Barcellona Athletic Bilbao: due ribelli al centralismo ma mai amici
BARCELLONA ATHLETIC BILBAO – Contro Madrid ma mai alleati: torna lo scontro tra Catalogna ed Euskadi
La Spagna è da sempre un territorio frammentato da diverse culture a sé stanti unificate sotto la stessa lingua principale nel Medioevo. I quasi quarant’anni di dittatura, successivi a tre di guerra civile, finirono per esacerbare e inasprire maggiormente gli endemici attriti tra il governo centrale di Madrid e le fiere ‘periferie’ di Euskadi (paese basco) e della Catalogna. Il calcio, quale espressione e sfogo assoluto della cultura popolare, è oggi l’esemplificazione più chiara di codeste rivalità, che trasportano l’enfasi delle divergenze
politiche al campo di gioco. I due antagonisti per eccellenza al potere blanco, con permesso dell’Atletico Madrid, il Barcellona e l’Athletic Bilbao, rappresentano quella dicotomia figlia della ribellione al potere centrale che ha cucito un rapporto di rispetto spesso intaccato dalle differenza sostanziali nel modo di vivere il calcio.
Entrambi i club, infatti, si arrogano rispettivamente il diritto di rappresentare le loro ‘nazioni’ mai riconosciute ufficialmente, con le rispettive mostre a cielo aperto di senyeras e ikurriñas (le bandiere catalane e basche) ad ogni partita. Eppure, se l’Athletic rispetta quasi in maniera ortodossa l’appartenenza al popolo basco di ogni suo calciatore, il Barça non ha mai imposto come condicio sine qua non la catalanità dei suoi giocatori.
Calci al pallone e al volto
Paradossalmente, le due società più avverse alla monarchia di Madrid, sono le detentrici della maggior parte di Coppe del Re disputate fino ad ora, il che ha fatto salire ulteriormente la temperatura nei frequenti scontri degli ultimi anni. Perché, se con il Real Madrid la rivalità è principalmente politica, l’estetismo esasperato del calcio blaugrana cozza duramente con la combattività dei baschi. Non è uncaso che, proprio davanti al Re Juan Carlos ebbe luogo la più clamorosa rissa di sempre del calcio spagnolo, in una finale della coppa nazionale in cui un Maradona ancora immaturo si vendicava del fallaccio di Goikoetxea che diminuì del 30% i movimenti della sua magica caviglia sinistra. Quell’incontro, assorto ad archetipo dell’astio tra i due ribelli del calcio spagnolo, avrebbe segnato uno spartiacque nella relazione tra le due società, che si trovano d’accordo nel ruolo di antisistema ma cantano melodie differenti sul terreno di gioco.
Camp Nou maledetto
Lo scontro di oggi a Barcellona vede i catalani, secondi a 42 punti, distanti già dieci lunghezze rispetto ai baschi, che vivacchiano al settimo posto in cerca di mantenersi nella lotta per un posto in Europa League l’anno prossimo. I due recenti scontri in Coppa del Re
sono stati decisi più da giocate individuali, come un’astuta punizione di Messi nel match di ritorno, che da manifestazioni di superiorità del collettivo, come di solito negli ultimi quindici anni.
Il Camp Nou è un feudo maledetto per l’Athletic, che non si impone a Barcellona dal remoto 24 novembre 2001, quando Urzaiz ed Ezquerro resero aneddotico l’unico gol di Rivaldo. All’epoca, Messi era solo una promessa di scarsi quattordici anni, mentre Iñaki Williams ne aveva 7 e forse non sapeva ancora che sarebbe stato il primo
calciatore di colore a marcare a fuoco la storia dell’Athletic.