Stephen Keshi, il leggendario ‘Big Boss’ africano

Stephen Keshi, il leggendario ‘Big Boss’ africano

Stephen Keshi - FOTO: Getty Images
Stephen Keshi – FOTO: Getty Images

 Ieri è scomparsa una delle più grandi leggende del calcio africano: Stephen Keshi, in grado di vincere la Coppa d’Africa sia da calciatore che da allenatore.

Non sempre nel mondo del calcio basta esprimersi al meglio, giocare o allenare nel modo giusto e vincere titoli su titoli per lasciare un segno indelebile. I fattori determinanti che nella maggior parte dei casi trasformano un semplice atleta in un vero e proprio idolo delle folle sono il carisma, la personalità e la grande capacità di impattare al meglio nelle menti di compagni, calciatori, tifosi e addetti ai lavori. Proprio un forte carisma e un indubbio talento nel farsi apprezzare (ma anche odiare) hanno caratterizzato la carriera dell’ex allenatore e calciatore nigeriano, Stephen Keshi, scomparso nella giornata di ieri a soli 54 anni. Secondo i media locali la dipartita del povero Keshi sarebbe avvenuta a causa di un arresto cardiaco. L’ex capitano della storica Nigeria del magico 1994 era una vera e propria icona, nonché uno dei personaggi di spicco dell’intero movimento calcistico non solo nigeriano, ma addirittura africano.

BIG BOSS DA LEGGENDA – Il soprannome di Keshi dopotutto sintetizza al meglio l’importanza della sua figura nel calcio africano: “Big Boss”. Due parole semplici ma che affiancate danno l’idea precisa di quanto il carisma del classe 1961 nigeriano sia stato importante nella sua carriera, prima da calciatore e poi da allenatore. Con indosso pantaloncini e scarpette ha ovviamente iniziato nel continente africano lasciando ottimi ricordi soprattutto in Costa d’Avorio, dove collezionò diversi titoli tra coppe e campionati, prima di fare il grande salto in Europa dove approdò prima in Belgio con le casacche di Lokeren e Anderlecht e poi in Francia con lo Strasburgo, mettendo insieme oltre 100 presenze. Keshi, di ruolo difensore sia dentro che fuori dal campo, con il suo arrivo in Europa ha dovuto fronteggiare ancor più che gli attaccanti, l’ignorante piaga del razzismo. A testimonianza principale del fenomeno che ha per lungo tempo tormentato le esistenze di uomini e donne di colore ci sono le sconvolgenti parole dello stesso Keshi di una manciata di anni fa sulla sua permanenza al Lokeren: “Io arrivai a Lokeren, in Belgio, nel 1986. Quando andavo al supermercato lo chiudevano per non farmi entrare. Se toccavo la frutta la buttavano via”.

DOPPIO SUCCESSO – Oltre che per la sua forte personalità, l’ex difensore nigeriano, si è fatto apprezzare soprattutto per quanto dato alla causa della Nazionale. Keshi ha infatti difeso come forse nessun altro i colori della Nigeria calcistica partecipando sia all’era d’oro delle Super Aquile a metà degli anni ’90, che al successo in Coppa d’Africa ottenuto negli scorsi anni. ‘Big Boss’ ha infatti guidato la Nigeria nell’ottimo Mondiale disputato nel 1994 negli USA, nel quale la compagine allenata dall’olandese Westerhof venne piegata solamente dall’Italia in un ottavo di finale al cardiopalma vinto dagli azzurri in rimonta grazie ad una sontuosa prestazione di Baggio. Il 1994 è però l’anno d’oro di quella che per lungo tempo è stata considerata dall’immaginario collettivo come la miglior nazionale africana della storia: nello stesso anno infatti in Tunisia la Nigeria vince la coppa d’Africa. Nel ’97 Keshi si ritira dal calcio giocato e dal 2004 inizia la sua avventura in panchina da ct del Togo. Anche qui il nigeriano fa storia trascinando la selezione africana ai Mondiali tedeschi del 2006 salvo essere sollevato dall’incarico prima dell’inizio della manifestazione. L’esonero non fu per nulla digerito da Keshi che accusò ancora una volta il problema del razzismo, difendendo la sua posizione: “Nessuno credeva ce la potessimo fare ad arrivare in Germania, io si. Conquistiamo il Mondiale e mi dicono che il mio contratto è scaduto. Volevano un allenatore bianco, e così stato. Una Federazione di stupidi, pensavano di fare la cosa giusta scegliendo il bianco, al Mondiale è andata come è andata. Le federazioni non pensano al danno che causano al calcio africano: non si conosce un Paese africano in 2-3 mesi, e ancor di meno vivendo all’estero e arrivando qui 2-3 giorni prima della partita. Bisogna girare, guardare il campionato locale, apprendere cultura e modo di vivere dei giocatori. Così è impossibile far crescere una squadra”

Digerita la delusione togolese e messa in archivio anche un’esperienza in Mali, è la Nigeria a regalargli ancora una volta la possibilità di ritornare il carismatico capitano di un tempo. Alla guida delle Super Aquile fa nuovamente la storia vincendo ancora una volta la Coppa d’Africa, questa volta da ct nel 2013 prima di prender parte anche a Confederations Cup e Mondiale. Questo secondo successo nel Continente Nero gli spalanca le porte dell’Olimpo: Keshi entra infatti nella storia diventando una delle due sole leggende del calcio africano in grado di vincere l’ambito trofeo sia da calciatore che da allenatore.