L’epopea di Beppe Sannino: quando l’eleganza non fa la differenza

Dario Marotta
30/11/2016

L’epopea di Beppe Sannino: quando l’eleganza non fa la differenza

ESONERI, DIMISSIONI E ALTRI DISASTRI: LE IMPRESE DI SANNINO

Beppe Sannino, cinquantanove di Ottaviano, cittadina alle pendici del Vesuvio, ha le physique du role dell’allenatore: elegante, fiero, a prima vista rassicurante. L’immagine, in un mondo dominato e guidato dal senso estetico, ha una sua determinante importanza e poco importa se i risultati, dopo un inizio di carriera promettente, tardano ad arrivare. E nonostante l’impietoso trascorrere degli anni e delle stagioni, Giuseppe continua ad apparire come un allenatore giovane e in rampa di lancio, come il profeta di un calcio nuovo, se possibile spettacolare.

Nulla di tutto ciò, ovviamente, se si scorrono i dati relativi all’ultimo decennio di carriera: poche gioie e tante esoneri, talvolta anticipati dalle dimissioni. L’ultimo atto a Salerno, dopo il pari casalingo con la Pro Vercelli, lo scorso lunedì: fischi, contestazione dei tifosi e la volontà di farsi da parte comunicata al direttore sportivo Fabiani e al club. I granata, a quota diciotto dopo sedici partite di campionato, mantengono due punti di vantaggio sulla zona play out: pochi, per dormire sonni tranquilli.

UNA CARRIERA DIFFICILE

Il presente non differisce poi così tanto dal passato. Il prode Sannino, sin dagli esordi, non si è fatto mai mancare l’agognato licenziamento, sin dal suo esordio tra i professionisti, sulla panchina della Biellese. Seguiranno esoneri con Meda, Varese, Cosenza, intervallati da un campionato dilettanti vinto con il Sud-Tirol. A Varese torna e fa la storia: dalla C2 alla B, fino ai play off per la promozione in serie A. Una tripla impresa che gli vale la panchina d’oro, oltre ovviamente all’attenzione di numerose società della massima serie, improvvisamente folgorate da quel tecnico che fa figura (e vince). Sceglie la tranquilla Siena e ottiene, senza grossi affanni, una buona salvezza. L’inizio della fine, come spesso accade agli allenatori, è segnato dal passaggio al Palermo: esonerato dopo tre giornate, richiamato a gennaio inoltrato (al posto di Gasperini) e dunque retrocesso in cadetteria con in rosanero.

Il declino è inarrestabile; il Chievo lo esonera a novembre (una sola in vittoria in dodici gare di campionato), con la squadra ultima in classifica. Così Sannino, sconfitto nel corpo ma non nell’anima, prova a rilanciarsi in Inghilterra, con il Watford, subentrando a Gianfranco Zola. Sei mesi senza lasciare tracce, un tredicesimo posto in Championship, senza infamia e senza lode. Nel 2014 torna in Italia, a Catania, in serie B. Si dimette a dicembre dello stesso anno, con la squadra vicinissima alla zona play out, per divergenze con il presidente Pulvirenti. Il resto è storia recente: prima Carpi (una vittoria, quattro sconfitte ed esonero inevitabile) e poi Salerno, avventura già giunta al capolinea dopo le feroci contestazioni del pubblico.

FRASI CELEBRI

A Catania il rapporto con il Presidente Pulvirenti si incrinò in seguito ad una polemica innescata dall’infortunio di Martinho, rischiato da Sannino nonostante un recupero fisico non ancora ultimato: “Un allenatore che si lascia convincere da un preparatore atletico è uno quaquaraquà”, tuonò l’allora presidente degli etnei. Un paio di mesi fa, dopo una clamorosa sconfitta casalinga con il Vicenza, Sannino pensò bene di abbandonare la sala stampa dell’Arechi dopo un vivace alterco con alcuni giornalisti: “Non ho voglia di star qui ad ascoltare le vostre stron…, scrivere pure che la Salernitana ha fatto schifo”. Ieri, al termine della gara con la Pro Vercelli, ha sentenziato: “A Salerno non avete mai visto calcio”. Probabile, ma a partire da oggi, i tifosi della Salernitana, non vedranno più Sannino.