Testa alta e piede caldo, ecco Soriano: l’evoluzione del centrocampista moderno
L’evoluzione del calcio negli ultimi anni sembra talvolta andare di pari passo a quella dei progressi della tecnologia; velocissima, inesorabile, spietata. Chi resta indietro è perduto, perché i nuovi ritmi del gioco più bello al mondo non permettono distrazioni e momenti di stallo; la stessa modernità dilagante nelle cose di tutti i giorni, è possibile riscontrarla anche in campo. Non è una caso che, durante il periodo in cui l’Italia ha sfornato prodotti obsoleti e superati, ancora irrimediabilmente legata a un’idea di gioco superata e fuori moda, il nostro movimento abbia toccato il punto più basso della sua storia recente.
Perché se il Belgio, ieri vittorioso sugli azzurri, è primo nel ranking Fifa vuol dire che qualcosa non quadra ma soprattutto che, come visto ieri, il calcio è cambiato e solo chi l’ha capito in anticipo è riuscito a farsi trovare pronto all’appuntamento con la storia. Noi arranchiamo è vero, ma a Bruxelles abbiamo finalmente intravisto e certificato la crescita, anche a livello internazionale, di profili che fanno ben sperare per il futuro prossimo. Antonio Conte sa bene che le partite si vincono i mezzo al campo e che la differenza la fanno i centrocampisti moderni, quelli capaci di assolvere al meglio i compiti di copertura e ripartenza, universali nel loro modo di intendere il calcio, giocatori totali come quelli inventati dall’Olanda negli anni ’70. Tipi alla Nainggolan per restare in tema, che vedi e senti quando infuria la battaglia, e che ritrovi spesso sul tabellino dei marcatori o comunque nelle azioni decisive della gara; la strada è tracciata, il prototipo del centrocampista moderno deve essere tutto e il suo contrario, duro nei contrasti e educato nei piedi, disposto costantemente al sacrificio ma sempre nel vivo dell’azione.
Non ce ne voglia il buon Parolo, sempre tra i migliori in azzurro come nella Lazio, ma a rubare l’occhio, prima dei due gol degli uomini in rosso, sono stati i pochi minuti di qualità di Roberto Soriano al fianco di Claudio Marchisio, espressione e dimostrazione di quanto sostenuto sopra. Centrocampista totale appunto, il ventiquattrenne nato in Germania e cresciuto nelle giovanili del Bayern Monaco, è già da qualche stagione tra i migliori interpreti del ruolo in Italia; alla Sampdoria, squadra dove da quest’anno è anche capitano, ha giocato un po’ dappertutto senza tirarsi indietro, sperimentando anzi posizioni sempre differenti nella stessa linea, quella mediana. Nato trequartista, ruolo in cui Walter Zenga lo ha utilizzato in queste prime 12 giornate, Soriano è in grado di giocare da interno in un centrocampo a tre, esterno in un 4-4-2, all’occorrenza anche playmaker davanti alla difesa; un jolly prezioso, la carta che ogni allenatore vorrebbe avere a disposizione per modificare in corso d’opera la sua squadra. Un po’ come il nostro ct nell’ultima mezzora della sfida al Belgio, quando Parolo aveva finito la benzina ed era arrivato il momento di provare a vincere; dopo aver dato uno sguardo agli uomini in panchina, la scelta non poteva che ricadere su di lui, giocatore che sarebbe ora di vedere all’opera dall’inizio. 4-4-2 tendente al 4-2-4, come vuole Conte, in cui i due davanti alla difesa avevano il gravoso compito di arginare le avanzate sempre più pericolose dei talenti di Wilmots e ispirare le punte. Solo la traversa ha negato a Eder il raddoppio, assistito nell’occasione proprio da Soriano che, dopo una percussione centrale delle sue, si era presentato a ridosso dell’area di rigore avversaria; testa alta e idee chiare anche nel lanciare sull’esterno Candreva dopo un dribbling a centrocampo.
Nella Samp, quasi sempre da trequartista, ha finora prodotto 14 conclusioni a rete, 26 attacchi, creando 7 occasioni da gol e centrando il bersaglio tre volte; per intenderci, la metà del lavoro svolto da Eder, di gran lunga il migliore dei suoi fino a questo punto. Dimostrazione chiara e lampante di quanto Soriano abbia sempre nelle sue corde il gioco offensivo, ma non disdegni il lavoro sporco, mostrando applicazione e un certo feeling con i cartellini gialli (già 2 quest’anno dopo gli 11 della scorsa stagione). Di spada o di fioretto, utile e tecnicamente valido, oltre che sempre più maturo partita dopo partita; non è sempre vero che il nostro calcio non produce più giovani di qualità, il problema è che ogni tanto bisognerebbe anche avere il coraggio di mandarli in campo.