Missione da Toro, rompere la monotonia e prendere la crisi per le corna

Missione da Toro, rompere la monotonia e prendere la crisi per le corna

Mai farsi ingannare dalle apparenze, essere monotoni può anche rivelarsi un difetto e non solo un pregio derivato dal ripetere a memoria il canovaccio consolidato negli anni. Fu così che il Torino di Gianpiero Ventura, grande rivelazione del campionato dopo le prime giornate, si scoprì all’improvviso fragile e incompiuto, impantanato in una crisi di risultati che inizia a farsi preoccupante, come certificato dai soli quattro punti in più in classifica rispetto al Frosinone terzultimo.

Chi osserva il calcio saprà certamente che il più anziano ed esperto tecnico della serie A, dopo Edy Reja, teorizza un tipo di calcio ben lontano da quello di molti suoi illustri colleghi; divertire e possibilmente divertirsi è la prima regola, magari con giocatori giovani e con tanta fame di arrivare, quella necessaria per emergere a grandi livelli. La storia di Ventura ci insegna che chi in questi anni l’ha seguito e ascoltato assimilandone i concetti tecnico-tattici, è riuscito a spiccare il volo verso altri lidi, talvolta senza mai ripetere le prestazioni agli ordini dell’ex tecnico; soltanto a Torino, Cerci, Immobile, Darmian senza contare gli esempi meno recenti ma sempre vivi di Bonucci e Ranocchia a Bari, ragazzi di talento a cui mancava esperienza e continuità, capaci di migliorarsi moltissimo in tutti i fondamentali e sempre grati al loro padre calcistico. Anche quest’anno, soprattutto quest’anno, Urbano Cairo è riuscito grazie all’ottimo lavoro del ds Gianluca Petrachi ad allestire un gruppo di giocatori giovani, pronti a seguire alla lettera i dettami di Ventura per confermare quanto di buono fatto vedere nelle ultime stagioni; inserirsi in un gruppo sano e unito come quello dello spogliatoio del Toro non sarebbe stato difficile per loro, ben sapendo che, senza la necessaria abnegazione, l’esperienza in granata poteva rivelarsi più complicata del previsto.

Le premesse sembravano confermare le aspettative della vigilia, promuovendo il Toro al ruolo di illustre outsider per i piani alti della classifica in un campionato quanto mai equilibrato e incerto. Senza vittoria da sei partite, oggi Ventura e i suoi ragazzi sono a un bivio: rilanciarsi o sprofondare nell’anonimato di una stagione di transizione, di cui tuttavia non ci sono le avvisaglie, a patto di non sottovalutare alcuni dati oggettivi che indicano l’involuzione della squadra capace di dare spettacolo e mettere insieme 10 punti nelle prime quattro gare. Il Torino non gioca male, come testimoniato dalle prestazioni con Juventus e Inter, ma concretizza poco rispetto a quanto creato e subisce troppo rispetto ai rischi corsi; la condizione peggiore forse per riannodare il filo e cercare le soluzioni, perché perdere non aiuta e deprime sempre più, nascondendo anche quanto di buono costruito fino ad ora. Ecco che il ruolo di Ventura nel corso di queste due settimane di sosta assume un’importanza fondamentale, soprattutto in vista delle due prossime sfide con Atalanta e Bologna che diranno se il peggio è passato, o se invece sarà meglio correre ai ripari. Troppi 18 gol subiti (9 nelle ultime quattro) da una difesa che è certamente il reparto che più preoccupa staff tecnico e tifosi; orfana di Maksimovic , vittima dell’infortunio al quinto metatarso del piede sinistro, la collaudata retroguardia granata ha perso la brillantezza e le certezze nate dopo lo scorso campionato (dove era stata la quinta miglior difesa). Il resto l’hanno fatto gli infortuni occorsi ad altre delle pedine fondamentali della rosa come Gazzi e la coppia di esterni, da sempre chiamati a un grande lavoro da Ventura, tutta brasiliana composta da Avelar (ancora fuori dopo l’operazione al menisco) e Bruno Peres (sulla carta tra i migliori interpreti del ruolo in serie A, costantemente alle prese con problemi muscolari), il gioco è fatto.

A nulla è valsa l’esplosione di Daniele Baselli nel ruolo che era di Omar El Kaddouri, l’unico tra gli ex under 21 di Di Biagio acquistati in estate ad aver lasciato il segno. Ancora in fase di rodaggio Zappacosta (che a Bergamo veniva spesso impiegato esterno destro nel 4-4-2 di Colantuono, mentre nel Torino deve assolvere compiti sia offensivi che difensivi nel classico 3-5-2) e Belotti, per cui sono stati sborsati 7,5 milioni di euro. Qualcuno pensava al Gallo come al nuovo Immobile, capocannoniere a sorpresa due anni fa, ma la realtà si sta rivelando ben diversa; ancora a secco e spesso utilizzato a partita in corso, il classe ’93 deve ancora metabolizzare le idee di Ventura che gli chiede un lavoro diverso rispetto a quello che svolgeva a Palermo, più vicino alla porta con Dybala o Vazquez alle spalle. La scarsa vena di Quagliarella, a secco ormai da due mesi, conferma i problemi dell’attacco, dove non può bastare un Maxi Lopez a intermittenza. Tutti sintomi di un malessere ormai evidente che inizia a deprimere un ambiente che non si aspettava di dover fronteggiare una situazione simile dopo l’ottimo inizio.

Attenzione però, perché se è vero che l’apparenza inganna, occorre ricordare che anche la scorsa stagione il Torino era partito piano, vivendo un momento di grande tensione dopo la sconfitta in Europa League con l’HJK Helsinki, con Ventura che arrivò addirittura a minacciare le dimissioni; tutti sappiamo com’è proseguito il proseguito di una squadra con molta meno qualità di quella attuale, forte appunto di innesti importanti, tra i migliori prospetti del panorama nazionale. Un motivo in più per attendere il riscatto, magari ripartendo proprio dai tanti giovani, quelli su cui la società ha investito e che presto saranno protagonisti. Il Torino è pronto per rompere la monotonia e prendere la crisi per le corna.