Il Milan ha di nuovo un’anima: merito di Inzaghi

Il Milan ha di nuovo un’anima: merito di Inzaghi

inzaghi

Le parole rivolte del presidente Berlusconi alla squadra alla vigilia di Roma-Milan, “io non cambierei mai la nostra rosa con quella giallorossa” e “dovete entrare sul terreno di gioco per essere padroni del campo, andate in campo con forza perché siamo i più forti“, avevano tutta l’aria di essere frasi di rito, parole proferite da un presidente che voleva caricare i suoi giocatori nonostante sapesse fin troppo bene che i suoi sarebbero andati a Roma da “underdog”. Per quanto lo spettacolo dell’Olimpico non abbia cambiato la realtà dei fatti, e cioè che questo Milan non possa considerarsi ancora all’altezza dei giallorossi quantomeno per gli uomini a disposizione, esso ha tuttavia gettato importanti segnali su quali siano le potenzialità di un gruppo che fino ad un paio di giornate fa sembrava smarrito, errante in una stagione (la terza di fila) priva di soddisfazioni e che, dalla partita contro il Napoli di una settimane fa, sembra invece aver trovato certezze da troppo tempo sopite.
Mister Inzaghi può essere considerato, senza ombra di dubbio, il maggior artefice di questo nuovo corso rossonero; certo, per arrivare a questo punto è dovuto tornare sui suoi passi più volte, cambiando in numerose circostanze tanto gli undici iniziali che il modulo di gioco. Ciò che però più conta è che il processo attraverso cui il Milan è passato in questi mesi sembra essere finalmente volto al termine e la nuova creatura rossonera pare oggi aver acquisito una solida struttura ed un’anima definita.

FASE OFFENSIVA Il primo punto su cui Inzaghi ha lavorato a lungo è stato l’assetto offensivo del Milan o, se preferite, il modo di interpretare la fase di possesso. Certo, il rientro di Montolivo ha finalmente donato al centrocampo rossonero il regista che da troppo tempo mancava (De Jong, Poli, Essien e Muntari, da questo punto di vista, non vedevano l’ora che il numero 18 tornasse per lasciargli l’incombenza della gestione della palla ad inizio azione); tuttavia, è soprattutto nel reparto avanzato che Inzaghi ha lavorato in questi mesi. La prima partita del campionato, quella giocata a San Siro contro la Lazio, sembrava far intendere che la freccia all’arco di Inzaghi sarebbe stata la velocità sulle ripartenze unita all’imprevedibilità dei singoli, Honda-Menez-El Shaarawi su tutti. Gli arrivi di Torres e Bonaventura a fine mercato hanno paradossalmente scombinato i piani del tecnico rossonero, chiamato a dover far integrare soprattutto il primo in un modulo che non prevedeva veri centravanti. Il Niño si è giocato (male) le sue chances e Inzaghi alla fine ha dovuto accettare il fatto che il dono arrivato da Londra abbia ad oggi più le sembianze di un pacco, magari da far recapitare in qualche piazza europea a gennaio possibilmente in cambio di qualcuno più utile alla causa rossonera. Differente il discorso per Jack Bonaventura, giocatore che già dalle prime uscite in maglia rossonera aveva stupito per l’intelligenza tattica e la duttilità; Inzaghi ha alla lunga scoperto che il suo piano tattico iniziale esponeva troppo la squadra ai contropiedi avversari, così dentro l’ex atalantino e fuori chi si è dimostrato meno capace di interpretrare le due fasi di gioco, ovvero El Shaarawi. Il Faraone, ad oggi secondo alcune voci di mercato con la valigia in mano, rischia di essere per Pippo uno dei suoi più grandi rimpianti nella sua giovane carriera da allenatore; Inzaghi ha sempre speso parole importanti a suo favore ma la realtà dei fatti è che, oggi, per lui c’è poco posto nell’undici iniziale.

NUOVA COMPATTEZZA Un altro aspetto decisivo in questo nuovo corso del Milan è stato il recupero della compattezza, tanto in fase di non possesso che come gruppo. Il Milan di inizio stagione, quello che andava a Parma e subiva 4 goal, sembra oggi un lontano fantasma; nelle ultime 5 partite i rossoneri hanno visto la propria porta violata solo in due circostanze, la rete di Obi nel derby e l’incornata di Antonelli a Genova, merito tanto del nuovo modo di affrontare la fase di non possesso da parte della squadra quanto del recupero di alcuni singoli. Il primo aspetto ha nella partita dell’Olimpico l’esempio perfetto: il Milan ha avuto la capacità di tenere alto il pressing per la quasi totalità dell’incontro ed ha permesso agli uomini di Garcia di creare pericoli in due sole circostanze, entrambe ottimamente sventate da Diego Lopez, dimostratosi anche in Italia un portiere di ottimo livello; il recupero di Philippe Mexes è invece l’esemplificazione del secondo punto sottolineato. Il francese, ai margini della squadra fino ad un mese fa, si è fatto trovare pronto nel momento in cui Inzaghi ha avuto bisogno di lui ed il tecnico sembra esser stato piacevolmente sorpreso dal carattere e dalla voglia di riscatto di un giocatore che pareva essere in uscita.
Forse le parole di Berlusconi alla vigilia di Roma-Milan erano davvero solo frasi volte a caricare l’ambiente; il Milan di Inzaghi ha però finalmente dato l’impressione di aver ritrovato un’identità ed è questa la base da cui ripartire nel nuovo anno. L’Europa, così, non sembra poi così distante.