La Spagna rinnova, l’Italia ricicla

Sarà ancora una volta Italia-Spagna, dopo la finale del 2012 le due squadre si ritrovano ma entrambe sono cambiate molto
Era il primo luglio di quattro anni fa, e l’Italia usciva sconfitta e distrutta dalla sfida con la Spagna. Era la finale dei campionati europei e le Furie Rosse avevano giustificato a pieno il loro soprannome, battendo l’Italia con quattro gol di scarto ed evidenziando la netta differenza tecnica tra le due squadre. Quest’anno le due compagini si ritroveranno, il loro destino è incrociato, ed anche ad Euro 2016 dovranno affrontarsi per continuare a sognare nella vittoria finale. La partita, pur sempre decisiva, questa volta non ha niente in palio se non il passaggio del girone. Non si tratta di una finale, ma di un ottavo di lusso che ha scatenato molte polemiche riguardo la designazione del tabellone. A quattro anni di distanza, dunque, Italia e Spagna incrociano nuovamente il loro cammino, entrambe hanno apportato cambiamenti, ma neanche troppi.
NOVITA’ – L’uscita prematura e deludente dell’Italia dai mondiali in Brasile del 2014 ha costretto la Federazione ad un cambio necessario ed impellente: Antonio Conte al posto di Cesare Prandelli. Un cambio a livello di gioco e mentale, ma a quanto pare non di componenti della squadra. Sono passati quattro anni, le cose sono cambiate, gli anni passano ma all’Europeo ci sono sempre gli stessi undici: l’arrivo di Conte ha cambiato sistema di gioco e di approccio alle partite, l’ossatura della squadra però è rimasta la stessa con il blocco juventino a guidare la difesa ed i soliti elementi a centrocampo (esclusi gli assenti per infortunio) ad impostare; a cambiare è solo il reparto offensivo con nuovi innesti e con esterni funzionali all’idea di gioco dell’ex allenatore della Juventus. Le novità appunto sono solamente i giocatori di fascia, fondamentali per il ct pugliese ed al quale chiede un grande lavoro ed un grande sforzo. Per il resto, escluso l’attacco, la squadra è essenzialmente la stessa con Thiago Motta e De Rossi a guidare il centrocampo e Giaccherini ad inserirsi negli spazi. Situazione completamente differente quella spagnola, con Del Bosque che dopo il passaggio a vuoto ai mondiali brasiliani ha rinnovato la rosa al livello di componenti. Se confrontiamo le rose della Spagna all’europeo del 2012 e quella di quest’anno, notiamo notevoli cambiamenti: il reparto offensivo ed i portieri sono completamenti rinnovati, uniche eccezioni Pedro e Casillas; a centrocampo ed in difesa, invece, un mix di giovani e nuovi innesti che vanno ad unirsi all’ossatura di quella generazione d’oro che ha conquistato un mondiale e due europei.
ESPERIENZA – Nelle sfide come quella di lunedì un fattore essenziale è l’esperienza. In queste partita tutto si gioca sui nervi ed ogni errore dovuto a distrazione, disattenzione ed emozione può rivelarsi fondamentale. L’abitudine di giocare questo tipo di partite è il fattore che può decidere la sfida, e l’Italia su questo piano è nettamente sfavorita. A prima vista però potrebbe sembrare il contrario: se ci basiamo sul dato statistico infatti l’Italia ha un’età media della squadra che si aggira intorno ai 30 anni, mentre la Spagna sui 28. L’età in queste situazioni, di solito, è quella che garantisce più esperienza, ma in questo caso non è così: sebbene siano molto più giovani, i calciatori della Furie Rosse provengono per lo più da squadre blasonate e con esperienza internazionale. Basta pensare a Morata, oppure a Bellerin e Koke, che da almeno due anni giocano ad alti livelli nei rispettivi club. Gli azzurri, invece, nonostante abbiano dalla loro il fattore età, mancano di esperienza internazionale: i vari Parolo, Candreva, Pellè ed Eder raramente hanno giocato sfide importanti al livello internazionale, e i pochi componenti italiani che hanno questa caratteristica o sono a fine carriera, oppure faticano a trovare spazio nelle squadre di club. Alla base di tutto questo c’è sempre lo stesso problema: la mancanza di coraggio nel credere e nel lanciare i giovani. Il confronto con la Spagna fa paura: l’unico talento di prospettiva per Antonio Conte è Bernardeschi, mentre se pensiamo alle Furie Rosse fa effetto pensare che siano rimasti fuori campioni come Isco e Saul, entrambi finalisti quest’anno della Champions League.