René Higuita, “Loco” di nome e di fatto
Quello del portiere è sempre stato un ruolo affascinante quanto carico di responsabilità. La gente si ricorderà di te più per l’errore decisivo che per il grande intervento salva risultato. C’è stato però un estremo difensore che, nonostante le sue topiche, è riuscito ad entrare nell’immaginario collettivo come “idolo” di chiunque voglia intraprendere la strada che porta alla difesa dei tre legni. Un portiere estremamente atipico, oseremmo dire quasi rivoluzionario per come ha interpretato il ruolo nel corso della sua carriera. Stiamo ovviamente parlando di René Higuita, uno dei pochissimi calciatori che hanno dimostrato di meritare ampiamente il soprannome “El Loco”.
Higuita in realtà è tutto tranne che un portiere: ha il vizio del dribbling (spesso arriva fino a centrocampo!), tira (e segna!) molti calci piazzati, evidenziando di essere davvero molto bravo con i piedi. Paradossalmente, lo era meno con le mani…Verrebbe da dire che avesse sbagliato mestiere. La carriera di Higuita si svolge sostanzialmente tutta nelle squadre della sua amata Colombia: a parte delle brevissime parentesi in Spagna a Valladolid nel 1992-1993, in Messico nei Tiburones Rojos de Veracruz nel 1997-1998 e con l’Aucas in Ecuador nel 2004, il portiere dividerà la sua carriera tra Millonarios, Atlètico Nacional, Independiente Medellin, Real Cartagena e tante altre squadre colombiane. Giocherà sempre tanto e diverrà il punto di riferimento di ogni tifoseria per la quale avesse difeso i colori sociali. Il suo è un palmarès di tutto rispetto: una Copa Libertadores col Nacional (perderà poi l’Intercontinentale contro il Milan di Sacchi) e due Coppe Interamericane. Il colombiano ha segnato, da ultimo baluardo, più di 50 reti in carriera! Sembra però riduttivo affidarsi a statistiche e numeri vari per affrontare il viaggio nell’Higuita Pensiero, e così anche i trofei assumono connotati perimetrali rispetto a quanto fatto da Higuita dentro ma soprattutto fuori dai campi di gioco.
Dicevamo di un soprannome, quello di “Loco”, che Higuita ha ben dimostrato di saper far suo. Come non essere d’accordo. Abbiamo parlato dei dribbling folli di questo Virtuoso del Guantone: proprio nel 1990 al Mondiale svoltosi in Italia, Higuita regala una dimostrazione del gesto arrivando fino alla metà campo nella partita contro il Camerun: purtroppo per lui, Roger Milla si dimostra amante di un calcio più concreto che romantico/parrocchiale e gli sfila via il pallone andando a segnare una rete comodissima a porta sguarnita che sancisce l’eliminazione della Colombia (Nazionale con la quale è sceso in campo 68 volte subendo 54 gol e restando dunque in attivo…e segnandone 3!). Qualunque altro portiere sarebbe stato distrutto dopo qualcosa del genere. Higuita no. A lui si perdona tutto, perché nella sua follia tutto ha un senso. Oltre a dribbling scapestrati e punizioni e rigori (a conti fatti, è stato il precursore di Rogerio Ceni e, sotto questo punto di vista, battagliava anche con Chilavert), c’è un altro tratto distintivo che ha consegnato alla Storia del Calcio questo capelluto portiere: si parla ovviamente della famigerata “parata dello Scorpione”. Higuita si esibì in questo gesto tecnico il 6 Settembre del 1995 a Wembley, contro l’Inghilterra: Jaime Redknapp tira in porta e non può credere a quello che vede, così come tutto lo stadio. In seguito, Higuita ammetterà che si concesse quel lusso soltanto perché aveva visto il guardalinee alzare la bandierina. Il gol di Redknapp non sarebbe stato valido ma con quella parata Higuita si fa spazio definitivamente nel cuore degli appassionati di calcio europei ed aumenta a dismisura la sua popolarità tra quelli sudamericani. In seguito, questa parata diventerà inevitabilmente il suo marchio di fabbrica.
Tutto qui? Direte voi. E’ un personaggio, ma da qui a chiamarlo “Loco”…Ebbene, la vera “pazzia” in fondo Higuita l’ha sempre messa in scena fuori dal campo. Diversi sono i fatti di cronaca in cui è stato coinvolto nel corso degli anni: in primis, nel 1993 fu arrestato e tenuto in gattabuia per 7 mesi dopo aver fatto da mediatore in un sequestro di persona senza avvisare la polizia (!). Impossibile non citare poi la sua positività alla cocaina nel 2004 durante la sua esperienza messicana. E poi l’amicizia tra geni ribelli con Maradona, la partecipazione a due reality show, il suo discusso rapporto amichevole con Pablo Escobar (non proprio una personcina a modo), e anche il pugno che rifilò in aeroporto ad un opinionista sportivo reo di averlo criticato ingiustamente. La cosa veramente loca è che, nonostante tutto, Higuita non si sia mai visto venir meno il sostegno della “sua” gente. Le persone si sono sempre immedesimate in un uomo che ha fatto dell’istintività e della lotta alle regole predeterminate la sua ragione di vita. Tutto l’affetto delle persone si è reso necessario quando Higuita fu ricoverato, l’anno scorso, in ospedale per una toxoplasmosi, probabilmente nata per via della sua abitudine di mangiare carne poco cotta prelevata direttamente dal suo allevamento ad Hojas Anchas. L’ultima pazzia di Higuita (almeno per ora) è stata quella di candidarsi Sindaco di Alcade de Guarne. Voleva diventare (parole sue) “il miglior Sindaco della Nazione”, salvo poi ripensarci qualche mese dopo adducendo come motivazione quella del non essere pronto. Peccato, avrebbe riscosso probabilmente un plebiscito. Ma nella vita mai dire mai, specie in quella di Higuita. Ci riproverà.
La vera essenza di ciò che in campo è stato Renè Higuita la si è colta in tutta la sua immensità nella partita di addio al calcio giocata nel 2010 all’Atanasio Girardot di Medellin: nell’ultimo atto di una carriera infinita (terminata a 44 anni), Higuita propone per l’ultima volta il suo Colpo dello Scorpione e segna due gol, uno su punizione e uno…dribblando il portiere avversario. Ai microfoni, con lo stadio strapieno, rivolgendosi alla sua gente disse “Lo confesso: sono un povero peccatore” (yo soy un pobre pecador), quasi a chiedere scusa per il “disturbo alla quiete pubblica” che ha caratterizzato la sua vita. Forse, in quell’attimo di commozione e redenzione, Higuita ha dimenticato la cosa più importante: al di là dei suoi difetti, è stato sempre amato. Perché accolto per ciò che è stato e ha rappresentato, senza vergogna, timori o costruzioni di sorta. Perché se la vita è breve forse allora è meglio viverla con spirito libero “alla Higuita”, il “Loco” per eccellenza osannato da tanti piccoli pazzi come lui. Esempio, oltre ogni logica, che in fondo bisogna rischiare e attraversare certe linee di demarcazione per essere felici.