Roma, il mercoledì nero di Garcia

Eduardo Barone
17/12/2015

Roma, il mercoledì nero di Garcia

Football Soccer - AS Roma v BATE Borisov - Champions League Group Stage - Group E - Olympic Stadium, Rome, Italy - 09/12/15 - AS Roma's coach Rudi Garcia reacts during the match against BATE Borisov. REUTERS/Max Rossi

Coppa Italia, Roma-Spezia 2-4 d.c.r. I giallorossi vengono eliminati dalla competizione per mano di una squadra di B. Nessun gol in 120 minuti di partita, gli uomini di Garcia perdono ai calci di rigore. Decisivi gli errori dal dischetto di Pjanic e Dzeko.

Più si va avanti con una partita più risulta difficile commentare le vicende della squadra di Garcia. E’ una crisi così anomala, particolare, più unica che rara per le cause addotte e gli effetti prodotti, che trovare una ratio è più un lavoro da scienziato che da giornalista.

TURNOVER LEGITTIMO – Ieri contro lo Spezia, la Roma ha giocato una partita anonima, piatta, a ritmi agostani. Molto simile a quella all’Olimpico contro il Bate, ma ancora peggio per intensità e occasioni prodotte, dove invece assomiglia alla prestazione di Napoli (nessun tiro in porta). Il tecnico francese decide di cambiare qualche elemento e mettere come titolari Ucan, Castan, Emerson Palmieri, Maicon, De Sanctis, Vainqueur, mantenendo però l’attacco pesante (Salah-Dzeko-Iturbe). Un turn-over del tutto ragionevole per dare respiro a chi ha giocato troppo nell’ultimo periodo (Nainggolan e Manolas su tutti).

ZERO GIOCO – I centoventi minuti disputati rendono ancora più evidente l’amara verità: l’allenatore non ha un’idea di gioco in mano. La squadra vaga cincischiando in mezzo al campo senza organizzare una manovra ragionata o uno schema offensivo studiati. Il ritmo è lento, i fraseggi sul breve sono imprecisi, i cross sono sballati. In questa apatia anche i migliori giocatori finiscono per soccombere. Prendete Dzeko. Il centravanti bosniaco ha il blocco dell’artista. Non ruggisce più, la sua faccia è impaurita. Non ha più la sicurezza di quello che fa e calcia alle stelle un rigore che in tempi d’oro avrebbe appoggiato in rete senza patemi.

PICCOLA ROMA, GRANDE SPEZIA – Dall’altra parte c’è uno Spezia che si chiude bene e difende nel modo migliore per arginare i fiacchi attaccanti avversari. Il tecnico Di Carlo dimostra di avere una squadra operaia organizzata molto bene, che disputa una prestazione senza sbavatura e ha anche alcune occasioni per portarsi in vantaggio durante il match.

IL MERCOLEDI’ NERO – Anche se sembra troppo scontato da dire, è difficile che la pesante debacle di Barcellona, così come fu dopo il match con il Bayern Monaco lo scorso anno, non abbia contribuito ad alimentare questa crisi abulica. Sostanzialmente però alla Roma non manca solo grinta e fiducia ma una composizione corale e organica dello giocare a pallone. Manca la tattica insomma, se non quando gioca Gervinho. Lì basta dare palla all’ivoriano e incrociare le dita sperando che si inventi qualcosa.  Parlare di colpe singole, infatti, dopo la partita di ieri avrebbe poco senso. La Roma è sprofondata in un brutto clima. E’ qualcosa che raramente aveva provato prima. Non è né esaltazione inebriante e dionisiaca né depressione scrosciante con forti rivoli di contestazione. E’ l’indifferenza. La Curva Sud, anima del tifo romanista, non è più allo stadio. Il resto dei settori ha rilevato un forte calo di presenze. L’entusiasmo è appassito anche nel gruppo, che ora non sa più come uscire da questa crisi totale: di risultato, gioco e idee.

Nel post-partita, i vertici societari giallorossi (Sabatini, Baldissoni e Pallotta dall’America) si sono riuniti per fare il punto sul tecnico francese. La fiducia continua ma la pazienza sta quasi finendo. Domenica prossima contro il Genoa servono tre punti e una prestazione convincente. Altrimenti…stavolta ad essere sostituito potrebbe essere Garcia.