Pane, salame e Castori: “Il Tiqui taca? Un fallimento”

Dario Marotta
23/01/2016

castori sorriso carpi

La doppia impresa di Fabrizio Castori: portare il Carpi in serie A e raggiungere l’obiettivo salvezza. Un lavoro ancora in corso d’opera ma la compagine emiliana, dopo un abbrivio di campionato piuttosto complicato, è riuscita a rimettersi in carreggiata, tanto da poter sperare nella clamorosa impresa. Uomo della scolta Fabrizio Castori, allontanato dopo poche giornate e prontamente richiamato al timone della squadra, quasi a furor di popolo. Il tecnico del miracolo, in un’intervista rilasciata alla gazzetta dello sport, si è soffermato sul momento vissuto dal suo gruppo:

“Dopo il mio ritorno abbiamo ritoccato la preparazione. Con me si lavora molto in allenamento, ci volevano 15- 20 giorni per arrivare al massimo. Fondamentale il fatto che per otto undicesimi è la squadra di un anno fa”.  A Carpi non voglio fare proclami, né illudere nessuno. La squadra è tornata a giocare come in Serie B, veloce e in verticale per attaccare gli spazio”.

Niente possesso palla, dunque

“Lo trovo noioso e, se viene fatto in difesa con tutti quei passaggi in orizzontale, anche inutile. Chi ha scimmiottato il tiqui-taca del Barcellona senza avere giocatori di qualità, ha fatto solo danni. Ma non è solo una questione di modulo. C’era anche la mentalità giusta da ritrovare: una squadra di giovani come la nostra fa la differenza solo se corre più degli altri. E sono convinto che chi ha fatto 80 punti in B, può salvarsi in A”.

Un po’ di luce, dopo un esordio da brividi

“Ricordo bene quel 5-2 a Marassi con la Samp, non avevamo giocato, eravamo imballati, per molti ragazzi si trattava del debutto. E il calendario non era semplice. Con la vecchia dirigenza erano arrivati 18 nuovi giocatori, 13 dei quali stranieri, che non erano all’altezza e comunque non avevano le caratteristiche giuste per la mia idea di calcio”.

E’ tornato il Carpi degli immortali?

“La storia degli immortali è nata a Brescia nello scorso campionato in B. Sotto di due gol e in 9 contro undici, dopo il terzo rigore, inesistente come gli altri, ho chiamato la squadra a bordo campo e ho detto: ‘Pensiamo a giocare che non la perdiamo’. È finita 3-3″.