La pelle d’oca per l’Italia viene anche ai suoi indignati

Eduardo Barone
08/06/2014

La pelle d’oca per l’Italia viene anche ai suoi indignati

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9 giugno 2002. E’ il primo ricordo limpido che ho di un Mondiale. Era un Giappone-Russia, conclusosi con un non molto interessante 1-0 grazie al gol di un certo Inamoto. Non avevo nemmeno 8 anni ma quello che mi ha colpito di più è stato lo stadio. Si giocava a Yokohama e gli spalti erano stracolmi di gente. C’era un’atmosfera incredibile, diversa dalle poche altre partite che avevo visto in precedenza. Solo dopo avrei capito bene che una partita se è di un Mondiale si riconosce subito. Anche davanti alla televisione si odora un’aria particolare, quasi unica. Un altro ricordo che ho di quel Mondiale non fu felice, per me come per tutti. L’arbitro Moreno fischiava la fine di Corea del Sud-Italia e io mi sentivo addosso una gran delusione. Un sentimento strano, quello della prima sconfitta, difficilmente da spiegare. Ancora più strano era vedere che anche tutti gli altri, ragazzi e adulti, provavano la stessa delusione.

Ovviamente quella per l’Italia era una delle tante delusioni avvenute dagli anni ’90 fino al quel momento, ma per me era la prima. E di certo non sarebbe stata neanche l’ultima. La Nazionale, vista dagli occhi di un tifoso,  ne provoca di cocenti e inaspettate, ma alla fine ti ripaga con grandi gioie. L’emozione forte della vittoria del 2006 rimane per sempre, è un’esperienza che da collettiva diventa individuale, pari ad un bel viaggio o qualsiasi altro momento indimenticabile trascorso.

Per questo motivo non riesco a capire il sempre più  accresciuto e folto gruppo degli indignati verso la Nazionale. Tutti quelli che sono in collera non tanto con l’Italia, quanto con i rappresentanti di questa in Brasile, e che decideranno di tifare per un’altra squadra pur di non sostenere gli odiati Prandelli e compagni.  Vorrei farlo anche io ma non ci riesco. Non sono nè un dichiarato nazionalista, nè un combattivo patriota alla Benjamin Martin, però quando l’Italia vince e batte squadroni come Germania, Francia, Inghilterra ma anche selezioni come Ghana, Stati Uniti e chi più ne ha più ne metta, se non mi viene la pelle d’oca vuole dire che sto male.

Per quanto poi mi piaccia vedere giocare le altre squadre, “studiarle” e apprezzare i loro punti di forza, non mi verrebbe mai di sostenerle come un tifoso. . Forse perché non ho molto a che fare con un Paese lontano, Mi piace il Brasile, ma non riuscirei a tifarlo al posto dell’Italia, neanche se gli interpreti azzurri mi stessero antipatici. Con una squadra di club è già un’altra cosa, ma non con una nazionale

Da “Io tifo Brasile” a “Forza Argentina” le nazionali di riserva scelte sono tante. In fondo però voglio essere convinto che chi tifa alternativo stia mentendo, e che in realtà anche lui quando gli Azzurri gonfiano la rete prova un sussulto che tenta di smorzare. “Nessuno mente tanto quanto l’indignato” se lo dice Nietzsche.