Roma caput mundi, lo Scudetto del 2001

Roma caput mundi, lo Scudetto del 2001

Totti-scudetto

Sul finire degli anni novanta il calcio italiano, come per gran parte della sua storia, era dominato dalle grandi del nord . In particolare Juventus e Milan si erano spartiti praticamente tutti i titoli a disposizione nella seconda meta del decennio. Solo la Lazio di Eriksson riuscì a riportare lo scudetto al Sud con la vittoria dell’incredibile titolo 1999/00, strappato in extremis alla Juve col finale thrilling del pantano di Perugia, ma questa è un’altra storia. Sull’altra sponda del Tevere però si sognava in grande da anni. La Roma di Zeman, infatti, aveva divertito gli appassionati di tutta Italia col suo gioco spettacolare. La famiglia Sensi, però, oltre a divertirsi voleva vincere.

Fabio Capello stringe la mano a Franco Sensi nel giorno del suo arrivo a Roma.
Fabio Capello stringe la mano a Franco Sensi nel giorno del suo arrivo a Roma.

Fu questo il motivo per cui nell’estate del 1999 la squadra fu affidata, con un investimento faraonico, al miglior allenatore disponibile su piazza: Fabio Capello. Il tecnico di Pieris, è noto, non si scomoda nemmeno ad alzare la cornetta del telefono per rispondere se non si trova di fronte un progetto serio in cui la parola “Scudetto” sia scritta a caratteri cubitali, in grassetto e sottolineata. Quella volta Capello rispose e anche volentieri perché Franco Sensi lo chiamava per un solo motivo: fare della Roma la squadra campione d’Italia. Se scegli Capello come allenatore sai anche che dovrai accontentarlo sul mercato e plasmare la squadra seguendo i suoi dettami, il che vuol dire spendere soldi a palate. Ma Sensi è disposto a tutto. Intendiamoci, la Roma lasciata da Zeman aveva già una rosa molto forte che però andava completata e alla quale, soprattutto, andavano somministrate dosi estreme di equilibrio tattico. Capello si ritrovò in squadra campioni assoluti come Aldair, Zago, Cafu, Candela, Assuncao, Delvecchio, Tommasi e, soprattutto, Francesco Totti. Come se non bastasse Capello presenta a Sensi e al direttore Franco Baldini la lista della spesa, nella quale spiccano due nomi su tutti. Quello di Hidetoshi Nakata reduce da una grande annata nel Perugia di Gaucci e, soprattutto, quello di Vincenzo Montella, autore di dodici gol l’anno prima nella retrocessa Sampdoria.

L’entusiasmo nella Capitale è alle stelle, dopo anni sembra finalmente arrivato il momento della Roma. Quella stagione, invece, porterà con sé delusione e tanto scetticismo. La Roma arriva addirittura sesta, peggio delle ultime due annate targate Zeman (che aveva chiuso quarto e quinto nei due campionati precedenti). Certo la squadra appariva palesemente più solida ed equilibrata ma poco cinica in zona gol e, soprattutto, poco continua. A rendere sportivamente drammatica la stagione giallorossa però è l’epilogo clamoroso della Serie A 1999/00. Epilogo che vede la rivale più odiata, la Lazio, vincere il campionato grazie al suicidio della Juventus (e a un campo ben oltre i limiti dell’impraticabilità) a Perugia all’ultima giornata.

Al termine di quella stagione l’umore in città è bipolare. La sponda biancoceleste è euforica come non mai, quella giallorossa è nera che di più non si potrebbe. I tifosi romanisti chiedono la testa di Capello ma la società conferma il tecnico che, a sua volta, presenta una nuova costosissima lista della spesa. E Sensi risponde ancora una volta presente, allargando i cordoni della borsa. A Roma arrivano Zebina dal Bologna, il “Puma” Emerson dal Bayer Leverkusen, “The Wall” Walter Samuel dal Boca Juniors. Ma soprattutto alla corte di Capello arriva dalla Fiorentina per la cifra record di 70 miliardi di lire Gabriel Omar Batistuta, in quel momento uno dei più forti centravanti al mondo. Ora la Roma non ha più scuse, deve vincere lo Scudetto.

Ma la Roma stellare parte male, anzi malissimo. A settembre esce dalla Coppa Italia per mano della neopromossa Atalanta di Vavassori. Il clima in città diventa incandescente, i tifosi contestano apertamente la squadra a Trigoria e la panchina di Capello vacilla pesantemente. In campionato però le cose vanno bene, Totti e compagni conquistano nove punti nelle prime tre partite battendo Bologna, Lecce e Vicenza. Alla quarta però la squadra di Capello cade a Milano contro l’Inter per 2-0 ma è solo un episodio. La Lupa riprende la sua corsa e grazie ad altre quattro vittorie di fila con Brescia, Verona, Reggina e Fiorentina (battuta all’Olimpico dal gol dell’ex Batistuta) conquista la vetta della classifica. Le avversarie sono la Lazio campione d’Italia e, soprattutto, la Juventus di Del Piero, Zidane e Inzaghi. La Roma però marcia forte, Capello trova la quadratura giusta con un per lui insolito 3-4-3. La formazione tipo vede Antonioli in porta, Zebina, Samuel e uno tra Aldair e Zago in difesa. Sugli esterni ci sono due stantuffi pazzeschi come Cafu a destra e Candela a sinistra. In mezzo a loro ci sono Tommasi e il giovane Cristiano Zanetti in attesa che Emerson si rimetta da un vecchio infortunio. L’attacco poi è atomico. Totti gioca dietro le punte, Delvecchio si butta negli spazi e Batistuta fa il suo mestiere: gol. A proposito di gol, in panchina c’è Vincenzo Montella, l’aeroplanino è sempre il primo cambio di Capello (di solito per Delvecchio) e comincia a reclamare spazio a suon di gol, spazio che il tecnico gli concede a intermittenza e il loro rapporto comincia a scricchiolare. Ma la squadra vince e tutto va bene. Dopo la vittoria nel Derby del 17 dicembre grazie a un autogol di Negro, la Roma si regala un Natale da capolista tenendo a distanza la Juve nello scontro diretto all’Olimpico pareggiando 0-0. L’inizio del 2001 è un po’ zoppicante, la Roma fino ad aprile alterna mini-filotti di vittorie a battute d’arresto inaspettate. Come la sconfitta a Firenze e il pareggio casalingo col Perugia.

Si arriva così allo scontro diretto di Torino. Al Delle Alpi la Roma si presenta a +6 sulla Juventus. La squadra di Ancelotti però sa di giocarsi tutto e parte col sangue agli occhi. Al 6′ la Roma è già sotto due a zero, trafitta da Del Piero e Zidane. Nel primo tempo la squadra di Capello non la vede mai e il duplice fischio che manda le squadre negli spogliatoi viene accolto con un sospiro di sollievo enorme. Nella ripresa però Capello va all-in. Si presenta in campo con Montella, lasciando Delvecchio sotto la doccia e fin lì niente di strano. Al 60′ invece accade l’incredibile, Capello toglie Totti sconcertando i propri tifosi e butta nella mischia Nakata, fino ad allora oggetto semi-misterioso dell’ultimo anno e mezzo. Ma il giapponese entra in campo da Samurai e all’80’ scaglia una botta da fuori che batte un non prontissimo Van Der Sar, è 2-1. Ma soprattutto al 91′ ne tira un’altra, questa volta Van Der Sar respinge (malissimo) sulla palla si avventa Montella che fa 2-2 e rimanda la Juventus a -6. E’ la vittoria di Capello che vede premiate le sue scelte.

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Da quel momento in poi il campionato è praticamente finito. La Roma ha il primo match-point alla penultima giornata, il 10 giugno, a Napoli ma lo spreca. La partita finisce 2-2 e la matematica vittoria del tricolore non arriva. E’ questione di tempo perchè sette giorni dopo, domenica 17 giugno 2001, la Roma schianta il Parma per 3-1 grazie ai gol di Totti, Montella e Batistuta in un’Olimpico da brividi. E’ l’apoteosi, dopo 18 anni la Roma torna a vincere lo Scudetto. La città impazzisce e in occasione della festa al Circo Massimo accorre un milione di tifosi. Se non è da leggenda questo…