Sampdoria-Torino è la partita di Castan. La rinascita senza limiti del guerriero brasiliano

Claudio Cafarelli
02/12/2016

Sampdoria-Torino è la partita di Castan. La rinascita senza limiti del guerriero brasiliano

Leandro Castan si racconta a ‘La Repubblica’. Due anni fa l’operazione al cervello, oggi la rinascita

“Quel che ho passato mi ha cambiato come uomo e come calciatore. Ho una percezione diversa di ciò che mi succede, della vita stessa. E ho riscoperto Dio”. Conoscere la sofferenza. Ricostruirsi fisicamente e psicologicamente. Da baluardo difensivo a fragile essere umano fermato dal destino. Da titolare essenziale della Roma e uno dei migliori nel suo ruolo ad ex giocatore con la paura di morire. Costretto a ripartire per recuperare la fiducia degli altri. Ma soprattutto in sè stesso. Ritrovare quella felicità che arriva solo quando si scende in campo. Sono passati due anni dall’operazione chirurgica al quale si è sottoposto Leandro Castan. Rimozione di un cavernoma al cervello. Prima tante, troppe giornate da incubo: “Settembre, giochiamo a Empoli, ma vengo sostituito: ho le vertigini, sto male. Le cose peggiorano nelle settimane successive: non mi reggevo in piedi, vomitavo di continuo. D’accordo con la Roma parlammo di malanni muscolari, ma stavo a pezzi. Persi quasi 15 chili, ero terrorizzato. Mi stavo convincendo che sarei morto, continuavo a sottopormi a visite e controlli”.

Il desiderio di mollare tutto

E poi l’operazione, quasi tre mesi dopo. Lo stesso giorno scopre che la moglie è incinta. Ok, il fato sta palesemente giocando. Ogni intervento sul pallone diventa inutile perché c’è sempre un altro avversario pronto ad approfittarne. “Il medico disse che senza intervento chirurgico non avrei più potuto giocare. Ma io volevo solo tornare in Brasile, mollare tutto. Ero confuso. Presi una settimana per pensarci. Ti passa ogni cosa per la testa in quei momenti. La paura si moltiplica. Altri medici confermarono: l’operazione era l’unica soluzione. E io accettai, per tornare a giocare. Ricordo il terrore in ospedale, la sera prima dell’intervento. Al risveglio sentivo tutto, ma non riuscivo a muovermi. Mia moglie era lì, al mio fianco. Due giorni in terapia intensiva: i più duri della mia vita. Ripetevano che l’operazione era riuscita, ma io mi chiedevo se sarei davvero tornato come prima”.

Il passaggio fugace alla Sampdoria

Il rientro in campo è decisamente frettoloso. Castan non è sicuro, appare spaesato. La fine della carriera sembra vicina. Ma la felicità è sul campo: “Volevo dimostrare che non avevo paura di giocare, dopo aver superato quella di morire. E il campo mi mancava troppo, perché lì io mi trasformo e sono davvero felice. La felicità per un difensore come me è l’anticipo, l’entrata in scivolata. Quando tornai ad allenarmi venivo regolarmente saltato, era frustrante. In realtà mi serviva tempo. Avevo bisogno di fiducia”. Serviva fiducia, una squadra pronta ad accoglierla e senza lo stress di risultati immediati. Castan passa alla Sampdoria, esperienza fugace di un mese. Il feeling non è scattato. Aveva bisogno di giocare titolare e le garanzie erano scarse e poi quella difesa a zona di Giampaolo non era l’ideale per un difensore vecchio stampo come il brasiliano.

La scelta di Torino

E così arriva il trasferimento, insolito per tempistiche, al Torino. L’ex Roma ritrova fiducia, forza e affidabilità. Mihajlovic lo sprona, lo carica e lui risponde presente. Guida la difesa con personalità. Ritorna il carisma, la foga agonistica e rispunta finalmente il sorriso. Ora non ci sono più limiti: “Penso di essere stato fortunato a vivere questa vita. Anche se ho sofferto. Prima dell’intervento non facevo molte cose di mattina. Ricordo le litigate con Zeman e le sue “colazioni obbligatorie”: gli dicevo che la mattina è fatta per dormire, non per mangiare… Oggi invece mi sveglio presto e accompagno i miei figli a scuola, vado a fare la spesa con mia moglie. Penso sia tutto bellissimo. Anzi, so che la vita è bellissima”.

Socrates e il Corinthians

Domenica Sampdoria-Torino è la sua partita. Castan ritrova l’amore estivo proprio a due anni dall’operazione. E a cinque da un altro anniversario, la morte di Socrates: “La notizia della morte ce la diede la mattina Paulo André, nostro compagno di squadra e amico di Socrates. Che era una figura speciale, soprattutto per noi del Corinthians. Il nostro allenatore, Tite, ci chiese di vincere quel titolo anche per lui. E così avvenne. Come desiderava Socrates, che aveva detto di voler morire nel giorno in cui il suo Corinthians fosse tornato a vincere”.