La Roma affonda sotto gli occhi di Totti: da simbolo a spettatore, quale futuro per il dieci giallorosso?
L’espressione dipinta ieri sera sul volto di Francesco Totti durante Juventus-Roma, sulla quale indugiava beffardamente la regia, potrebbe essere il prossimo caso di prova tv da esaminare per il giudice sportivo Tosel, questa volta chiamato non a decidere su un eventuale squalifica ma a decifrare il pensiero del capitano giallorosso, il cui silenzio sulle ultime vicende del club del presidente Pallotta inizia a provocare un rumore assordante.
Simbolo della romanità e della Roma, Totti non è entrato nel merito dell’esonero di Rudi Garcia, né tantomeno del ritorno di Luciano Spalletti che pure il giorno della presentazione a Trigoria aveva avuto parole di grande rispetto nei confronti del suo ex giocatore e della querelle attorno al suo rinnovo di contratto: “Francesco è stato il primo giocatore che incontrai e cercai di non disturbare il suo talento. Seguirò questa strada. Il suo contratto è una cosa che riguarda lui e James, devono parlare in maniera diretta, senza filtro dell’allenatore, non posso influenzare niente perché deve essere un rapporto diretto tra loro due”. Fu proprio lo stesso Totti tuttavia a mandare un messaggio piuttosto polemico a Spalletti qualche tempo dopo le sue dimissioni da tecnico della Roma nel lontano 2009: “Non riusciva più a farsi capire. Ormai qualche problema con il gruppo c’era e le sue dimissioni erano inevitabili. E visti i risultati ottenuti con Ranieri, direi che ne è valsa la pena”, con conseguente risposta del diretto interessato dopo aver vinto il campionato russo alla guida dello Zenit San Pietroburgo: “Lo ringrazio per i complimenti che mi ha fatto sul suo sito, anche se avrei preferito che avesse detto qualcosa in meno quando sono andato via… Comunque va bene così”. Corsi e ricorsi storici, diatribe verbali oggi superate da uomini di calcio, in una Roma profondamente diversa da quella che il tecnico toscano aveva lasciato anni fa, prigioniera delle sue paure e troppo rinunciataria nella trasferta dello Juventus Stadium nella gara che l’ha di fatto estromessa, se mai ce ne fosse ancora bisogno, dalla corsa al titolo; una squadra in cui difficilmente troverà spazio lo stesso Totti, relegato al ruolo ingombrante di panchinaro di lusso, soprattutto dopo il problema muscolare accusato il 26 settembre 2015 contro il Carpi. Con Dzeko in crisi d’identità e il naufragio del progetto tecnico di Garcia, che aveva basato il suo gioco ad inizio stagione sull’accoppiata Gervinho-Salah, qualcuno auspicava il ritorno in campo dell’eterno numero dieci, di nuovo al centro degli schemi d’attacco come nella squadra capace nel campionato 2005/2006 di inanellare la striscia record di 11 vittorie consecutive.
La realtà è profondamente diversa, con il centravanti bosniaco (patrimonio economico del club) difeso pubblicamente da Spalletti che spera di recuperarlo quanto prima alla causa giallorossa e l’ex capitano a guardare i compagni dalla panchina; una gestione che non fa onore alla sua grande carriera e che potrebbe incidere sulla volontà di Totti di dire basta a fine stagione, come rivelato da sua moglie Ilary Blasi qualche tempo fa (“Ritiro? Eh beh, ci siamo”). “Totti è grande e vaccinato. Dispiace non vederlo in campo e vederlo infreddolito in panchina. È un giocatore che ha fatto e dato tanto. Se sta lì sa di potere dare qualcosa, bisogna gestirlo diversamente”, anche Zdenek Zeman ha voluto dire la sua, intervenendo nel delicato momento del suo ex pupillo, quasi a voler indicargli la strada migliore da seguire per chiudere una carriera irripetibile in un club che continua a mostrarsi pieno di problemi e contraddizioni. Per una volta dunque il giudice Tosel può star tranquillo, perché qualunque cosa rivelino le immagini in questione, nessuno si sognerà mai di far polemica: a 39 anni suonati e dopo 244 gol realizzati in serie A, Totti prenderà in ogni caso la decisione giusta.