Nazionale, dal rigore alla libidine nel nome di una continuità sconosciuta

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Diciamoci la verità: il giorno dopo l’annuncio di Giampiero Ventura come futuro commissario tecnico della Nazionale, siamo tutti un pò combattuti, curiosi di sapere quel che sarà a partire dal 1 settembre prossimo (giorno dell’esordio in panchina nell’amichevole con la Francia, preludio all’inizio del girone di qualificazione verso i Mondiali del 2018), ma soprattutto concentrati e un pò preoccupati per le sorti della squadra di Antonio Conte, attesa lunedì prossimo dal Belgio nella prima gara di Euro 2016. La strana sensazione di avere già il nome del futuro ct prima dell’inizio di una grande manifestazione, è qualcosa di veramente raro per noi italiani, abituati a fare i conti sempre dopo e mai prima, a meno che non si scelga di salire sul carro dei vincitori dove, si sa, c’è sempre posto.

La decisione della federazione di rendere noto il nome del successore di Conte, promesso sposo del Chelsea, prima dell’Europeo cozza certamente con il recente passato ma apre per la prima volta alla prospettiva di una continuità in ottica futura. Così come accaduto nell’estate 2009 al Bari di Vincenzo Matarrese, toccherà dunque al sessantottenne genovese, fresco sposo proprio in terra pugliese, proseguire nel solco tracciato dall’ex tecnico bianconero; senza strafare probabilmente, ma con la consapevolezza di rinnovare nei prossimi due anni il ciclo azzurro in vista di un cammino complicato verso Russia 2018. Grande maestro di calcio, così come l’ha definito il presidente Carlo Tavecchio, ma soprattutto di vita, Ventura rappresenta per molti una scelta quasi obbligata che potrebbe tuttavia nascondere risvolti e benefici di cui il nostro movimento ha assoluto bisogno già da qualche tempo. Chi pensa a lui come al prossimo bersaglio di critica e tifosi, si sbaglia di grosso. Una carriera iniziata quarant’anni fa con le giovanili della Sampdoria e gli ultimi risultati alla guida del Torino, bastano e avanzano per farne il tecnico migliore su piazza, l’unico capace di guardare ai tanti giovani poco valorizzati come risorsa da cui attingere piuttosto che un pesante fardello da sopportare, fidandosi delle loro debolezze figlie di quella poca esperienza che solo il campo può garantire, ripartendo da poche ma solide certezze, senza la necessità di stravolgere più di tanto il quadro tecnico-tattico di una squadra che possiede una propria identità al netto di una pochezza dal punto di vista della qualità difficilmente riscontrabile in passato.

Addio agli avvicendamenti in evidente controtendenza (Donadoni-Lippi, Prandelli-Conte), largo finalmente a un progetto di rinnovamento, da difendere e sostenere concretamente alle prime difficoltà. Augurare buon lavoro a Ventura e benedirne l’avvento sulla panchina azzurra, vuol dire sostenere il percorso intrapreso da Conte con l’obiettivo di permettere al calcio italiano di riconquistare prestigio internazionale e fiducia nella gente, vero motore di un movimento che avrebbe bisogno di ripartire proprio dal basso. Dal rigore alla libidine il passo sarà breve e indolore, con la speranza di acquisire nuovamente quelle certezza che soltanto un buon Europeo sarà in grado di darci.