Champions League, maledizione preliminari: così l’Italia resta ancora a mani vuote

Micaela Catalano
24/08/2016

Champions League, maledizione preliminari: così l’Italia resta ancora a mani vuote
Luciano Spalletti, tecnico della Roma. Fonte - Account Twitter @OfficialASRoma

Luciano Spalletti, tecnico della Roma. Fonte - Account Twitter @OfficialASRoma
Luciano Spalletti, tecnico della Roma. Fonte – Account Twitter @OfficialASRoma

Ennesimo disastro dell’Italia nel play-off Champions di fine agosto: ogni anno è una disfatta per l’Italia ed il suo ranking.

Errare è umano, perseverare è diabolico. Altro che stadi semi vuoti e poco spettacolo in campo, in Italia abbiamo un problema più serio: il preliminare di Champions League. Nelle ultime sette stagioni infatti, soltanto il Milan (2013/2014) è riuscito nell’impresa di superare l’ostacolo dell’ultimo turno eliminatorio, accedendo così al tabellone principale della più importante competizione continentale per club. Non è bastato alla Roma di Luciano Spalletti evitare lo spauracchio Manchester City per tornare in Champions dopo l’eliminazione subita l’inverno scorso negli ottavi di finale dal Real Madrid futuro campione; a sorridere è stato il Porto, corsaro all’Olimpico al termine di 90’ di follia dei giallorossi, consegnatisi agli avversari quasi increduli dei regali ricevuti.

Non è la partita che aspetta noi, ma il contrario. È lei, è tutto per noi, ci può dare le chiavi per salire sul palcoscenico più importante d’Europa. Non ci affideremo al destino, lo decideremo noi il nostro destino. A testa alta.”, Luciano Spalletti.

Questione di testa

Ribolliva di tifo e passione il popolo giallorosso, voglioso di vedere l’eterno capitan Totti disputare la sua ultima stagione da calciatore sul prestigioso palcoscenico europeo. Attesa che ha evidentemente generato aspettative e pressioni che i protagonisti in campo non sono stati in grado di governare, nonostante le rassicurazioni del tecnico toscano, finito sul banco degli imputati per alcune scelte di formazione che non hanno convinto. “Abbiamo sbagliato l’approccio alla gara e la gestione della palla, commettendo troppe leggerezze – dirà Spalletti nel dopo partita-  Era l’aspetto che più mi premeva e che mi ero immaginato in maniera diversa, ma non siamo riusciti a fare quello che volevamo e loro sono stati bravi a trovare il vantaggio”. Eppure alla vigilia, nonostante l’assenza dello squalificato Vermaelen (espulso nella gara d’andata, al pari di De Rossi e Emerson ieri sera), il gruppo sembrava pronto per la gara che valeva una stagione, crocevia per la gloria e fonte di entrate (circa 30 milioni di euro), che avrebbero potuto regalare ancora qualche colpo di mercato. Supponente e poco concentrata, tradita dall’inspiegabile follia di uno dei suoi uomini simbolo, la Roma ha completamente bucato mentalmente l’approccio, complicandosi la vita successivamente, vista anche l’ottima organizzazione difensiva dei lusitani. Non è bastato dunque mostrarsi, a bocce ferme, forti e determinati. In campo si è vista una squadra contratta, quasi frenata, dalla presenza del pubblico, “il dodicesimo uomo” invocato da Strootman, che dopo la terza rete del Porto ha abbandonato le tribune con l’umore sotto i tacchi. Una tifoseria controversa quella giallorossa, spesso capace di trascinare i giocatori ma anche di condizionarne in negativo il rendimento, come sottolineato più volte in passato da Fabio Capello, il tecnico dell’ultimo scudetto del 2001 (“Il pubblico a Roma è meraviglioso ma ci mette poco ad esaltarti e a gettarti nella polvere”).

Se usciamo non è una tragedia. Dobbiamo provare comunque ad avere un atteggiamento positivo perché, eventualmente, potremo sempre puntare ad altri obiettivi visto che siamo una squadra forte. Dobbiamo affrontare il Bilbao con convinzione, ma senza ansia”, Rafa Benitez, tecnico del Napoli, prima della sfida all’Athletic Bilbao nei preliminari di Champions League 2014/2015.

(fonte foto: profilo ufficiale twitter Roma)
(fonte foto: profilo ufficiale twitter Roma)

Preliminare maledetto

Alle prese con una crisi tecnica e di programmazione senza precedenti, il calcio italiano non avrà nemmeno quest’anno tre squadre al via della Champions League. Ma se per Sampdoria e Udinese, eliminate da Werder Brema, Arsenal e Sporting Braga, il solo fatto di giocarsi l’accesso diretto tra le grandi d’Europa era già di per se considerato un risultato storico, i fallimenti consecutivi di Napoli, Lazio e Roma, sono lo specchio di una situazione che non accenna a migliorare. Puntare sul blocco dell’anno precedente, senza rinforzare la squadra e talvolta indebolirla con alcune cessioni eccellenti, è un azzardo che non paga; immobili sul mercato in attesa dei milioni garantiti dall’eventuale ingresso nel tabellone principale, i club italiani mostrano tutti i rispettivi problemi di liquidità, ostacolo principale sulla strada di investimenti mirati in grado di garantire il salto di qualità. Non funziona neppure la strategia del profilo basso, utilizzata due anni da Rafa Benitez prima della doppia sfida all’Athelic Bilbao, allo scopo di alleggerire i propri giocatori dalla troppa pressione della piazza napoletana. In balia degli eventi e degli avversari, l’ennesima batosta subita fa malissimo e deve far riflettere una volta per tutte, ma l’impressione è che per rivedere i migliori club italiani di nuovo protagonisti nell’Europa che conta, occorrerà attendere la futura nascita della SuperLega europea.

 

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