Palermo, Schelotto: “In rosanero ero un non-allenatore”

Palermo, Schelotto: “In rosanero ero un non-allenatore”

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Guillermo Barros Schelotto, fresco di nomina come nuovo allenatore del Boca Juniors, club in cui ha rivestito una grande importanza da calciatore, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito alla sua fugace esperienza italiana alla guida del Palermo, con l’avventura in rosanero durata solamente qualche settimana a causa di insormontabili intoppi burocratici.

INTOPPI BUROCRATICI – Schelotto ha chiarito la propria posizione affermando: “Pensavo che sarei rimasto per un pò più di tempo a Palermo (ride, ndr) ma ho vissuto comunque dei giorni molto intensi. Purtroppo la UEFA non mi ha riconosciuto la validità del tesserino da allenatore. A me ed a mio fratello gemello Gustavo he mi assisteva ci è stato detto in un primo momento che erano necessari almeno 3 anni di esperienza come allenatore alla guida di una prima squadra, cosa che non comportava un problema visto che per 3 anni e mezzo abbiamo assunto l’incarico di tecnico e vice al Lanus. Poi è sopraggiunto un nuovo inconveniente e tanto è bastato per decidere di mollare tutto: la notte di domenica 8 febbraio ci siamo resi conto che continuare non era proprio possibile ed il giorno dopo lo abbiamo comunicato alla dirigenza del Palermo”.

DICI IL VERO – Schelotto non nasconde di aver fatto poco per rimanere in Sicilia: “Ma non è dipeso da me: come detto la situazione era complicata, il presidente Zamparini ha ragione nel dire che non ho provato in nessun modo a restare. Ma francamente era davvero impossibile continuare anche se sapevo di chiudere una porta importante perché allenare un club della Serie A italiana rappresentava una opportunità importantissima, ed è un qualcosa che magari non mi potrà più capitare in carriera. Ma ho seguito la logica: se fossi rimasto al Palermo sarei stato un non-allenatore, fino a giugno non avrei potuto entrare negli spogliatoi, seguire la squadra in panchina e tanto altro, e lo stesso dicasi per il mio staff”.

CHE LAVORO FAI? – Per concludere Schelotto aggiunge: “In panchina ci sono andato come dirigente accompagnatore, pensate. Magari poteva essere una soluzione che avrebbe aggirato l’ostacolo, ma comunque sarei stato limitato nel mio ruolo perché non avrei potuto alzarmi, andare nell’area tecnica per comunicare con i giocatori ed anche solo urlare. Tutto questo ha fatto sentire a disagio me ed i miei collaboratori e non è un qualcosa che uno che fa l’allenatore di mestiere dovrebbe vivere. Per questo ho detto basta, e l’ho fatto anche per il bene del Palermo. Un tecnico che non riesce ad incitare i propri giocatori durante una partita è un uomo in meno, e chi scende in campo ha bisogno di ricevere le giuste motivazioni, più che mai in una squadra come il Palermo che sta lottando per mantenere la categoria perché in queste condizioni serve comunicazione massima tra le parti”.