Troppo piccolo contro le grandi: il Milan non è ancora guarito
Dopo la sconfitta in casa della Juventus, a Milanello tira aria pesante, pesantissima. Dopo cinque risultati utili consecutivi, tra cui una striscia di tre vittorie consecutive che non si vedeva dai tempi di Seedorf, il Milan di Mihajlovic ha sbattuto ancora una volta il muso contro il durissimo muro della realtà. Ad oggi, per qualità tecniche e umane il Milan non vale più del 6°-7° posto. Troppo grande, in termini di gioco, il divario con squadre come Napoli e Fiorentina, troppo grande il divario in termini di personalità con Inter e Juventus, troppo grande il gap tecnico nei confronti della rosa con più qualità in Serie A, quella della Roma. Delle nuove “sette sorelle”, l’unica attualmente sullo stesso piano del Milan è la Lazio, guarda caso unica squadra battuta negli scontri diretti in questa stagione e guarda caso unica squadra tra le big ad essere alle spalle dei rossoneri. E’ giusto però porre l’accento sulla parola “attualmente”, perchè i risultati pre e post Lazio-Milan hanno più che mai evidenziato come i ragazzi di Mihajlovic abbiano approfittato di una Lazio sottotono, più che aver fatto il definitivo salto di qualità. Da qualche anno a questa parte, quello che una volta era il glorioso Milan temuto “a prescindere” in tutta Europa, è diventato l’agnello sacrificale sull’altare di nuove realtà emergenti (Roma-Napoli-Fiorentina) e “risorgenti” (Inter e, quest’anno, Juventus). Lo dicono i numeri: dopo la dipartita dei senatori, stagione 2011-2012, nelle successive tre annate il bilancio del Milan contro le big non lascia spazio ad alibi alcuno. 36 partite, di cui 7 vittorie, 12 pareggi e 17 sconfitte, cui, se aggiungiamo la prima parte di questo campionato e due partite di coppa Italia, fanno 43 partite disputate ed il triste bilancio di 8 vittorie, 12 pareggi, e 23 sconfitte. Ancora una volta è la Lazio l’unica squadra con un bilancio non positivo (negativo considerando solo il campionato, in pari se si aggiunge la gara di Coppa Italia) nelle gare disputate negli ultimi tre anni e mezzo.
In casa Milan è giunto il momento di far corrispondere i fatti alle parole. La settimana che ha preceduto la sfida con la Juventus è stata un concentrato di proclama, che facevano pensare ad un Milan seriamente convinto di vincere la partita ma soprattutto ad un Milan veramente voglioso di imporsi sulla peggior Juventus degli ultimi 5 anni. Da Montolivo a Bonaventura, passando per il pur prudente Mihajlovic, le dichiarazioni pre gara facevano pensare ad una squadra finalmente convinta dei propri mezzi e delle proprie possibilità, pronta a giocare una partita all’arma bianca e con l’obiettivo di dare il colpo di grazia al vecchio leone ferito e trarne linfa vitale per rigenerare l’animus pugnandi di un tempo.
Invece dopo tre anni, quattro allenatori e un discreto quantitativo di milioni investiti sul mercato, il Milan è ancora fermo al punto di partenza di quello che allora Berlusconi definì “rinascita (lenta, pe forza di cose) di un Milan giovane e italiano” e che oggi sembra sempre più un “tiriamo a campare”, con troppi giocatori forse non all’altezza della situazione e con degli alibi troppo deboli per placare gli animi di una piazza sempre più in fermento.
A fine stagione, con ogni probabilità, pagherà ancora una volta l’allenatore ed il Diavolo proverà a ripartire senza un progetto definito (a proposito, che fine ha fatto Mr. Bee?) e con una nuova guida chiamata all’impresa titanica, magari quell’Antonio Conte tanto desiderato da Berlusconi.
Il presente intanto dice Sampdoria, Crotone (Coppa Italia), Carpi, Verona e Frosinone prima della sosta natalizia. Sei partite alla portata che devono necessariamente portare 15 punti in campionato e la qualificazione agli ottavi di Coppa Italia. Sei vittorie in altrettante partite, per tenere vivo un sogno europeo altrimenti destinato a rimanere tale. “Intorno al Milan c’è un’atmosfera strana” diceva venerdì Mihajlovic. Alla luce di risultati e prestazioni, forse, non c’è nulla di strano.
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