Napoli, i limiti dell’ideologia sarriana
Napoli sesto in classifica: al netto di una rosa di qualità iniziano ad emergere i primi limiti della gestione Sarri
Il Napoli e Sarri. Un amore vero, sbocciato l’estate scorsa e consolidatosi nel tempo. Il bel gioco, la difesa di ferro, il centrocampo da urlo e l’attacco da impazzire. Un mix perfetto, o quasi. Già, perché un gradino più in alto c’era la Juve. Un dualismo durato non troppo, sfociato in assolutismo totale nella seconda porzione di campionato. Un assolutismo tutto bianconero, chiaramente. Quest’anno, sotto sotto, i propositi della società si son fatti un pelo più ambiziosi: spodestare i bianconeri e puntare al trono. Cosa tutt’altro che illecita, visto l’incantevole percorso dell’anno passato.
Indubbiamente Sarri si ritrova una rosa forte, altamente competitiva. Poi c’è la questione Pipita: è stata propizia o meno la sua cessione? Si può dibattere, ma non esiste risposta corretta. Di certo, data la presenza della clausola, il Napoli non ha avuto troppe opzioni. Anzi, ben poche. Ma purtroppo non è tempo di mercato. È tempo di campo questo e, appunto, la rosa a disposizione di Sarri è di tutto rispetto. Sulla carta è probabilmente fra le prime tre della gamma. Tuttavia, per ora, Sarri e la sua banda non rientrano neppure fra le prime cinque. Qualcosa evidentemente non funziona: i risultati stentano e la classifica ne risente.
Tutto cambia perché nulla cambi
Eppure apparentemente la squadra gira. I meccanismi ci sono, la manovra è ancora piuttosto fluida. Si, ma manca praticità. La praticità di un Higuain, o di un Milik. La cattiveria sotto porta, l’ultimo passaggio, la giocata decisiva, il colpo risolutivo del fenomeno: tutte cose che non caratterizzano il Napoli attuale. Il problema, difatti, non riguarda la difesa. O, perlomeno, è clamorosamente più grave in attacco: una squadra che del bel calcio fa la propria forza, non può fare della difesa la propria arma vincente. Serve un attacco prolifico e spietato, un centrocampo in grado di verticalizzare e cambiare ritmo e un allenatore che sappia virare.
Ecco, questo è il punto: Sarri non vuole cambiare. Ostinandosi a mantenere invariato il proprio sistema, permette agli altri uno studio più facile dei suoi. Hanno capito come gioca, oramai. Il buon toscano par quasi aver assunto vere e proprie manie di protagonismo, calcisticamente parlando. Promotore di un modello di calcio unico in Italia, Sarri risulta quasi incapace di sperimentare nuovi sistemi. Cosa di cui non beneficia la squadra, ovviamente. Prova ne è il sesto posto. Troppo poco per questo Napoli.