Federer, caccia all’elisir di lunga vita: dopo Edberg ecco Ljubicic

Federer, caccia all’elisir di lunga vita: dopo Edberg ecco Ljubicic

Dopo due anni di successi (in cui è però mancato il grande acuto) e tennis spumeggiante si interrompe la collaborazione tra Roger Federer e Stefan Edberg: inizialmente l’idillio tra i due maggiori esteti che il tennis abbia, probabilmente, mai offerto sarebbe dovuto durare solo un anno ma, contro le aspettative, si è protratto per due stagioni. Ora però per Edberg è arrivato il momento di farsi da parte e tornare ad una vita più tranquilla e così per Federer, mai sazio e sempre alla ricerca di un possibile miglioramento, è giunto il momento di cambiare ancora: sarà Ivan Ljubicic il prossimo Head Coach.

L’IMPORTANZA DI EDBERG Lo stesso tennista svizzero ha dato l’annuncio, tramite i suoi canali social, della fine della collaborazione con Stefan Edberg e dell’arrivo di Ivan Ljubicic nel suo team: “Dopo due anni di grandi successi, vorrei ringraziare Stefan Edberg, il mio idolo d’infanzia, per aver accettato di unirsi alla mia squadra, è stato un sogno che si è avverato. Anche se doveva essere solo per il 2014, Stefan è stato fantastico ed ha accettato di estendere la collaborazione anche per quest’anno, un gesto che ho molto apprezzato. Mi ha insegnato tanto e la sua influenza sul mio gioco rimarrà. Sarà sempre parte della mia squadra. Severin Luthi, che lavora con me dal 2008, continuerà ad essere il mio allenatore e sarà affiancato da Ivan Ljubicic. Sia Daniel Troxler, il mio fisioterapista, che Pierre Paganini, il mio preparatore atletico di lunga data, continueranno a far parte della mia squadra tecnica.” Chiunque abbia seguito Federer nelle ultime due stagioni si è reso conto di quanta importanza abbia avuto lo svedese sul gioco dello svizzero: Roger era a conoscenza del fatto che, a 33 anni, riuscire a diminuire il numero di scambi e, di conseguenza, il numero di energie spese sul campo di gioco era vitale e proprio per questo motivo aveva scelto Edberg sulla sua panchina. Giocare un tennis più aggressivo ed alla costante ricerca della verticalizzazione a rete è divenuto fondamentale e nessuno meglio di Stefan poteva aiutarlo a metterlo in pratica. Questi due anni di collaborazione hanno dimostrato che Federer non sbagliava e che Edberg si è rivelato una scelta perfetta sotto tutti i punti di vista. Appare palese che lo svizzero non avesse bisogno di un allenatore che gli insegnasse tecnicamente una volee, quello che gli serviva era un allenatore che lo convincesse ad approcciarsi alla partita con la ferma volontà di attaccare ad ogni occasione, considerando soprattutto che dall’altra parte della rete si sarebbe ritrovato contro giocatori come Djokovic, Nadal e Murray dotati di passanti micidiali. Se l’esecuzione tecnica del colpo e la strategia di attacco erano, sulla carta, chiare e conosciute, i meriti di Edberg si ritrovano soprattutto in due aspetti fondamentali: l’attuazione tattica della strategia e la gestione della gara sotto il punto di vista psicologico. Ad oggi attuare un tennis estremamente offensivo è una scelta poco saggia o per lo meno poco attuabile, attaccare all’arma bianca contro i top player diventa un suicidio tattico e per questo la scelta dell’attacco diventa fondamentale: studiare di partita in partita il miglior approccio possibile diveniva di vitale importanza, fosse questo un serve and volley, un chip and charge, un particolare colpo di approccio da fondo (uno slice esterno e corto o un diritto in contropiede), fino alla celebre SABR. In tutti questi “dettagli” si è vista pesantemente la mano di Stefan Edberg. Di pari importanza ovviamente la gestione psicologica del match. Convincere Roger a giocare un’intera partita seguendo questa strategia dall’inizio alla fine non deve esser stato facile: rifugiarsi, soprattutto dopo un paio di passanti ben assestati da parte dell’avversario, nel più classico gioco da fondocampo (che in passato gli ha portato in dono qualcosa come 17 titoli Slam) era un pericolo preventivabile, ma non per questo di facile rimedio. Eberg però possedeva il background giusto (8 volte campione Slam ed idolo di infanzia dello svizzero) per riuscire a farsi ascoltare ed a convincere definitivamente Federer che mettere in atto questo gioco era la strada da seguire per competere ancora ad alti livelli contro giocatori più giovani e fisicamente più forti, soprattutto sulla lunga distanza.

IL FUTURO CON LJUBICIC Anche la scelta di Ljubicic appare sulla carta azzeccata e fa ben sperare tutti i fan dello svizzero: la profonda amicizia che lega i due è nota a tutti ed è sicuramente un punto di partenza importate; lavorare nel rispetto, nella fiducia e nella stima reciproca è un fattore fondamentale per svolgere un buon lavoro. L’ex numero tre del mondo inoltre è una persona intelligente e saprà sfruttare a suo vantaggio una caratteristica su cui Edberg non poteva contare: una conoscenza del circuito e di tutti i giocatori che ne fanno parte diretta. Il croato infatti si è ritirato dal tennis giocato soltanto nel 2012 ed ha giocato contro lo stesso Federer e contro molti dei suoi attuali avversari. Ljubicic ha una conoscenza del gioco e dell’attuali interpreti del tennis praticamente illimitata e sarà un vantaggio enorme alla vigilia di ogni partita poter preparare la stessa essendo a conoscenza non solo delle impressioni e dei feedback di Roger ma anche dei propri. Ne è consapevole lo stesso svizzero: “Lo conosco da tanto tempo, è un ragazzo adorabile e ha giocato contro molti dei giocatori con i quali ancora mi confronto anche io. E’ la prima volta che mi capita di avere nel mio team una figura del genere, spero quindi di poter fare un ottimo lavoro insieme a lui. Ho sempre lavorato con allenatori che avevano giocato in epoche differenti dalla mia quindi sono molto stimolato dalla collaborazione con Ivan. Non vedo l’ora di iniziare ad allenarmi con lui.” Ljubicic inoltre arriva dalla collaborazione con Milos Raonic dove ha lavorato a stretto contatto con un maestro come Riccardo Piatti, un esperienza che lo stesso Ivan ha definito importantissima e dalla quale ha appreso molto. In tutta la sua carriera da giocatore “Ljubo” si è sempre dimostrato un giocatore intelligente e capace di adattarsi ad ogni situazione, tirando fuori sempre il meglio dal potenziale che aveva. Non per caso si è issato fino alla terza posizione del ranking mondiale, dietro soltanto a due mostri sacri come Nadal e lo stesso Federer. Le premesse umane e tecniche per far fruttare al meglio la collaborazione quindi ci sono tutte, non resta altro che attendere la conferma sul campo di quello che saranno in grado di fare questi due amici di vecchia data. Nella stagione che verrà Roger Federer taglierà il traguardo dei 35 anni ma non sembra intenzionato a cedere di un millimetro ma solo a cercare di migliorare ancora, nella speranza che la collaborazione con Ivan Ljubicic possa tramutarsi in un elisir di lunga vita come lo è stata quella con Stefan Edberg.