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Un piccolo gioiello nel cuore della “Perla d’Europa”, a rinnovare una struttura che ha fatto la storia del calcio e dove si è consacrato uno dei talenti più cristallini del football mondiale. L’Estadio da Luz di Lisbona non è soltanto un campo di calcio, ma è una vera e propria casa che trasmette il suo calore a chi tifa Benfica e a tutti gli appassionati che decidano, per un motivo o per un altro, di passare una mezza giornata tra le mura di questa struttura, capace di abbinare all’innovazione una tradizione di cui non si smette mai di sentire il profumo. Noi di Contrataque abbiamo avuto il piacere di visitarlo e abbiamo pensato di condividere con voi le nostre opinioni e sensazioni.

Benfica e il da Luz: primi passi

Lo stadio si trova in una zona non proprio centralissima, ma piuttosto frequentata per la presenza nel quartiere di un enorme centro commerciale. Il via vai di persone è continuo ed i collegamenti sono agevoli (autobus, metro e taxi). La struttura è imponente e si nota da lontano, anche se per entrare è necessario cercare il varco giusto: si apre un piccolo cancello e sembra di accedere in una vera e propria fortezza. Lo stadio è infatti circondato da una piccola cittadella, in cui possiamo trovare il museo, diversi negozi, il Megastore della squadra, dei campi di allenamento per le scuole calcio ed alcuni edifici di supporto per giocatori e staff. Il tunnel che porta alla biglietteria è reso suggestivo da due enormi murales fatti dai tifosi: il primo raffigura il popolo benfiquista al fianco dei giocatori, il secondo una gigantesca aquila, simbolo del club.

no name

murales aquila

 

Mentre attendiamo l’orario di inizio del tour c’è il tempo di esplorare la cittadella, ed è qui che iniziamo a respirare i primi “profumi di storia”: a pochi metri dall’ingresso principale troneggia la statua di Eusebio, mentre all’ingresso troviamo un mezzo busto di Miklos Feher (giocatore ungherese morto per arresto cardiaco in seguito ad un match giocato con la maglia del Benfica) ed una scultura ad altezza naturale di Bela Guttmann (si, proprio l’uomo della maledizione) che trasporta le due Coppe dei Campioni vinte con il club lusitano.

 

eusebio bela

E’ tempo di iniziare il nostro tour ed a guidarci sarà Bruno: zaino in spalla e si parte!

Tra presente e passato

Saliamo due rampe di scale e ci ritroviamo davanti a due plastici: uno rappresenta lo stadio attuale mentre l’altro quello antico, che precedeva per posizione e funzionalità l’odierno da Luz. Bruno inizia a snocciolarci numeri: l’Estadio da Luz è stato costruito nel 2003 in vista degli Europei che il Portogallo avrebbe dovuto ospitare l’anno successivo, è stato valutato con 5 stelle su 5 sia dalla UEFA che dalla FIFA e nel 2014 ha ospitato la finale di Champions League tra Real Madrid ed Atletico Madrid. La capienza è di circa 65.600 posti ed è notevolmente inferiore rispetto a quella dello stadio antico. Spostandoci al secondo plastico notiamo infatti come la struttura delle gradinate sia molto più aperta ed estesa, rendendo il vecchio da Luz un bacino capace di contenere quasi il doppio dei tifosi rispetto al nuovo. Di certo la sicurezza non sarà stata alle stelle, ma in ogni caso lo stadio di Lisbona era il più grande d’Europa, secondo al mondo soltanto al Maracanà di Rio de Janeiro. Bruno ci invita a seguirlo ma la nostra attenzione si posa su un personaggio in giacca e cravatta che, provando a non dare nell’occhio, tenta di sgattaiolare da una porta all’altra: missione fallita, ti abbiamo beccato Manuel! Si tratta infatti di Rui Costa, dirigente del club probabilmente impegnato in qualche riunione di mercato. Nonostante tutto non si sottrae a foto e a due chiacchiere in italiano, prima di congedarsi e tornare ai suoi affari.

rui costa

Tiriamo un sospiro per l’inaspettato incontro e torniamo a seguire il meno blasonato Bruno, che ci guida verso un altro plastico. Si tratta di una riproduzione dei campi di allenamento della squadra, struttura che si trova a 30 Km dallo stadio. Nove campi di cui tre in erba naturale e sei in sintetico, di cui uno (il principale) dotato di gradinata: si tratta infatti del campo utilizzato dal Benfica B, squadra che milita nella seconda serie portoghese. C’è un campo esclusivo per la prima squadra, uno per la Primavera, mentre si notano due strutture anomale: un campo con tre porte, impiegato per l’allenamento dei portieri, ed un campo coperto con una sola porta, specifico per l’allenamento individuale sui calci piazzati. Ovviamente non possono mancare palestra e piscina, così come un’enorme palazzo in cui alloggiano e studiano i giovanissimi calciatori che dall’estero approdano al Benfica. Crescere e maturare fino alla prima squadra, seguiti costantemente da professionisti e sfruttando strutture moderne e all’avanguardia: possiamo dire che i giovani calciatori del Benfica non se la passano poi così male.

allenamento

Dietro le quinte

Arriva il momento di entrare negli spogliatoi della squadra: una stanza enorme, con tutti i confort del caso. Sala massaggi, docce, lavagna tattica e panche dove i giocatori possono cambiarsi. Proprio lì sono appese tutte le magliette dei giocatori che hanno iniziato la stagione, a partire dai leader come Julio Cesar, passando per coloro che sono stati ceduti come l’italiano Cristante, fino a quelli non ritenuti ancora pronti e spediti nella squadra B come Taarabt (particolarmente legato ai piaceri della tavola, a dire di Bruno). Nonostante l’ambiente sia splendido, Bruno ci informa che quello in cui siamo è soltanto uno dei tre spogliatoi riservati agli ospiti, poichè quello della squadra del Benfica è off-limits per tutti. Anche la nazionale portoghese, nelle partite casalinghe giocate al da Luz, deve accontentarsi di una delle stanze alternative, senza poter neanche discutere i termini per utilizzare quella dei padroni di casa. Unica eccezione? Il Real Madrid nella finale di Champions del 2004: tante pressioni da parte degli sponsor, un piccolo pagamento extra ed il gioco è fatto.

julio

spogliatoio

Facciamo finta di spiegare alla nostra squadra immaginaria i movimenti di un fantomatico 4-3-3 alla lavagna e proseguiamo alla stanza successiva. Si tratta della sala conferenze, dove troviamo sedie e poltroncine per i giornalisti, dei supporti per le tv ed i fotografi, zone esclusive per le radio ed un palchetto dove, solitamente, siedono i giocatori ed i membri dello staff intervistati. La sala può contenere fino a 100 giornalisti ma, in casi eclatanti come le partite di Champions, una parete scorrevole situata all’estremo sinistro può scomparire, sgombrando il campo per accogliere fino a 300 persone in totale. Bruno ci dice che questa “parete mobile” è stata creata appositamente su richiesta della società, sempre aperta ad accogliere il numero più ampio di professionisti dell’informazione possibile e dare a tutti l’opportunità di assistere alle conferenze.

conferenze

Saliamo sul palco spacciandoci per nuovi acquisti del Benfica facendoci scattare foto in posizioni epiche e proseguiamo: è tempo di scendere in campo!

Aquile e scaramanzia

Bruno ci implora di non calpestare l’erba, su cui è in corso un trattamento particolare da parte dei giardinieri sfruttando il week-end in trasferta della squadra, ma ci consente di aggirarci nella zona delle panchine. Le quatto gradinate dello stadio vengono distinte dai nomi dei quattro sponsor principali che ne hanno finanziato la costruzione: Sagres, Coca-Cola, Emirates e Benfica TV.

emirates campo

Nella curva alla nostra destra (zona Coca-Cola) troviamo delle strutture in plastica nella zona alta, atte a delimitare l’area riservata ai tifosi ospiti: circa tremila posti (più o meno il 5% dell’intera capienza), ma ben distanti dal terreno di gioco (“siamo generosi, offriamo tanti posti, ma non siamo mica scemi” ci sussurra Bruno).

vista coca

All’estremo opposto, vicinissima al campo e subito dietro la porta, si trova invece l’area dove si accomoda solitamente il tifo caldo del Benfica, con il movimento ultras dei No Name Boys a farla da padrone. Quella zona del campo è come se fosse magica per la squadra così come per i tifosi: in quella porta, infatti, il Benfica segna il numero maggiore di gol e dunque, per scaramanzia, è solito iniziare ogni match attaccando dalla parte opposta per poter così tentare il tutto per tutto nella ripresa con i favori della sorte. Sempre alle spalle della porta “magica” si trova un lussuoso ristorante con vista panoramica sul terreno di gioco, aperto a pranzo e a cena tutti i giorni e solitamente frequentato dai membri dello staff, ma anche da curiosi e tifosi dalle facoltose possibilità economiche. Ci avviciniamo alle panchine e, simulando la corsa di Carletto Mazzone verso la curva atalantina, ci spostiamo verso la zona in cui si trovano le aquile, le mascotte del Benfica. Faccio notare a Bruno che anche la Lazio ha l’usanza di far volare l’aquila nello stadio prima di ogni match e lui mi risponde con un ghigno: pare infatti che Olimpia ed il suo addestratore fossero stipendiati dal Benfica prima di trasferirsi a Roma, a causa delle eccessive richieste economiche del tutore dell’animale. Al prezzo di una, ad oggi, il Benfica ha ben 3 aquile: Victoria, di 15 anni, è l’addetta al volo nello stadio prima di ogni partita; Gloria, di 11 anni, staziona solitamente al Museo del club per posare in foto con i tifosi, così come Luz, la più giovane con soli 5 anni di vita, che si mostra impettita al Megastore a tutti i curiosi che vogliono farsi immortalare con lei. Gli animali vengono addestrati nel volo per due volte al giorno e nutriti con pollo o salmone (pare che Victoria preferisca il pesce, d’altronde alla sua età ci si può permettere di essere più chic).

Aquila

Salutate le aquile ci dirigiamo verso i cancelli, ma non prima di osservare uno speciale tipo di poltroncina sopraelevata riservata ai portatori di handicap: questi posti con vista privilegiata (che sono più di 120 in tutto lo stadio) vanno prenotati con solo un giorno di anticipo e senza alcun tipo di costo aggiuntivo. Spiegate pure ai portoghesi che in alcuni stadi italiani è difficile anche solo pensare di andare al bagno. Il nostro tour si conclude e, dopo aver salutato Bruno, ci intratteniamo per qualche minuto ad osservare gli allenamenti delle scuole calcio targate Benfica ai campi adiacenti allo stadio: 4 allenatori ogni 10 bambini, più altri due per ogni tre portieri; tre campi super attrezzati ed aperti al pubblico, kit completo del Benfica per ogni piccolo calciatore e vista dello stadio dove ognuno di loro sogna un giorno di giocare. Vivere il presente e lavorare per il futuro, giocatori, dirigenti e tifosi assieme: il Benfica è una grande famiglia ed ogni dettaglio è creato appositamente per sottolinearlo più e più volte.

Boa noite

E’ tempo dunque di lasciare la struttura dell’Estadio da Luz, con un pizzico di nostalgia ma la felicità di aver vissuto una realtà in cui davvero si percepisce la volontà di rendere una passione professionale, accessibile e condivisibile al mondo circostante. In un Paese che non vive di certo una situazione economica più florida della nostra è stato possibile mettere su un gioiellino che dà lavoro a migliaia di persone, che ospita ogni giorno centinaia di turisti e dà una casa a chi di Benfica vive quotidianamente, rendendo il calcio davvero uno strumento di svago, relax, incontro e spiritualità. Basta solo uno stadio per rendere migliore il calcio? Può un edificio cambiare una cultura esasperata e corrotta? Probabilmente no, ma con strutture ed organizzazioni del genere il minimo che possa accadere è un passo avanti verso il calcio che tutti noi sogniamo.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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