Il cappuccino di MdC – Serie A indietro tutta, ecco perché
Stamattina prendiamo un cappuccino assieme a Giovanni Malagò, presidente del CONI, che in un’intervista rilasciata ieri alla trasmissione “Radio Anch’io lo Sport” su Radio Rai 1 ha speso parole molto dure nei confronti della condotta del calcio italiano degli ultimi anni: “La Serie A in tutta onestà non è stata bella: la Juventus si è rivelata mostruosa e la Roma una fantastica sorpresa, ma da tantissimo tempo il copione è questo, con un livello generale del nostro calcio ormai teso verso il basso: per la salvezza non basteranno 40 punti, forse neanche 35 e parecchie partite sono state noiose, il tutto in una scarsa cornice di pubblico in stadi molto spesso vuoti“.
PRESIDENTI SCELLERATI – Malagò ha poi aggiunto: “Il calcio italiano paga al fisco circa un miliardo di euro ricevendo dal CONI solo qualche decina di milioni, su questo è opportuno fermarsi a riflettere: non molti anni fa la Serie A italiana era il torneo più ambito del mondo, tutti i migliori giocatori volevano venire da noi, mentre oggi non è più così. Adesso servono politiche intelligenti per contrastare i petrodollari di sceicchi arabi e magnati russi, purtroppo si sarebbe dovuto cominciare prima, con i presidenti italiani che anziché spendere fior fior di milioni in ingaggi per giocatori i quali molto spesso si sono rivelati di modesta qualità tecnica, avrebbero potuto impiegare quel denaro per realizzare degli stadi di proprietà. In tutto il mondo i club calcistici possiedono impianti propri in grado di generare introiti notevoli, solo da noi questo non avviene e fino a quando non ci sarà una svolta andremo sempre più indietro in termini di spettacolo e di ranking”.
COSA FANNO I CLUB ITALIANI – C’è poco da commentare: Malagò ha ragione: a prescindere dalla presenza o meno di CONI, FIGC ed altre istituzioni sportive nel sostenere la campagna di rinnovamento del calcio italiano, la colpa va addossata in principal modo ai presidenti delle squadre italiane. Fa eccezione la Juventus, che fortunatamente è riuscita a dribblare gli innumerevoli paletti burocratici per la realizzazione del suo “Juventus Stadium”. Anche l’Udinese ha compiuto passi in avanti importanti trovando un accordo “secolare” con la Municipalità per la gestione dei diritti di superficie del suo stadio, e pare che nel 2015 il Nuovo Friuli possa essere operativo, mentre la Roma ha presentato ufficialmente un ambizioso progetto ed il Milan ha espresso la volontà di abbandonare San Siro entro un triennio circa. Tanti problemi li sta trovando invece il Napoli, desideroso di rinnovare e compiere il salto di qualità con uno stadio moderno ma che viene fermato dalla solita, pachidermica burocrazia tutta italiana e che potrebbe addirittura migrare fuori città anche se non di molto, nel casertano.
APRITE GLI OCCHI – Il senso di tutto questo comunque è che bisogna darsi una svegliata e capire che non si può campare di soli diritti tv, che a loro volta vanno ridisegnati nei loro termini di distribuzione; vedesi in questo senso ancora una volta la Premier League, dove anche le squadre cosiddette piccole ottengono cifre considerevoli a differenza della nostra Serie A. Per rendere competitivo il calcio italiano serve maggiore equilibrio sia a livello etico che di ripartizione delle risorse. Per fare un esempio, il Milan ha capito che non è più concepibile prendere un Flamini a parametro zero e proporgli subito oltre 4 milioni di euro di ingaggio se non si ha almeno un paracadute economico sostanzioso in grado di permettere un simile esborso. Anche la gestione dei giovani di casa nostra risulta importante nel discorso generale della crisi che ha colpito la Serie A: la recente politica rossonera di austerity annunciata dalla proprietà e che darà maggiore spazio ai giovani rappresenta una svolta inevitabile quanto necessaria, che probabilmente, se mantenuta, porterà il Milan a stare lontano dalla lotta per traguardi importanti per qualche stagione ancora ma che poi dovrebbe cominciare a dare i frutti sperati.
RIMBOCCHIAMOCI LE MANICHE – Come non citare poi l‘Inter che spesso negli anni scorsi annunciava a grandi proclami ad ogni inizio stagione che si sarebbe puntato sui giovani, salvo poi prendere spesso giocatori esotici quanto inutili al progetto, tipo Quaresma, fino a giungere alla situazione odierna, dove Mazzarri preferisce aggrapparsi a vecchi totem usurati con i quali è possibile la qualificazione ad una Europa League ma nient’altro. Tutto ciò per dire come Malagò abbia ragione nell’esprime il proprio pensiero relativo alla scarsa lungimiranza di chi da anni agisce all’interno del calcio italiano, senza essere in grado di portare avanti una progettualità proficua per se stessi e per il movimento pallonaro in generale: la stessa Inter è stata costretta ad affidarsi ad uno straniero, l’indonesiano Thohir, che pare possa raddrizzare (non subito) una situazione divenuta parecchio problematica. Il pallone nostrano è in crisi: negli stadi di oggi, vecchi di 50 anni, ci vanno i soliti idioti e le famiglie restano a casa. Serve una svolta e purtroppo non sarà rapida.