Se ci si sofferma un attimo sulle reazioni all’indomani del travolgente esordio della nuova Italia di Antonio Conte, si nota una certa componente di sorpresa. Appare un notevole stupore a seguito di un’amichevole vinta dalla nazionale azzurra, vuoi perché negli ultimi tempi le prestazioni dei portacolori italiani non avevano esattamente fatto impazzire i tifosi, vuoi perché all’esordio un commissario tecnico non vinceva da tempo immemore.
Eppure la sorpresa in questo caso non è giustificata. E il motivo manco a dirlo porta il volto del vero nuovo top player azzurro, quello che siede in panchina: Antonio Conte. Il salentino aveva già abituato i palati fini juventini a vedere la propria squadra (mediocre fino a due mesi prima) trasformata in un branco di belve assatanate all’esordio della prima delle tre stagioni contiane contro un malcapitato Parma che fu asfaltato 4-1 allo Stadium.
La forza di Conte è proprio questa. Oltre ad avere una grande sapienza tattica, la differenza tra l’ex Juve e gli altri risiede nella capacità di toccare le corde dell’orgoglio ferito di calciatori reduci da esperienze negative, rinvigorirli e trasformarli (coi loro pregi e difetti tecnico-tattici) in animali da campo. Belve inferocite con l’obiettivo di vincere. In più, particolare non irrilevante, Conte non ha paura di mandare in campo i giovani se di valore (citofonare Pogba) come ha dimostrato ieri con Zaza o di lasciare fuori i grandi nomi (citofonare Balotelli). Non ci sarà più da sorprendersi ma è tempo di abituarsi. Non alle vittorie, la ricetta per quelle non ce l’ha né Conte né nessun altro, bensì a un cambio di mentalità. E’ l’Italia umile e cattiva di cui aveva parlato alla vigilia, è l’Italia di Antonio Conte.