Milan nel caos: aveva ragione quel “matto” di Seedorf

Milan nel caos: aveva ragione quel “matto” di Seedorf

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Caos, caos, caos. La parola che regna sovrana tra le mura di Milanello e di Casa Milan è “caos”. Milan-Verona è stata l’ennesima puntata di una telenovela che dura da ormai 3 anni e del quale, ancora una volta, i tifosi del Milan conoscono il finale.  Nel deserto di San Siro la banda di Mihajlovic ha messo in campo l’ennesima prestazione sottotono, che pure al netto degli errori arbitrali sarebbe abbondantemente bastata per superare con facilità un Verona derelitto. Prima dell’operato di Valeri però, Mihajlovic deve fare mea culpa per alcune scelte fatte da inizio stagione. Questo Milan così avaro di centrocampisti di qualità, non può permettersi di schierare contemporaneamente due giocatori come Montolivo e De Jong. Entrambi professionisti esemplari ed ottimi giocatori, ma entrambi non adatti a sviluppare il gioco in verticale. Il primo per questioni legate ai tempi di gioco (anche ieri innumerevoli lanci per compagni ormai in fuorigioco), il secondo per evidenti limiti tecnici. Questo Milan in assenza di un vero e proprio regista di centrocampo deve puntare su uomini di gamba e di rimo, capaci di andare in verticale con i tempi giusti e di prendere qualche rischio. Non è un caso che l’accoppiata ex Genoa Kucka-Bertolacci abbia fatto sensibilmente meglio dei due veterani nonostante l’inferiorità numerica. Capitolo attaccanti: la gara contro il Verona ha messo in vetrina due centravanti puri Bacca e Luiz Adriano, con un’intesa ancora da affinare. Buone combinazioni nello stretto e quando giocano vicini, ma poco movimento sincronizzato: forse per scelta di Mihajlovic, le due punte vengono raramente incontro al pallone e ancor meno si scambiano di posizione con movimenti alla base del calcio come incroci e “uno incontro-l’altro in profondità”. La sensazione è che, vista la scarsità di idee e fantasia in mezzo al campo, il ritorno di almeno uno tra Balotelli e Menez potrebbe essere d’aiuto nonostante la “costante incostanza” che caratterizza entrambi.

Il caos non è tuttavia solamente tecnico o tattico. La confusione regna sovrana anche e soprattutto in società, dove gli errori di comunicazione sono all’ordine del giorno e anche le scelte riguardanti la squadra, il mercato, e l’organigramma societario sono spesso contrastanti. Esemplari sono stati il pre ed il post partita di Milan-Verona. Tanto per scaldare gli animi attorno ad un tecnico in difficoltà, Adriano Galliani ha pensato bene di ribadire per l’ennesima volta di aver cercato altri allenatori prima di Mihajlovic. L’amministratore delegato rossonero ha poi lanciato messaggi in stile “bullo della classe” in cui ha lasciato intendere che da 30 anni a Milanello e dintorni chi arriva deve adeguarsi al pensiero suo e del presidente Berlusconi. Cosa che anche il “sovversivo” Sinisa dovrà imparare a fare se non vuole compromettere una posizione tutt’altro che solida in questo momento. Conoscendo il carattere del mister rossonero però, c’è da aspettarsi che sia disposto a farsi da parte piuttosto che abbassare la testa. Occhio allora alle ultime due gare del 2015, durante la sosta può veramente succedere di tutto. La certezza è che anche con un nuovo allenatore, l’attuale posizione della società non consentirà alla squadra – salvo miracoli o suicidi delle formazioni di testa – di qualificarsi alla prossima Champions League, per il semplice fatto che la rosa non è all’altezza. Non perchè i giocatori siano tutti degli incapaci, ma – lo ribadiamo per l’ennesima volta – perchè costruita senza un criterio tecnico-tattico. La soluzione, per quanto drastica, sarebbe quella dell’epurazione. Sull’altra sponda del naviglio sognano in grande perchè hanno deciso di mettersi nelle mani dell’allenatore, nel bene e nel male. Roberto Mancini ha smantellato una squadra non adatta al suo gioco e ne ha costruita una a sua immagine e somiglianza che lo segue in qualunque sua decisione. L’Inter non è la squadra più forte della Serie A e non è nemmeno la squadra che gioca il calcio migliore. Ma è in testa alla classifica perchè in estate la società ha capito che per risollevarsi era necessario accontentare il tecnico, legittimarlo davanti ai giocatori e insieme remare tutti nella stessa direzione.
Ottima idea, ma non certo originale, anzi. Ottima idea perchè semplice, banale e scontata. Come il gioco del calcio del resto. Un’idea, quella della rivoluzione, che ebbe il primo degli allenatori post Allegri. L’allenatore che, seppur con meno di 6 mesi di lavoro, ad oggi ha ottenuto i risultati migliori dopo il saluto al tecnico toscano. Quel “matto” di Clarence Seedorf.