Michele Padovano, le ombre oscure di una carriera
Michele Padovano tutto sommato ha avuto una buona carriera nel mondo calcio: ha difeso i colori di squadre importanti e ha vinto qualche trofeo di grande rilevanza. Purtroppo quando si parla di lui la carriera passa, inevitabilmente, in secondo pieno. Emergono invece, con poderosa prepotenza, gli aspetti extrasportivi più bui e maligni della stessa. Canalizzati, come spesso è capitato di leggere in questa rubrica, da un solo ed unico fattore: la droga.
E’ giusto però dare a Cesare quel che è di Cesare, e allora è d’obbligo uno sguardo al Padovano calciatore: l’attaccante torinese arriva al grande calcio della Serie dopo una lunga avventura nelle serie minori: prima un anno all’Asti TSC e poi ben quattro anni al Cosenza, nobile decaduta del nostro mondo pallonaro, con cui raggiunse la Serie B e sfiorò il traguardo del campionato massimo solo a causa della classifica avulsa. Al termine della sua bella esperienza cosentina, nella quale Padovano mise a segno 22 reti in 103 partite, arriva nel 1990 finalmente l’esordio in Serie A: precisamente, il calciatore farà parte della rosa del Pisa realizzando 11 gol in 30 presenze. La stagione successiva Padovano la passerà a Napoli: 27 partite, 7 gol. Stesso score di presenze l’anno successivo al Genoa, con due marcature in più. Nelle seguenti tre stagioni, Padovano farà la spola dal Genoa alla Reggiana, continuando a segnare svariati gol ma con fortune alterne (la Reggiana retrocederà e non tornerà mai più la stessa). Arriva quindi per Padovano l’esperienza più importante della carriera, quella con la Juventus. Pagato 7 miliardi di lire, giocherà per due anni nella fila bianconere sotto la guida del futuro C.T. Campione del Mondo Marcello Lippi. Con la Juventus Padovano vincerà praticamente tutto: Scudetto, Supercoppa Italiana, Champions League, Coppa Intercontinentale e Supercoppa Europea. Viene ricordato particolarmente per il gol segnato al Real Madrid nei Quarti di Finale della Champions che proiettò la sua squadra alle semifinali e come uno dei cinque rigoristi della Finale contro l’Ajax. Nel periodo juventino, Michele Padovano riesce addirittura a conquistare la Nazionale. La sfortuna però incombe: giocherà solo una partita e in un allenamento s’infortunerà seriamente. Perse in un sol botto la Nazionale e la Juventus, che lo cedette al Crystal Palace. E’ l’inizio del declino: terminerà la sua carriera con due non indimenticabili esperienze nel Metz, in Francia, e a Como. In totale, lo score di Padovano nel suo percorso calcistico è di 90 gol in 337 gare tra Campionati, coppe e Nazionale.
Così, Padovano appende gli scarpini al chiodo, non rinunciando però a lavorare nel mondo del calcio. Lo si ricorda, infatti, ad esempio come direttore sportivo della Reggiana, del Torino pre Cairo e dell‘Alessandria. Tutto sembra filare per il meglio ma delle sconcertanti indagini evidenziando un lato oscuro di Padovano di cui nessuno pareva sospettare. Nel 2006 Michele Padovano viene arrestato dopo un’inchiesta della procura di Torino riguardante traffici di hashish e altre droghe. Vengono coinvolti anche altri ex calciatori come Nicola Caricola e, soprattutto, Gianluca Vialli, suo compagno di squadra alla Juventus (quest’ultimo verrà, alla fine, scagionato da ogni accusa). Vengono richiesti per Padovano ben 24 anni di carcere. Alla fine l’ex attaccante verrà condannato con una pena di 8 anni e 8 mesi di reclusione. Oltre a questa infamante situazione, l’immagine del Michele Padovano uomo viene rivalutata negativamente anche dalla brutta vicenda della morte di Donato Bergamini. La storia affonda le sue radici nell’ inizio carriera di Padovano: Bergamini era un suo caro amico ai tempi del Cosenza, una bandierà della squadra. Morì in circostanze misteriose nel 1989: fu trovato su una stradale nei pressi di Cosenza già defunto. Il caso è stato archiviato come un suicidio ma sono molte le voci contrastanti che, anche tramite racconti di situazioni mai comprovate, sostengono che in realtà il calciatore sia stato ucciso. E’ proprio a causa di questo increscioso mistero che il padre di Bergamini ha finito per sospettare di Padovano, nonostante il fatto che l’attaccante nella partita successiva indossò la maglia di Bergamini e dedicò il gol segnato al suoi amico scomparso. Nel 2001 dichiarò: “Donato mi aveva confidato che Padovano fumava spinelli… Mi aveva raccontato che Padovano a Cosenza era stato fermato dalla polizia per faccende di droga – non mi ricordo se arrestato o solo fermato – e lo avevano rilasciato perché era intervenuta la dirigenza della società, che era riuscita anche a non far finire la faccenda sui giornali… Sono convinto che Padovano sa tante cose che potrebbero essere collegate alla morte di Donato, ma non le ha volute dire, probabilmente per paura”. A buttare benzina sul fuoco, arrivarono anche le dichiarazioni di Alfredo Juliano, il padre di Mark Juliano, ex difensore della Juventus ricordato anche per essere stato coinvolto in situazioni di droga. Il giorno della condanna di Padovano, Juliano senior dichiarò sui social network di essere contento della condanna di Padovano, colpevole di aver rifornito droga a svariati calciatori della Juventus, tra cui suo figlio e Jonathan Bachini, la cui storia è stata affrontata qualche puntata fa. Secondo il padre di Juliano, Padovano era un “cancro da estirpare, un trovatello che spacciava già da ragazzo. Dio gli aveva regalato la possibilità di una nuova vita ma lui non l’ha colta. La nostra famiglia, per colpa sua, è stata segnata per sempre”.
Che lo voglia o meno, Michele Padovano non sarà mai ricordato per quanto fatto sul campo. Le innumerevoli vicende in cui venne coinvolto e i tanti dubbi che sulle stesse aleggiano da anni macchieranno per sempre il nome di chi nel rettangolo di vita ha vinto tutto ma che, nel quotidiano, sembra aver sempre e inesorabilmente perso.