Aleksandar Duric, l’apolide del calcio

Aleksandar Duric, l’apolide del calcio

ALEKSANDAR DURIC- Dalla guerra in Jugoslavia alla fascia di capitano a Singapore: un viaggio con il più grande viaggiatore della storia del football

Ci sono persone che potrebbero raccontarti 40 anni di vita con l’intensità di eventi che tu potresti usare per raccontare – che so – il Medioevo, o le guerre mondiali. Aleksandar Duric (Djuric secondo la fonetica italiana) è senz’altro uno di questi tizi per i quali scrivere un’autobiografia significa scrivere insieme un libro di avventura, uno di storia e uno di sociologia, e chissà quante altre materie stiamo tralasciando. Leggete questo racconto, vi assicuro che non ve ne pentirete.

UNA VITA IN VIAGGIO: L’INCREDIBILE STORIA DI ALEKSANDAR ÐURIC

Aleksandar Djuric nasce nel 1970 a Doboj, Jugoslavia. Dopo un’infanzia trascorsa a giocare come portiere e centrocampista, a 12 anni ha un problema di crescita del torace che lo costringe a lasciare il calcio per darsi a sport più utili a formare il fisico. Ma Aleksandar non è uno che si lascia scoraggiare dalle difficoltà, ve ne accorgerete strada facendo. Inizia a praticare il kayak e a 15 anni è già campione nazionale juniores; a 17 è il numero 8 al mondo della sua disciplina. Poi inizia la guerra, non credo di aver bisogno di dirvi quale guerra. Gli ammazzano la madre, viene cooptato dall’esercito jugoslavo, lui per tutta risposta scappa via, con 300 marchi tedeschi in tasca. Trova asilo politico in Svezia, dove ricomincia a giocare a pallone, con l’AIK Solna; poi va in Ungheria, dove acquisisce il passaporto e gioca nello Szeged. Gli anni passano, siamo nel 1992 e la sua terra d’origine ora si chiama Bosnia. Ci sono i giochi olimpici, la Bosnia lo vuole nella squadra di canoa ma non ha come pagargli la trasferta. Cosa fa Djuric? Arriva lo stesso, ma in autostop! Millecinquecento km fra varie peripezie, l’arrivo in extremis, l’attrezzatura presa in prestito dai colleghi spagnoli. Sembra una leggenda, ma è tutto vero.

IL TUTTOFARE: MILLE SPORT, MILLE RUOLI!

Dopo le Olimpiadi si torna in Ungheria. Anche la permanenza lì dura poco, perché nel ’94 Alex trova il modo di trasferirsi in Australia. Ci resta cinque anni, naturalmente lui che ha giocato da portiere e da centrocampista non può che fare il… difensore. Quattro squadre con una breve parentesi al Locomotive Shanshan, in Cina, giusto due passi dietro l’angolo. Nel 1999, poi, il suo club West Adelaide fallisce e Djuric si ritrova senza squadra. L’occasione giusta per un’altra scelta fuori dal comune, anzi due. Vola a Singapore, gioca nel Tanjong come ala sinistra, poi improvvisamente si sperimenta da attaccante. I risultati sono strabilianti: 11 gol in 16 partite e la squadra che si piazza terza. Dopo un’altra breve parentesi in Australia, dove – manco a dirlo – acquisisce la cittadinanza, Djuric si stabilisce definitivamente a Singapore. Ha ormai 30 anni, momento in cui la carriera delle persone normali imbocca la parabola discendente. Ma lui, l’avrete intuito, non è affatto una persona normale. Inizia una nuova vita da centravanti, in giro per il campionato di Singapore. Home United, 6 gol in 10 partite. Geylang United, 97 in 126 presenze. Poi il sodalizio con la squadra dell’esercito, durato 5 anni con 129 reti in 150 presenze. Infine (siamo nel 2010, Aleksandar ha ormai 40 anni) l’ingaggio con il Tampines Rovers, dove gioca ancora oggi. Altre 78 reti in 132 apparizioni, il record di 321 reti che lo rende il 27mo calciatore più prolifico della storia, nonché naturalmente il numero uno della storia di Singapore. Ah, sì, perché nel frattempo Djuric ha preso la nazionalità singaporiana e si è tolto anche lo sfizio di segnare con la Nazionale, di cui è diventato anche capitano. 27 gol in 54 partite, giusto uno ogni due.

LA VITA DI ÐURIC DOPO IL RITIRO: FRA BENEFICENZA E RACCONTI INCREDIBILI

Aleksandar Djuric si ritirerà alla fine del 2014, all’età di 44 anni. In questi quattro decenni e un po’ ha fatto di tutto e ha visto ancora di più. E’ ormai un personaggio storico, un uomo da romanzo prima ancora che da almanacco. E’ sposato con Natasha da 15 anni, ha due figli (più uno adottato pochi anni fa) e ancora oggi corre 15 km al giorno a Johor Bahru, dove vive con la sua famiglia. Da più di dieci anni partecipa ad iniziative umanitarie in favore dei bambini, una delle quali nel 2012 lo ha portato a fare il tassista per due settimane, raccogliendo olre 2.500 dollari, dati in beneficenza. Qualcosa mi dice che anche senza calcio Alex non avrà mai modo di annoiarsi.

Di Antonio Papa