Stankovic ricorda “Mou era una furia, a Kiev sfondò un lettino…”

Stankovic ricorda “Mou era una furia, a Kiev sfondò un lettino…”

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Dejan Stankovic ha raccontato la sua incredibile carriera di calciatore a Inter Legends, programma di Inter Channel dedicato ai miti nerazzurri. L’ex centrocampista nerazzurro ha ricordato i momenti più suggestivi vissuti con la maglia del biscione addosso, comprese le dinamiche dello spogliatoio e tanti particolari sconosciuti sui protagonisti dell’Inter di allora.

STANKOVIC, INTER LEGEND Queste le parole di Dejan Stankovic a Inter Channel “Alla Stella Rossa facevo il raccattapalle a Mihajlovic, Jugovic, Prosinecki. Era già bello condividere le emozioni di quella super squadra. Vedevo gli esempi, vedevo come era bello vincere.  A 18 anni ero già capitano, avevo il 10, il sogno da bambino, per la squadra che amo ancora adesso” poi sull’arrivo in Italia in Serie A “Ero ragazzino. Il club aveva comprato tantissimi giocatori, voleva vincere lo scudetto, in Europa. Il primo anno mi sono trovato alla grande grazie a Sinisa. C’erano tantissimi nazionali di vari paesi. Ho trovato il mio spazio. Ho fatto più di 40 partite, abbiamo vinto la Coppa delle Coppe ma abbiamo perso lo scudetto. E non abbiamo capito ancora adesso come abbiamo fatto. Ma l’anno dopo abbiamo recuperato tutto, il -9 dalla Juve. Il gol di Calori è stato indimenticabile, è stato davvero bello trovarsi a Roma in quel periodo. Dovevo andare alla Fiorentina con Sinisa e Mancio ma è fallita. Era già tutto fatto. La squadra era buona, siamo arrivati in semifinale di Coppa Uefa contro Josè Mourinho che fece il miracolo con il Porto. Con Mancio abbiamo fatto un bel calcio, siamo andati in Champions, non si pensava ai problemi ma alla gioia. Nel 2004 andavo in scadenza, ho avuto tantissime offerte. Si parlava di Juve e Inter e la scelta è stata mia. Mi sono beccato un po’ di fischi e contestazioni a Roma, la linea tra amore e odio è sottile. Non c’entrava nulla lo stipendio, non ero un mercenario”.

L’arrivo all’Inter Stankovic lo ricordo così “Incontro di nuovo Zaccheroni, lottavamo per il quarto posto e l’abbiamo sudato. Mi ricordo la vittoria ad Empoli con un Adriano straordinario: un Imperatore. E ci siamo guadagnati lo spareggio per la Champions. Con Zac abbiamo giocato bene, con lui ho giocato un bel calcio, avevo un bel rapporto con lui. Giocavo, nel 3-4-3, da centrocampista sinistro avanzato, mi lasciava grande libertà e io la sfruttavo. Poi è arrivato Mancio e pian piano abbiamo costruito un’Inter vincente. Quell’anno si aspettavano tanto in tanti, abbiamo vinto la Coppa Italia e per noi, in quel periodo, era come la Champions” poi il 200697 punti tanta roba, 17 vittorie di fila. Partivamo dall’Udinese per finire con l’Udinese. Era un periodo delicato per il calcio italiano con Calciopoli, non voglio ricordare. C’erano squadra in difficoltà, come Milan e Juve, ma noi eravamo stra-forti e abbiamo meritato tutto quello”.

Il derby per Stankovic “La mattina del derby abbiamo provato i calci piazzati e Mancio mi disse: ma non riesci a mettere manco una palla. Lì faccio gol, faccio un assist. Sul 2-0 vado lì e festeggio con Mancio, è stato davvero bello ma se fosse durata altri 5 minuti non so come finiva” poi i dolori e gli stop “L’anno dopo ho avuto la flascite plantare, l’abbiamo curata in tutti modi, alla fine è passata. Ero al 60% ma la maglia la sudavo sempre, davo sempre tutto in campo. Ebbi anche un problema alla caviglia. Abbiamo dilapitato tanti punti, avevamo il match point contro il Siena ma il calcio è strano e ci siamo giocati lo scudetto a Parma. All’intervallo perdevamo lo scudetto, c’era la pioggia e io mi sono detto: no ti prego non è che mi torna indietro lo scudetto vinto con la Lazio. Poi è entrato Ibra e l’ha risolta in 10 minuti. Mi ricordo che mi misi in ginocchio davanti alla Curva, alla fine avevo anche il sangue che mi usciva dal naso. Emozioni bellissime”.

L’era Mourinho “Il presidente aveva fatto la sua scelta, via Mancio e Sinisa e tutti mi mettevano su quel treno. Mi hanno detto: aspettiamo José. Il 16 luglio Josè mi ferma e mi dice: aspettavo te. Ho pensato: ecco ora mi comunica che devo fare le valigie. E lui invece mi prende e mi dice: voglio Lampard ma è difficile, tu sarai la mia scommessa, voglio scommettere su di te. Poi si è visto il rapporto di José con tutti, lui tirava fuori l’ultima goccia di sudore da ognuno” sul portoghese “Ha portato qualcosa di nuovo, come affrontava i giornalisti, come faceva le conferenze. Era uno show. E’ stato un anno bello, in Champions non eravamo pronti, il Manchester sapeva già come giocare quelle partite. Potevamo fare meglio ma alla fine vinse la squadra che meritava di più”.

Stankovic ricorda poi l’impresa del Triplete “José era carico a mille, prese la spina dorsale con Lucio, Thiago, Wesley e Milito. Poi c’era la grande esperienza di Eto’o, con la sua abitudine a vincere. Arrivò anche Pandev. Il derby contro Leonardo? Wes arrivò il giorno prima e giocò alla grande ma facemmo un calcio stupendo e tutti quelli che avevano parlato dopo la Supercoppa e il Bari si sono calmati. Tutti aspettavano che cadessimo. Contro la Dinamo Kiev al 95′ eravamo fuori, lì si è visto l’orgoglio e la voglia di non mollare. Un grosso pezzo di Champions è nato a Kiev. Nell’intervallo non avevo mai visto José così arrabbiato, ha sfondato il lettino dei massaggi e ha detto: voglio uscire perché ci battono, perché sono più forti, non così. Agli ottavi abbiamo affrontato una grande squadra contro il Chelsea. All’andata così così, potevamo fare meglio. Ma al ritorno…”.

Il suo finale di carriera “Alla fine mi sono dovuto operare, è cominciata la vecchiaia, dovevo inseguire il gruppo. E’ stato un anno brutto. Meglio a 33-34 anni che a 23. Alla fine dovevo pagare i conti dei chilometri fatti. Ma non cambierei nulla nella mia carriera. Forse potevo dare di più, forse no. Forse potevo vincere di più, forse no. Ho vinto 25 trofei, non sono pochi e sono orgoglioso. Non ero un fenomeno ma tenevo al gruppo. Ero semplice, umile, uno che ha sempre sudato la maglia. Sono molto felice di aver fatto una carriera da Dejan Stankovic. L’ultimo anno volevo fare almeno una presenza per salutare i tifosi. A Catania sono entrato nella ripresa ma dopo uno scatto di 70 metri volevo svenire, ho detto: che figura che faccio. E alla fine piano piano abbiamo ribaltato la partita. Sono stato molto fermo e si è visto contro il Bologna, mi sono fatto male al 60′. Si vede che non ero pronto. Nell’ultima partita era come una partita d’addio, era come un debutto. Tutti ad applaudire, l’emozione che provavo. Lì è stato un vero saluto ai tifosi nerazzurri”.

Sui protagonisti e i personaggi importanti “Moratti è un simbolo per ogni giocatore dell’Inter. Boskov ha lasciato un segno nel mondo, è stato un grande per come scherzava con i giocatori. Mio amico Pantelic? Ci siamo conosciuti nei pulcini della Stessa Rossa. L’amicizia nata con una mega-rissa. Gli diedi una testata, lo mancai e lui me la diede: doppio dolore. Alla fine gli ho fatto da testimone di nozze. Con Chivu amicizia vera. E’ uno dei difensori più forti che ho visto. Io dico che ha giocato a rugby perché ha avuto infortuni stranissimi”.

La storia della nazionale “Lì la politica ha avuto il suo ruolo. Abbiamo tenuto il nome Jugoslavia, poi Serbia-Montenegro e poi solo Serbia. Per me la Nazionale è la Nazionale, ero molto orgoglioso di rappresentare tutte e tre le maglie ma la Serbia è il top” sul suo futuro Io da grande voglio fare Luis Figo, dicevo nello spogliatoio. Io lo chiamavo generale, lui ha stile e classe. E io dicevo sempre: io da grande voglio fare Luis Figo, per me il numero uno”.

Stefano Mastini