Storia di un modulo vincente, dal 1970 ai giorni nostri

Modulo albero di natale storia – Allegri ha dato una svolta alla Juventus col 4-3-2-1: storia di un modulo reso modello da imitare da Ancelotti.

Far convivere Dybala, Pjanic ed Higuain era la missione di Max Allegri per questa stagione. L’allenatore livornese pare aver trovato la quadratura del cerchio: nelle ultime due partite i bianconeri hanno convinto scendendo in campo un albero di natale di ancelottiana memoria. Il punto di riferimento, che sia Higuain o Mandzukic, va a battagliare da solo con la difesa avversaria, mentre il centrocampo muscolare va ad aggredire gli avversari in pressing. Fra le linee i due tenori in grado di far saltare gli schemi: Paulo Dybala e Miralem Pjanic sono due calciatori diversi, per certi versi complementari, capaci di sparigliare le carte in tavola. Un destro ed un mancino, un centrocampista offensivo in grado di lanciare ed un seconda punta in grado di svariare in tutto il campo. Nel 3-5-2 spesso l’argentino aveva dismesso le vesti della punta per dedicarsi al ruolo di regista offensivo: ha arretrato il suo raggio d’azione per trovare spazi in cui poter dar sfogo al suo talento. Il rombo tanto caro ad Allegri ha dimostrato di non riuscire a valorizzare nessuno dei due negli spezzoni che li hanno visti protagonisti nel ruolo di trequartista. Troppo facili da soffocare da soli, con tutto il peso della manovra offensiva sulle spalle. Le posizioni variabili dei due sono adesso un gran grattacapo per gli avversari, costretti a decidere quale soffocare: con un talento così debordante lasciare uno spiraglio pare più un lancio di moneta che una scelta ponderata.

La stessa antifona, pur con interpreti diversi, si è presentata con il Milan di Ancelotti. Alle spalle di Inzaghi agivano infatti Kakà e Seedorf: anche in questo caso un velocista ed un calciatore più statico. Il brasiliano faceva della progressione il suo punto di forza, l’olandese giocava con intelligenza, classe ed un gran tiro da fuori. Alle loro spalle un geometra come Pirlo sostenuto da due onesti mestieranti come Ambrosini e Gattuso, necessari per sostenere l’impatto di uno schema così naïf. I risultati sono arrivati e si sono tramutati in uno dei Milan più belli da vedere della storia: tanta roba se pensiamo al retaggio del club rossonero.

Le radici del modulo affondano però negli anni ’70, in Inghilterra: la prima squadra ad essere raccontata col 4-3-2-1 è stata il Crystal Palace. Doberenier, giornalista dell’Observer, ha raccontato così la partita delle Aquile “La scorsa stagione il Palace giocava con un poco compromettente ‘9-1’, adesso invece con un disinvolto 4-3-2-1 anche se la trama di gioco non è cambiata molto. La palla avrebbe comunque dovuta arrivare sempre a Queen, il cui ruolo tattico sarebbe rimasto sempre quello di riuscire a fare a sportellate con i quattro difensori avversari che gli agiscono contro contemporaneamente. Praticamente, una situazione del genere doveva lasciare molti giocatori del Palace smarcati in qualche parte del campo. Questo dovrebbe succedere solo momentaneamente e a debita distanza dal pallone. Quando però la palla tornava avanti, i giocatori del Palace sembravano sempre in inferiorità numerica, uno contro due. Poi accadde un evento straordinario, quasi senza precedenti: due giocatori del Palace, dimenticandosi di essere fuori posizione, si trovavano nell’area avversaria. Birchenall portava il pallone verso la porta, Queen, forse innervosito dopo aver visto uno dei suoi compagni così vicino prontamente rientrò e Birchenall calciò in rete”. Successivamente si hanno tracce dell’albero di natale in Olanda, a fine anni ’80, con il Den Haag raccontato da Jonathan Wilson nel suo ‘The History of Football Tactics”.

È stato Carlo Ancelotti tuttavia a riprendere il modulo e renderlo grande, portandolo sul tetto del mondo nel 2007 quando il suo Milan si è vendicato del Liverpool ad Atene. Ad imitarlo è arrivato successivamente il Palermo di Delio Rossi, con la formazione rosanero più bella di sempre: il duo alle spalle della punta era composto da Josip Ilicic e Javier Pastore, due giocatori dall’estro enorme che in Coppa Italia si sono arresi solamente in finale all’Inter tripletista. La ricetta è semplice, ma richiede delle individualità ben marcate: servono una punta in grado di fare reparto ed almeno due giocatori di rottura a centrocampo. Il resto viene affidato al duo di tenori, chiamato a spaccare gli schemi del calcio tradizionale. L’albero di natale è il modulo che più di tutti regala libertà ai fantasisti di esprimere la loro verve artistica, libera da schemi e briglie tattiche: starà a loro fare la differenza fra la vittoria e la sconfitta.

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