Thiago Motta: “Via dall’Inter per Branca. Gasperini più importante di Mourinho per me”
Thiago Motta, centrocampista del Paris Saint-Germain e della Nazionale, ha svelato il motivo sul suo addio all’Inter
MEGLIO CAMBIARE
Thiago Motta si trasferì in Francia dopo aver conquistato con la maglia nerazzurra uno scudetto, una Champions, un Mondiale per Club, 2 Coppe Italia ed una Supercoppa italiana. Nell’edizione odierna de ‘Il Corriere dello Sport’ l’italo-brasiliano afferma: “Stavo benissimo all’Inter ma c’erano delle persone all’interno del club che non erano d’accordo cone me, e la cosa era reciproca. Tanto per fare un nome: Marco Branca. Lui era il direttore sportivo dell’Inter insieme ad Oriali a quei tempi e non voleva che io giocassi nella squadra, questa cosa ha favorito una mancanza di fiducia da parte mia. Perciò quando c’è stata la possibilità di trasferirmi al Paris Saint-Germain non ci ho pensato su due volte, scegliendo un posto dove ci fosse un futuro per me anziché restare a lottare per cercare di cambiare le cose, ma se fossi rimasto a Milano la situazione si sarebbe complicata ulteriormente. Ne parlai anche con l’allora presidente Massimo Moratti, un gentiluomo: lui mi ascoltò e mi disse cosa ne pensava e poi siamo giunti ad un accordo”.
IL MIGLIORE NON E’ MOU
Thiago Motta ha vissuto l’epoca d’oro targata Josè Mourinho: “Un grande allenatore nonostante in campo non stesse sempre attento a certi aspetti tattici, li lasciava più ai giocatori, e del resto in quella Inter i campioni che sapevano cosa fare sempre non mancavano. Il portoghese è speciale nei rapporti che instaura: quando perdevamo una partita il giorno dopo non salutava nessuno, invece quando vincevamo era anche più contento di noi giocatori. Ma per me il migliore è Gian Piero Gasperini: è lui l’allenatore con cui ho imparato di più tecnicamente, tatticamente e soprattutto dal punto di vista umano”.
ITALIANO DEL BRASILE
Al PSG Thiago Motta fa reparto con Marco Verratti, di cui dice: “E’ un vero genio, con un talento straordinario. Gli dico sempre che è tra i più grandi calciatori con cui sia stato. Nazionale? So cosa si dice di me, e sono consapevole di essere lento, ma ho altre caratteristiche che penso siano importanti, come ad esempio la visione di gioco o la capacità di interdizione ed il senso tattico. Se così non fosse non saprei spiegarmi come mai i migliori allenatori mi vogliano in squadra. E sentire queste cose mi feriva, perché io alla Nazionale ho dato tutto quello che potevo. La numero 10 è un numero come un altro, l’importante è impegnarsi. Io sono un italiano nato in Brasile, non soltanto per la storia della mia famiglia ma per il mio modo di essere e di interpretare il calcio”.