Emanuelson spara: “A Roma la squadra giocava da cani ma non cambiava niente”

Emanuelson spara: “A Roma la squadra giocava da cani ma non cambiava niente”

Nel 2011 Urby Emanuelson approdò in Italia carico di speranza. Ad accoglierlo ecco il Milan di Massimiliano Allegri lanciato verso lo scudetto. In rossonero non esplode ma mette comunque a referto 5 reti in 73 apparizioni tra coppe e campionato. Poi il passaggio al Fulham prima del nuovo rientro a Milanello. Salutati i rossoneri la sua nuova casa italiana fu la Roma ma in giallorosso lo spaziò fu ridotto a due sole presenze. Atalante e Verona le sue ultime tappe tricolori prima dell’addio. Proprio oggi in un’intervista rilasciata a ‘ExtraTime’, Emanuelson ha sparato a zero sulla sua esperienza in Italia: “In Italia il calcio è politica, non sempre giocano i migliori, contano altri fattori. A esempio essere nel giro giusto, in termini di amicizie e conoscenze”.

Male a Roma

Emanuelson ha poi spostato il tiro sulla sua esperienza romana: “Nella settimana in cui fui preso arrivarono in 6. Non si trattava più di competizione, ma di sopravvivenza. Mi ritrovavo in tribuna, vedevo la squadra giocare da cani, ma non cambiava niente. Garcia mi diceva di avere pazienza. Poi, al momento dei cambi, sceglieva sempre qualcun altro. Spiegazioni zero, consigli su dove migliorare meno di zero. Pur di andarmene mi sarebbe andata bene qualsiasi meta. All’Atalanta iniziai bene, poi Colantuono fu esonerato e Reja mi disse che non aveva bisogno di me: “Non ti conosco e non so nemmeno se la società intende puntare su di te il prossimo anno”. Eccomi di nuovo fuori. A priori”.

Anche a Verona le cose non andarono meglio: “Anche a Verona ci fu un cambio di tecnico e l’aggravante di una stagione disgraziata per tutti. A fine torneo il mister mi riportò alle origini, trequartista o ala, ma erano mosse della disperazione in un team condannato alla B”.

Solo al Milan

Emanuelson ha risparmiato solo la sua avventura in rossonero: “Ero il ragazzino, con un sacco di campioni. Pirlo, Ibra, Nesta, Thiago Silva, Seedorf, Van Bommel. Gli ultimi due mi hanno aiutato molto, c’era concorrenza fortissima ma sana. Se davi il massimo, prima o poi saresti stato premiato. Ho raccolto più di 100 gare nel Milan, non credo di essere così scarso, anche se negli ultimi anni molti hanno ritenuto il contrario”.

Etichette

Il calcio è un’ambiente ipocrita, è difficile avere amicizie e incontrare gente di cui ti puoi fidare. Per non parlare delle etichette. de Boer era inadatto al calcio italiano già dopo poche ore dal suo arrivo…”