Paradosso Coppa Italia: contesa dalle tv nonostante il format vecchio e scadente

Paradosso Coppa Italia: contesa dalle tv nonostante il format vecchio e scadente

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Alle 12 di domani scade il termine per presentare le offerte per l’acquisizione dei diritti di trasmissione della Coppa Italia e della Supercoppa Italiana per il triennio 2015-18. Sorprendentemente è prevista un’asta al rialzo, con la Rai, attualmente titolare dei diritti, che rischia di venir “scippata” da Sky e Mediaset, fortemente interessate a trasmettere le sfide di una manifestazione che nel belpaese è storicamente vista più come un fastidio che come un impegno. Ancor più sorprendente è il valore assegnato dalla Lega Serie A ai diritti tv del pacchetto all’asta: per le tre edizioni 2015-2018, infatti, la Lega conta di incassare circa 84 milioni di euro (ben 24 in più rispetto all’ultimo contratto) come si legge nell’invito alla presentazione di offerte, redatto con l’assistenza del sempre presente advisor Infront. In palese aumento anche il valore assegnato ai pacchetti per le piattaforme internet e mobile (base d’asta di 520 mila euro annui) e per quella radiofonica (320 mila euro).

Cifre strabilianti, considerato lo scarso appeal di cui la manifestazione gode nel nostro paese, in virtù di un format vecchio e scadente quanto intoccabile. Poco più di un mese fa, infatti, la Lega ha confermato il regolamento del nuovo ciclo della manifestazione, relativo al triennio 2015-2018, senza modificare di una virgola l’attuale format, non curandosi di chi aveva paventato l’opportunità di far giocare i primi turni in casa alle squadre più deboli (sulla falsa riga della strepitosa FA Cup inglese). A prevalere ancora una volta è stato il “dio” denaro, con la Lega chiusa a riccio per “proteggere” le squadre che hanno più appeal televisivo e che quindi “devono” arrivare in fondo ad una manifestazione che per spettatori e incassi fa sorridere. Hanno assistito al quarto turno circa 22.000 spettatori totali, con una media inferiore ai 2000 a partita. Con l’ingresso delle big agli ottavi le cose sono migliorate ma non di molto: a vedere Milan-Lazio a San Siro, ad esempio, sono andati appena 9.000 spettatori (sugli 80.000 disponibili) nonostante si trattasse di un incontro fra due delle squadre più blasonate e tifate d’Italia. Ieri sera, a gustarsi dal vivo la semifinale tra Lazio e Napoli, poi, sono state poco più di 20.000 persone, occupando 1/4 dell’Olimpico. Numeri e incassi deprimenti, soprattutto se paragonati a quelli che la stessa manifestazione, in Inghilterra, attira. Paragonare la Coppa Italia alla FA Cup è scontato e banale, ma inevitabile se si parla di numeri. Impietosi, considerando i 515,229 spettatori totali (entro i sedicesimi di finale…) del torneo inglese, con una media presenze di 25,761 spettatori a partita, la più alta dalla stagione 1977-78. Dati strabilianti, considerando che la maggior parte delle partite sono state disputate in stadi con capienza inferiore ai 10.000 posti, con squadre di terza categoria libere di poter dire la loro contro le big del calcio inglese.

Senza eccedere in discorsi fritti e rifritti, vale la pena ricordare che oltremanica, tra gennaio e febbraio, la Premier League si è fermata ben due volte per far spazio al 4° e 5° turno di Fa Cup, con le due battistrada del campionato inglese (Chelsea e Manchester City) infarcite di titolari ed eliminate in casa dal Burnley e dal Middlesbrough e il Manchester United costretto a disputare il replay match contro il Cambridge. Eventi impossibili in Italia già per regolamento, con il benestare comune e la gioia della Lega calcio, soddisfatta, grazie all’audience televisiva, di aver aumentato il valore di un prodotto pur declassandolo.