Inter, sei anni in sei minuti: i volti di un ciclo sconfitto

Inter, sei anni in sei minuti: i volti di un ciclo sconfitto

La prova del San Paolo è l’ennesimo fallimento dell’Inter, irrimediabilmente legata al destino di alcuni giocatori chiave, che ne hanno segnato le sfortune

Nessuna sorpresa. Nessun colpo di coda. L’Inter vista ieri sera al San Paolo è la sintesi perfetta di una squadra che in sei anni non ha fatto un solo passo avanti. Un cambio generazionale mai realmente compito. Un’accozzaglia di buoni giocatori lasciati il più delle volte alla deriva da scelte societarie e cambi in panchina. Il povero Pioli raccoglie i cocci di un gruppo disintegrato ancora prima di essere formato, tra le maledette incomprensioni di Mancini e le inattuabili idee di de Boer.

L’Inter che non tradisce

Si era parlato di ultimo treno, o quanto meno di un’occasione decisiva per tornare in corsa. Nonostante l’impegno ostico, l’Inter aveva l’obbligo di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Erano stati chiamati in causa compattezza, spirito di squadra e voglia di rivalsa, con l’obiettivo di strappare quanto meno un punto in un campo tremendamente complicato. Ancora una volta però l’Inter, quella dell’ultimo ciclo badate bene, non ha tradito le aspettative.

Un match durato poco più di sei minuti. Un k.o. talmente rapido che taglia le gambe anche per il prossimo futuro. Un gol subito a difesa schierata e un altro fotocopia di quello di Kalinic lunedì scorso, a sottolineare una volta di più quei soliti difetti, fin troppo evidenti per l’intelligenza degli avversari. Gli altri 84 minuti sono una lunghissima seria di “vorrei ma non posso”. Di tante occasioni continuamente fallite sia per propri demeriti ma anche per la bravura del Napoli. Questa è stata l’Inter di ieri sera, e del resto degli ultimi sei anni. Una squadra mai più forte degli episodi, della sfortuna e degli avversari stessi.

Incompiuta come Handanovic

Questo gruppo, quasi senza più obiettivi alle prime albe di dicembre, ha assunto le sembianze di alcuni uomini chiave di questa squadra. Dei giocatori simbolo che negli ultimi anni hanno segnato il destino dei nerazzurri.

Questa Inter ha il volto di Samir Handanovic, portiere alla soglia dei 33 anni e ancora terribilmente incompiuto. Una notte da fenomeno e un’altra da colapasta. L’ultimo a deporre le armi ma anche il primo ad alzare bandiera bianca. L’obiettivo Champions riposto nel cassetto, fallito insieme all’Inter negli ultimi 5 anni.

Promessa mancata come Ranocchia

Questa Inter ha il volto di Andrea Ranocchia, una promessa non mantenuta. Un capro espiatorio da sbattere in prima pagina, l’alibi di tanti e ripetuti fallimenti. L’ex Genoa è la sintesi del mancato passaggio di consegne tra il glorioso passato e lo scoraggiante presente. In nerazzurro nell’immediato post-Triplete, sventurato erede della fascia di Zanetti e della “23” di Materazzi. Dopo aver perso fascia, numero e maglia, si è ritrovato titolare a causa della disagiante involuzione di Murillo e l’infortunio di Medel. Tanti proclami ma nessun risultato, notti da incubo e teste chine.

Andrea Ranocchia con la fascia da capitano FOTO@andrea.ranocchia.7545
Andrea Ranocchia con la fascia da capitano [email protected]

Bipolare come Brozovic

Questa Inter ha il volto di Marcelo Brozovic, un fuoriclasse della discontinuità. Capace di passare in poche settimane da “epurato” a guida del centrocampo, ma mai realmente leader di questa squadra. Un giocatore che per mezzi e qualità tecnica potrebbe essere un top del calcio europeo, ma che per carattere e scarsa abnegazione si è ritrovato il più delle volte ai margini sia tecnici che numeri.

Senza obiettivi come Icardi

Infine, questa Inter ha il volto del capitano Mauro Icardi. Tanto discusso quanto amato. A tratti leader, a tratti nemico numero uno. Un amore per i colori nerazzurri sentito e professato solo al termine dell’ennesimo rinnovo di contratto. Clamoroso trascinatore in tante occasioni ma anche fantasma in tante altre. In mezzo tanti gol, ma il più delle volte fini a sé stessi e quasi mai utili alla squadra per raggiungere gli obiettivi. Quella passione per il gol da bomber vecchia scuola, un ruolo che rischia di essere superato per mantenere uno standard di livello nel calcio odierno.