Vardy: “Il mio idolo era Di Canio. Curavo gli infortuni con la vodka”
Esce l’autobiografia di Jamie Vardy “Dal nulla. La mia storia”
Una storia come quella di Jamie Vardy, da operaio a campione d’Inghilterra con il Leicester, doveva essere raccontata in un’autobiografia. Impossibile lasciarsi sfuggire un’occasione simile. Così nei prossimi giorni uscirà anche in Italia “Jamie Vardy. Dal nulla. La mia storia”. Tanti i retroscena di una carriera davvero particolare. Da quando aveva scelto di fare il carpentiere per arrotondare la scarsa paga da calciatore di piccole squadre, fino a oggi. Nel mezzo un passato fatto di alcool e decisioni decisamente sui generis, come quella di curare un infortunio (una contusione rimediata nel corso di un contrasto il primo anno a Leicester) con la vodka…
“In quel periodo avevo in casa una bottiglia di tre litri di vodka in cui mettevo un mucchio di Skittles, una volta che questi si erano sciolti del tutto ne aggiungevo degli altri, ma era importante che fossero tutti viola o rossi, perché quelli gialli e arancioni non mi piacciono. Quando ero a casa e mi annoiavo, ne versavo un bicchiere, mi sedevo tranquillo e me lo gustavo. La vodka non era male, ma quanto pare non faceva bene alla mia contusione, che continuò a sanguinare internamente per molto tempo“.
L’idolo Di Canio
Un capitolo del libro è dedicato anche al suo primo incontro con Paolo Di Canio, idolo d’infanzia. “Firmò per il Wednesday nel 1997, un anno dopo l’arrivo in squadra di Benito Carbone e quella strana coppia di italiani mi regalò una delle migliori esperienze della mia infanzia. Un sabato mattina dovevamo allenarci a Middlewood e, dato che non erano previste partite, anche i giocatori della prima squadra erano lì per un allenamento leggero; io stavo facendo qualche passaggio con un ragazzo della mia squadra, quando all’improvviso si avvicinarono Carbone e Di Canio e ci sfidarono a calcio-tennis. All’epoca erano probabilmente i due migliori giocatori del Wednesday – erano stati gli acquisti più costosi del club, quando avevano firmato -, perciò il fatto che ci chiedessero di giocare con loro era davvero un sogno, che divenne un incubo una volta iniziata la sfida. Ci distrussero.
La partita con Carbone e Di Canio
Da una parte della rete c’erano due ragazzi che si preoccupavano solo di mandare in qualche modo la palla dall’altra parte, non importava come. Dall’altra c’erano Carbone e Di Canio che davano spettacolo con passaggi e rovesciate. “Wow” era tutto quello che riuscivo a pensare. Adoravo Di Canio: che giocatore, quanto talento, quanta passione. Se però uno parla di Di Canio e dello Sheffield Wednesday tutti pensano all’episodio del settembre 1998, quando in una partita contro l’Arsenal diede uno spintone all’arbitro Paul Alcock che lo aveva espulso; a ripensarci le due cose che mi fanno sorridere sono l’atteggiamento teatrale dell’arbitro – che ci mette praticamente mezzo minuto a cadere a terra – e la scena comica di Nigel Winterburn, che prima si avvicina per affrontare Di Canio e poi si spaventa quando questi accenna a rifilargli un cazzotto”.