5 milioni di dollari. Spiccioli in confronti al suo gargantuesco conto in banca di udite udite venticinquemila milioni di euro. Gli ultimi colpi di testa noti prima dell’arresto di pochi giorni fa furono una corte serrata fatta nientemeno che a Nicole Kidman e la volontà di creare una Dubai libica in pieno deserto, prima della fuga in Niger a fine 2011. Ah piccolo Gheddafi, quante ne hai fatte…