Dal “falso nueve” a “senza nueve”: la rivoluzione silenziosa del Pescara di Oddo
“Non avevamo alternative ed in Coppa Italia abbiamo giocato con Caprari come punta avanzata. Il ragazzo se l’è cavata bene e abbiamo deciso di continuare così.”
A sentire le parole di Oddo l’attuale sistema di gioco sembra essere nato un po’ per caso. Si doveva tamponare in qualche modo la partenza di un bomber come Lapadula che più volte lo scorso anno in Serie B aveva tolto le castagne dal fuoco alla compagine abruzzese. Con il tempo, però, l’allenatore ha fatto di necessità virtù creando dei meccanismi rodati che hanno reso il Pescara ben più di una neopromossa contro cui passeggiare. Paradossalmente i tre punti sono arrivati nell’unico match perso sul campo, ma i bianco-azzurri si sono tolti la soddisfazione di far tremare due delle corazzate del nostro campionato, sorprese dall’organizzazione di gioco, dalla spavalderia e dall’imprevedibilità della squadra di Massimo Oddo. Sarà stato soltanto un caso (come potrebbe sembrare dalle parole dell’allenatore) o dietro a questa efficacia sul terreno di gioco c’è ben altro?
IL METODO “QUASI” SCIENTIFICO DEL PESCARA
La realtà che emerge osservando attentamente i giocatori abruzzesi muoversi in campo è che il giovane allenatore ha saputo trovare un metodo quasi scientifico per rendere la sua squadra costantemente pericolosa nonostante sia schierata “senza nueve”. Esatto, non stiamo parlando di “falso nueve” alla Messi o come lo intende Guardiola, ma proprio di una totale assenza di punta centrale che spiazza completamente le letture dei difensori, eliminando ogni tipo di riferimento e lasciando libera iniziativa al folto gruppo di centrocampisti. E’ quindi possibile giocare in questa maniera? Assolutamente si! Cerchiamo di capire come.
PROVA A PRENDERMI
Se vogliamo lasciar parlare i numeri, in via teorica il modulo utilizzato dal Pescara è ufficialmente un 4-3-3. Palese però anche al meno attento degli osservatori notare che le carte in tavola vengono rapidamente mischiate non appena l’arbitro fischia l’inizio del match. La squadra, in realtà, si schiera effettivamente con un 4-1-fantasia dalla difficile lettura da parte dei difensori avversari, facendo sì a meno di una punta centrale di riferimento, ma ottenendo ben tre vantaggi che Oddo ha saputo sfruttare al meglio. Il primo punto di forza potrebbe sembrare banale, ma è in ogni caso un vantaggio oggettivo che la squadra trae dall’insolito modulo: la superiorità numerica a centrocampo.
COSTANTI RADDOPPI
Solitamente giocare con tre centrali dovrebbe garantire copertura sufficiente, ma il Napoli, ad esempio, ha scoperto a sue spese cosa vuol dire affrontare una linea di sei centrocampisti. Costanti raddoppi sui portatori di palla in fase di non possesso, pochissimi varchi per gli inserimenti, tanti, troppi uomini da marcare ed inseguire nel tentativo di recuperare velocemente la palla. Non è un caso che, nonostante il Napoli sia tra le compagini abituate a tenere più a lungo la palla tra i piedi, contro il Pescara il dato statistico sul possesso sia finito più o meno alla pari. Lo stesso discorso si può fare per il match contro il Sassuolo mentre nella gara contro l’Inter il dato cala leggermente per il semplice fatto che il vantaggio nel risultato ha obbligato la squadra ad arretrare comprensibilmente il baricentro.

Il semplice vantaggio numerico, di per sé, non basta però a garantire un possesso palla così efficace. Arriviamo dunque al secondo vantaggio sfruttato da Oddo grazie al nuovo sistema di gioco: il movimento senza palla. Osservare giocatori dai piedi non certo sopraffini come Gyomber, Cristante, Memushaj e Biraghi non perdere praticamente mai la palla è sembrato a prima vista strano. Oddo è di certo un bravo allenatore, ma non può aver migliorato in pochi mesi la tecnica di base di giocatori fatti e cresciuti.
MOVIMENTO CONTINUO
La soluzione sta però non tanto nei piedi del passante, ma nella posizione del ricevente. I centrocampisti ed i terzini risultano essere in costante movimento, sfruttano tutti gli spazi del campo e riescono a dare sempre un appoggio al portatore di palla in difficoltà. Questa predisposizione a movimenti costanti, studiata e provata più volte in allenamento, unita alla costante superiorità numerica a centrocampo, rendono l’uscita della palla sempre rapida e pulita, permettendo un possesso palla fluido nonostante la presenza di giocatori tecnicamente non eccellenti.
LA FASE OFFENSIVA
Ultimo ma non meno importante fattore sfruttato dal tecnico abruzzese riguarda la fase offensiva ed, in particolare, la totale mancanza di riferimenti per i difensori centrali avversari. Il costante movimento dei centrocampisti ed il loro alternarsi nelle posizioni della metà campo crea degli enormi problemi ai marcatori, che non riescono a seguire né a uomo e né tanto meno a zona gli spostamenti dei biancoazzurri. Il possesso palla unito alla rotazione degli uomini si trasforma poi in improvviso attacco alla linea avversaria, con uno o più dei centrocampisti che attaccano la profondità prendendo alla sprovvista il mal capitato difensore. Se il taglio avviene per vie centrali, l’attaccante rischia di ritrovarsi a tu per tu con il portiere.

In alternativa l’attacco arriva su una delle fasce e a quel punto una batteria di almeno tre uomini attacca l’area di rigore creando densità e scompiglio.


La difesa ha dunque poche chance per riuscire ad evitare l’inferiorità numerica. Può restare alta, rischiando costantemente di essere infilata da uno dei taglianti, oppure togliere profondità, esponendosi però all’ 1 vs 1 degli agili giocatori di Oddo.

L’impiego di uomini dalle caratteristiche diverse non cambia la filosofia ormai rodata della squadra abruzzese. Contro l’Inter l’ingresso di Bahebeck, di certo più punta, ha semplicemente arretrato il raggio d’azione di Caprari. Il giocatore francese si è reso pericoloso attaccando il lato destro. Si è inserito alle spalle di D’Ambrosio sulla fascia sinistra avanzando palla al piede partendo dalla trequarti.

TUTTI PER UNO, UNO PER TUTTI
Lo stesso principio vale, con le dovute proporzioni, anche per la fase difensiva. La squadra di Oddo sceglie spesso un pressing non ultra-offensivo, ma mirato verso specifici portatori di palla. L’obiettivo è quello di minare le certezze nella costruzione del gioco del rivale, creando densità a centrocampo e intasando le linee di passaggio. In questo modo il gioco degli avversari risulta poco fluido. La difesa alta aiuta così a compattare le linee. Si favorisce così l’applicazione della tattica del fuorigioco in caso di lanci lunghi.

Ovviamente l’efficacia di questo modo di difendere dipende largamente dalla tenuta fisica degli interpreti. Non è un caso che sia contro il Napoli che contro l’Inter il Pescara sia notevolmente calato nell’ultima mezz’ora. Ha abbassato l’intensità del pressing e ha perso la compattezza delle linee, fondamentale per garantire la protezione alla linea difensiva. In ogni caso, anche in difficoltà, è l’allenatore a tentare di risolvere la situazione con dei colpi di genio. L’esempio palese lo notiamo contro il Napoli. Gli azzurri attaccano, il Pescara è in affanno ed Oddo, invece di inserire un giocatore di contenimento, lancia Manaj. Anche in questo caso la scelta ha un suo senso. Il nuovo assetto apre un’alternativa al possesso palla non più sostenibile. Spunta il lancio lungo per la punta di peso. Sembrerebbe una scelta iper-offensiva, ma offre al contrario una buona variabile difensiva ai giocatori che soffrono la pressione degli avversari.
PESCARA, RIVOLUZIONE SILENZIOSA
Oddo sta dunque cambiando le carte in tavola della Serie A senza dare nell’occhio e soprattutto partendo dal basso. La sua è una neopromossa anomala. Non si fa mettere sotto dal punto di vista del gioco. Prova sempre ad essere pericolosa a prescindere dall’avversario che incontra. Organizzazione, superiorità numerica costante, sfrontatezza e tanta intensità. Questa è la ricetta del Pescara di Oddo. Pur senza un “nueve”, ha fatto capire a tutte le difese d’Italia che contro i biancoazzurri ci sarà da sudare.