“Posati bellezza e vola via quando vuoi”: Zinedine Zidane

“Posati bellezza e vola via quando vuoi”: Zinedine Zidane

© LUIS SEVILLANO FUTBOL, COPA DE EUROPA: REAL MADRID - ARSENAL.

“Posati bellezza e vola via quando vuoi. Io da questo momento navigo nelle tue acque”. Parole di Daniel Pennac, tratte dalla sua bellissima opera “Il paradiso degli orchi”.  Magia, giocate ed emozioni di Zineddin Lyazid Zidan, nome amazigh di Zinedine Yazid Zidane, la nona sinfonia del dio del calcio: un Essere che ad un certo punto ha deciso di piazzare in mezzo al rettangolo verde la bellezza pura, la perfezione stilistica e l’efficacia in un unico corpo. Il corpo di un berbero del Nord Africa nato a Marsiglia nel 1972 da Smail e Malika. Qui il nostro racconto si interrompe, perchè della vita personale di Zidane non ci interessa molto. Per continuare è necessario introdurre il concetto di bellezza. Cos’è la bellezza? Le definizioni sono storicamente molteplici e l’unica che sembra mettere tutti d’accordo è la cosiddetta “Sezione aurea”,  il rapporto fra due lunghezze disuguali delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Noi però parliamo di calcio e nel calcio ci sono termini specifici. Il concetto di bellezza nel calcio si esprime con Zidane. Zinedine è un assioma, un’evidenza utile a spiegare ventidue persone che rincorrono il pallone e i loro milioni di tifosi.

Se non siete d’accordo l’articolo finisce qui, perchè è inutile continuare un ragionamento se non accettate l’assioma. Se siete d’accordo è il 1989, la partita è Cannes – Nantes e finisce 1-1. Solo dodici minuti, un assaggio. La bellezza è così, emerge lentamente per non sconvolgere i sensi degli esseri umani. Il suo primo goal arriva nel 1991, anno in cui il Cannes arriva quarto e si qualifica per la coppa Uefa. L’anno dopo però la squadra retrocede e il Bordeaux si porta a casa il gioiellino dei cannois. Rolland Courbis si inventa un nomignolo, lo chiama “Zizou”, il nome che passerà alla storia. Con lui, Christophe Dugarry e Bixente Lizarazu nasce il “Triangolo di Bordeaux”, terzetto che si va a prendere nel corso degli anni tutto con la nazionale francese. Gli ultimi anni in patria sono da profeta, quasi a contraddire il detto e dispensa bellezza un po’ ovunque, come quando contro il Betis si inventa un goal da quaranta metri: rinvio dal fondo, appoggio di testa di Dugarry, rimbalzo a terra e cannonata al volo. Bello, bellissimo. Efficace, infallibile.

Siamo nel ’96, arriva Lippi che se lo porta alla Juventus. Il primo anno è Intercontinentale, Supercoppa europea e Scudetto. Aveva iniziato male, dicevano. Un artista sa sempre che il disegno tecnico che compone il dipinto è un fastidioso concentrato di linee necessario che però porta al capolavoro. Come già detto, la bellezza si espande lentamente; quindi non fa niente, la finale di Champions contro il Borussia Dortmund si può perdere. Anche la stagione dopo la Champions sfuma in finale. A soffiargliela è il Real Madrid, quella che diventerà la sua seconda casa. Non fa nulla, c’è tempo; ormai infatti siamo all’estate del 1998. Siamo in Francia, ci sono i Campionati del Mondo. Zidane è bellissimo, sontuoso. In finale c’è il Brasile di Ronaldo. Si, quel Ronaldo. È una brutta storia, perchè quel Ronaldo non è Lui. O meglio, il corpo è quello, la testa no. È una bruttissima storia e non ne parleremo ora. Ora Zidane alza La Coppa al cielo. È campione del mondo e lo è tutta la Francia per la prima volta. Inevitabile a dicembre il Pallone d’oro, malgrado l’annata non esaltante con il club. Con l’arrivo di Ancelotti trova in David Trezeguet un nuovo Dugarry; i due giocano e divertono ma la Juve arriva solo ad un passo dal tricolore. In nazionale invece è tutta un’altra storia, perchè si prendono anche l’Europeo.

Ad un certo punto la vita ti dà delle opportunità: quella di Zidane è incredibile, è la Casa Blanca, il Real Madrid che punta a diventare “Galactico”. Contestualmente Agnelli, che già aveva ampiamente dimostrato di non capirci molto di bellezza con la legalizzazione della Fiat Duna prima e della Fiat Multipla poi, se ne esce con un infelice: “era più divertente che utile”. 15 Maggio 2002 ore 21:30, Glasgow. Finale di Champions League, Bayern Leverkusen – Real Madrid. È il 2-1 che consegna di fatto la coppa agli spagnoli, un tiro bello come un Michelangelo, la rappresentazione dell’Uomo vitruviano pallonaro su cross di Roberto Carlos. La coppa che i bianconeri avevano perso in due occasioni. Ad un certo punto la vita ti dà delle opportunità: Agnelli forse avrebbe fatto meglio a non aprire la marmitta.

Non si possono elencare le giocate di Zizou, sono troppe e tutte belle ed armonicamente perfette. Gli stop, le roulettes, i goal… troppe cose. Ci sono dei momenti che però vanno ricordati e uno di questi è Francia – Inghilterra agli Europei del 2004. Gli inglesi hanno la gara in pugno fino all’ultimo minuto e conducono per 1-0, poi si accende la magia: su punizione prima e su rigore poi. Sopra il Canale della Manica sono increduli, la Francia ha vinto 2-1 in due minuti.

Parliamo del 2006? No. C’è una macchia in quella finale e la conosciamo tutti. La carriera di Zinedine Zidane finisce quel 9 luglio del 2006 al 107′, qualche secondo prima di quel gesto folle. Finiamo così anche noi. Nel ricordo delle sue giocate, di quelle mosse terribilmente eleganti, di quelle gesta magnifiche che hanno reso Zidane la bellezza applicata al calcio. Qual è la definizione di “bellezza”? Zinedine Yazid Zidane.