Bosman: “I calciatori erano animali in gabbia, io li ho liberati”

Bosman: “I calciatori erano animali in gabbia, io li ho liberati”

L’ex centrocampista belga, Jean Marc Bosman, passato alla storia dopo la sentenza che diede il via libera alla circolazione dei calciatori comunitari, ha rilasciato una intervista a “La Gazzetta dello Sport”. Ecco le sue dichiarazioni:

CAMBIAMENTO  – “Si sono capovolti i rapporti di forza tra calciatori e società, è aumentato il potere dei procuratori, secondo alcuni è stato dato un colpo di grazia ai vivai, anche se le responsabilità, in questo caso, vanno imputate ai dirigenti stessi. E le spese sono impazzite: gli stipendi nelle cinque grandi leghe europee si sono moltiplicati per sette, dal miliardo del 1995-96 ai 6,8 miliardi di euro del 2013-14, a un ritmo di crescita superiore al fatturato (da 2 a 11,3 miliardi) che pure ha sancito la trasformazione del calcio da gioco a business”.

BOSMAN –  “La Bosman è nata per ridistribuire le ricchezze a tutti, specialmente ai più poveri, ma ora il guadagno è nelle mani di pochi. Penso al Paris Saint Germain, che è uno dei club più ricchi al mondo. Ho letto sui giornali che vorrebbe offrire 350 mila euro a settimana a Cristiano Ronaldo. Buon per lui, ma spero almeno sappia che quei soldi li deve in parte al mio sforzo. Era una legge positiva, se ne è fatto un uso distorto”.

SIGNIFICATO -“La sentenza Bosman è nata per regalare felicità e diritti ai calciatori. Erano animali in gabbia, io li ho liberati. Penso quindi che la decisione della Corte di giustizia sia stata giusta. Purtroppo il calcio non è in salute, i giocatori guadagnano cifre astronomiche, i contratti non vengono rispettati. E spesso dietro ci sono società private, le cosiddette terze parti, che acquistano giocatori in mano ai manager. In qualche modo così si blocca la libera circolazione. A volte i giocatori sono ostaggi della burocrazia, a volte non sono pagati, è in questi casi che la Fifpro, il sindacato mondiale dei calciatori, deve intervenire per fare valere i contratti professionistici dei giocatori, vigilare e farli sentire tutelati. Il calcio è diventato solo business”.

CALCIO MALATO – “Beh, il calcio si è trasformato in una macchina. Basti solo pensare che adesso ogni giocatore ha il proprio preparatore atletico. Prima era uno sport più bello e conviviale, io stesso davo appuntamento ai giornalisti nello spogliatoio. Si parlava, si discuteva, si faceva colazione insieme. Ora i giocatori sono blindati, non hanno più tempo per fare nulla e si parla soltanto in conferenza stampa”.

DELUSIONE –  “Molte persone mi hanno deluso, tra cui i miei avvocati. Meno male che mi dicevano che tutto sarebbe andato per il meglio… Invece si sono arricchiti alle mie spalle. Sono stato deluso poi da diversi club che mi hanno chiuso le porte in faccia e mi hanno minacciato. Dopo la sentenza non sono più riuscito a entrare nel mondo del calcio. Non mi invitano più nemmeno allo stadio. Forse chi mi ha deluso di più è stato il mio Paese, il Belgio, che ha fatto finta di non conoscermi. Se guardo alla nazionale belga, ora che è competitiva e con tanti giocatori che brillano nei campionati stranieri più importanti, penso che questi talenti siano in qualche modo miei “figli”. Non sono della mia generazione, ma sono i ragazzi di Bosman”.

RIFAREI TUTTO – “Se tornassi indietro non cambierei una virgola di ciò che ho fatto. Non mi fa più male nulla ormai, mi dispiace che le nuove generazioni non conoscano la legge Bosman e non sappiano della battaglia che ho portato avanti a nome di tutti i calciatori. Bisognerebbe ricordarla di più sui giornali e sulle televisioni”.

RICONOSCENZA – “Diciamo che non mi aspettavo di rimetterci così tanto. Dopo la sentenza c’è perfino chi ha fatto girare la voce che io abbia ricevuto cifre astronomiche. Ovviamente è una falsità. Ho fatto arricchire tutti e adesso guadagno zero euro al mese. Ci sono stati alcuni giocatori olandesi che all’epoca mi hanno espresso la loro simpatia e mi hanno fatto delle donazioni da 2.500 euro: i fratelli De Boer e Van der Sar, per esempio. E in Belgio questo è stato visto come un tentativo di destabilizzare la Federazione”.