Un americano in Premier League

Un americano in Premier League

bradley swansea

Lo Swansea riparte da Bradley. L’ex tecnico della nazionale statunitense è il primo allenatore americano nella storia della Premier League.

Lo Swansea cambia allenatore, ma non solo. Non si limita alla sostituzione del proprio tecnico la società gallese, che con una sola mossa ridisegna il suo assetto in termini tecnico-tattici e, al contempo, regala una vera e propria novità alla Premier League. Esonerato l’italiano Francesco Guidolin, sulla panchina dei cigni ecco approdare l’americano Bob Bradley. La novità è proprio questa: l’ex ct della Nazionale statunitense diventa il primo allenatore americano ad ottenere una panchina in uno dei primi quattro campionati europei, ovvero Inghilterra, Spagna, Italia e Germania.

Il traghettatore (ma non troppo) Bob

E’ stata fatale per Guidolin la sconfitta casalinga contro il Liverpool, la quinta in sette partite. L’unica vittoria è arrivata contro il Burnley, poi un pareggio nel match contro il Chelsea di Antonio Conte. Si chiude contro i Reds del mago Jürgen l’avventura in Premier del tecnico ex Udinese, che lascia gli Swans in zona retrocessione. Per risollevare squadra, umore e ambiente serve un trascinatore, un allenatore esperto. O magari un traghettatore, per portare in salvo la nave dei cigni, mai così in difficoltà nelle tranquille e già navigate acque della Premier League.

In tal senso è stata singolare la decisione della proprietà americana dello Swansea, che ha scelto il connazionale Bob Bradley per la panchina dei bianconeri gallesi. L’allenatore statunitense, alla guida del Le Havre fino a pochi giorni fa, ha dovuto chiudere con la società francese per cogliere al volo l’occasione della vita. Allenare in Premier League. Non un tecnico di fama mondiale, non un allenatore dalla grande esperienza europea. Sicuramente il vecchio Bob trascinatore lo è: nato traghettatore, per poi guadagnarsi risultati, successi e conferme sul campo.

Come Guardiola e Ancelotti

Un giovane Bradley insieme a Bruce Arena

Lavoro, dedizione e tanta autostima, mascherata da presunzione, che non guasta in determinati contesti. “I migliori manager del momento sono i più giovani, come Pochettino, Tuchel e Klopp. Non dico di essere come Guardiola e Ancelotti, non ho avuto quel tipo di opportunità. Credo, però, di essere su quel livello lì. Penso che quelli che hanno giocato con me abbiano sentito come l’esperienza sia diversa. L’allenamento è una sfida. Hanno imparato molte cose che li hanno resi atleti e uomini migliori”, le parole di Bradley all’inizio della sua esperienza in Ligue2 francese.

Idee chiare per lo statunitense, che cerca finalmente la consacrazione dopo una carriera di tutto rispetto. Certo, lontano dall’Europa. Dopo aver giocato a livello collegiale, un giovanissimo Bob iniziò ad allenare squadre universitarie fino all’incontro con Bruce Arena. Bradley entra a far parte del suo staff tecnico nel 1996, ai tempi dell’U-23, per poi passare alla guida dei Chicago Fire, con i quali vince due trofei e un titolo di Manager dell’anno in MLS. Poi New York Red Bulls e Chivas USA, prima di conquistare la panchina più ambita.

Dalle squadre universitarie alla Nazionale

La svolta, infatti, arriva nel 2006, quando Bradley sostituisce proprio Arena alla guida della Nazionale maggiore degli Stati Uniti dopo il fallimento al Mondiale del 2006. Doveva essere un traghettatore, ma proprio quella sua autostima mascherata da presunzione lo tiene ben saldo per cinque anni sulla panchina degli USA. E i risultati sono lusinghieri: la vittoria alla Gold Cup del 2007, una Confederations Cup da favola nel 2009 con l’argento conquistato e la vittoria sulla Spagna, eliminata in semifinale prima della sconfitta in finale contro il Brasile. In Sudafrica arrivano le positive uscite in Coppa del Mondo, prima della disfatta in finale di Gold Cup contro il Messico e la fine dell’esperienza in Nazionale maggiore nel 2011.

Bob Bradley è il viso familiare del nuovo movimento calcistico americano, attraverso di lui è passata la crescita della nazionale maggiore. L’allenatore ha dato una identità vera alla sua selezione, valorizzando giocatori come l’eterno Donovan, il fantasioso Dempsey, senza dimenticare Altidore, l’ex Milan Onyewu e il figlio Bradley, centrocampista ex Roma e Chievo. Fermarsi? Non lui. C’è l’Egitto nel destino del tecnico statunitense. La nazionale cresce, la mano del tecnico si vede, ma la qualificazione ai Mondiali del 2014 in Brasile non arriva. L’esonero sì.

Bradley Donovan Dempsey
Bradley, Donovan e Dempsey ai tempi della Nazionale statunitense

Grinta, idee chiare e il sogno Europa

E’ così che Bob sbarca in Europa per la prima volta nella sua carriera. Norvegia, prima divisione, la panchina è quella del neo-promosso Stabæk. Bradley diventa il primo allenatore statunitense a guidare una squadra europea. L’ennesimo miracolo, la solita grande crescita di una squadra da lui allenata, che ottiene nono e terzo posto in due stagioni e l’inaspettata qualificazione all’Europa League. Nella scorsa annata approda in Francia, in Ligue2, dove raccoglie un Le Havre in zona retrocessione per portarlo ad una quasi promozione in Ligue1. Anche qui da subentrato, da traghettatore, che però conosce il porto sicuro. Il suo.

“Non si può mai riuscire a rendere alla grande se non si è disposti a pensare di raggiungere obiettivi di un certo livello”, e Bob qualche soddisfazione se l’è tolta. Tenacia, grinta, idee chiare e leadership. E’ quello che serve anche allo Swansea della dirigenza americana che, inimicandosi quelli dello Swansea City Supporter Trust, i quali avrebbero voluto partecipare attivamente alla scelta del nuovo allenatore, ha deciso di puntare sul connazionale Bradley. Una scelta azzardata e al contempo romantica.

Un americano in Premier e il suo porto sicuro

“Mi dispiace lasciare il Le Havre, ma per me, la mia famiglia e il calcio americano questa è una grande opportunità. E’ qualcosa di speciale andare in Premier League. In un mondo normale avrei terminato il mio lavoro, ma nel calcio non puoi controllare il tempo. Ho accettato lo Swansea senza pensarci due volte”, le sue prime parole da tecnico degli Swans. E senza pensarci più di una volta Bob inizierà il suo lavoro. Non certo un gioco spettacolare quello di Bradley. Un 4-4-2 abbastanza offensivo il suo, difesa granitica ed esterni che diventano attaccanti aggiunti. Fondamentali potrebbero diventare, nel passaggio dal 4-3-3 di Guidolin al nuovo credo tattico dell’ex Le Havre, i vari Jefferson Montero, Fer, Ki, Sigurdsson, Routledge, insieme a Llorente e Borja in avanti, per risollevare una squadra di sicuro talento, ma che ha smarrito quella identità da outsider terribile che da anni l’ha contraddistinta.

bradleyLa vera forza dei gruppi guidati dal tecnico statunitense, però, sono grinta, spirito di sacrificio e abnegazione. Tutto quello che serve ad uno Swansea che deve ritrovare verve, animo, risultati e punti. Per Bob Bradley ecco l’ennesima avventura, anche questa da subentrato. Forse da traghettatore, ma di quelli che conoscono la via maestra. O almeno è quello che ha dimostrato sino ad ora nella propria carriera. Bob Bradley, un americano in Premier per guidare la nave dei cigni nel porto sicuro. Il suo.