A tutto Cassano: dall’erede designato al tradimento di Mazzarri. E la Juve in serie B…
CASSANO CARRIERA – FANTANTONIO SI RACCONTA
C’è tutto il mondo di Antonio Cassano nella chiacchierata tra l’attaccante barese e Walter Veltroni, autore dell’intervista pubblicata stamani sulle colonne del Corriere dello Sport. Una chiacchierata tra passato, presente e futuro, per tornare sulle promesse (mantenute a metà) e sugli errori (tanti) che hanno frenato l’ascesa di uno dei talenti più fulgidi dell’età contemporanea. E’ tempo di rimpianti e Cassano non si sottrae. Ammette i suoi errori,a cominciare dall’avventura al Real Madrid, il sogno di tanti, deprezzato da una condotta oltremodo fuori dalle righe:
LE MERENGUES
“Ho fatto di tutto e di più in senso negativo. Perché c’è gente che pagherebbe oro per andare al Real Madrid con tutti quei fenomeni e io invece ho combinato tutti i casini possibili, andando via dai ritiri, facendo lo stupido, non allenandomi. Pesavo sei o sette chili in più. Quei giorni sono il grande rimpianto che ho, a livello calcistico. La mia felicità era non avere regole, fare quello che mi pareva, fare feste, festicciole, mangiare quello che mi andava, non facendo vita da professionista. Non ho mai avuto vizi di nessun genere, però non sopportavo regole e costrizioni. Ho sbagliato, ho perso una grande occasione. Volevo tornare a casa, perché mi mancava tremendamente l’Italia, mia mamma non stava bene a Madrid, faceva fatica nell’ambientarsi lì. C’era l’opportunità di tornare in serie B alla Juve. Per la seconda volta l’ho rifiutata e sono andato alla Sampdoria perché, come ho sempre detto, la Juve è una bella donna ma non mi prende. Io sono fatto così”.
I PRIMI PASSI
La rapida ascesa è nata tra i vicoletti di Bari, laddove Cassano ha scoperto le sue innate doti calcistiche: “Giocavo In mezzo alle bancarelle del mercato che veniva nel quartiere durante la settimana. Il mercato del pesce. Mi sono messo lì a fare i primi palleggi, le prime partitelle. Forse il primo dribbling l’ho fatto a una cassetta di spigole. Poi il pallone è diventato una routine giornaliera e da lì è nato l’Antonio Cassano che tutti hanno conosciuto. Però è nato sulle pietre, tra i mercati. La mia infanzia? Con mille difficoltà però, in fondo, è stata sempre felice, tranquilla e serena. Mia mamma non mi ha fatto mai mancare niente. Con mille difficoltà, mille sacrifici, lavori un po’ di qua un po’ di là, ma non mi ha mai fatto mancare niente. Nelle piccole cose, nel minimo indispensabile per vivere non mi mancava mai niente. Casa mia? Quando non hai una lira la casa come può essere? Era una casa umile e piccola. Scuola? Per me ogni giorno l’orario scolastico prevedeva cinque ore di ginnastica, perché andavo in palestra, anche se non potevo, e giocavo a pallone. Poi arrivavano le sospensioni a destra e a sinistra però per me era educazione fisica ogni giorno, ogni mese, ogni anno”.
IL BARI E L’ESORDIO
Il Cassano calciatore professionista è nato e si è affermato nella sua città Natale. Un privilegio che non spetta a tutti: “Un giorno arriva Michele Gravina e mi dice: “Tu devi venire a fare un provino al Bari”. Mi hanno preso a undici anni e da lì è iniziata la trafila al Bari. Giocavo sempre con la maglia numero 10 già tra i ragazzini e giravo per il campo, dove il mio istinto mi portava. Esorsio in A? Diluviava, quel giorno non c’erano attaccanti e Fascetti mi mise in campo con Olivares. Di anni ne avevo diciassette e mezzo. Un ragazzo. Mi ricordo che avevo fatto una grande partita, però avevo sbagliato due o tre gol e mi stavo dannando l’anima. Nella mia testa dicevo: cavolo Enyinnaya ha fatto un gran gol in un momento chiave contro una grande squadra: mi sa che a lui passa il treno e a me no. E mi dannavo l’anima. Fino al momento in cui Perrotta mi ha fatto un gran lancio, ho agganciato la palla con il tacco, mi è venuto tutto istintivo, l’ho portata avanti, ho visto in velocità arrivare Panucci, sono andato verso il centro sterzando, stavo anche scivolando, sono andato ad incrociare la palla e ho segnato. Segnato il gol che avrebbe cambiato il corso della mia vita”.
UN CAPITANO PER AMICO
Da Bari a Roma. Un triplo salto carpiato, reso sicuramente più agevole dall’amicizia nata con Francesco Totti: “Io avevo l’occasione di andare alla Juve però, quando ho iniziato a giocare, ammiravo molto il Pupo, Francesco Totti. Era il giocatore che in quel periodo, in serie A, era diverso da tutti gli altri. Era il più forte di tutti e io mi rivedevo in lui. Dovevo andare alla Juve però quando c’è stata l’offerta dei giallorossi ho detto al mio procuratore dobbiamo andare a Roma assolutamente. Non mi importa della Juve. Sono andato a Roma solo ed esclusivamente per giocare con Totti. Quando sono arrivato nella capitale i primi quattro mesi lui mi ha fatto vivere in casa sua, dove stava con la mamma e il papà. Mi ha fatto sentire a casa, ma non nel modo di dire, a casa sul serio. Mi ha tenuto tre mesi, fino a che non ho trovato un appartamento per me. Mi ha fatto ambientare in pochissimo tempo, in una metropoli grandissima. La differenza tra Roma e Bari era abissale e rischiavo di perdermi, in tutti i sensi”.
IL MILAN
“Galliani stava per vendere Ronaldinho e gli è venuta l’idea geniale di propormi due anni e mezzo di contratto. Io ho accettato subito perché era una squadra con tanti campioni e si poteva vincere finalmente un campionato. In quell’epoca volevo avere la goduria di vincere finalmente un campionato. E ci sono riuscito”.
L’INTER E MAZZARRI
Col biscione odio e amore. Una stagione positiva nella squadra del cuore. Poi Mazzarri e le solite incomprensioni: “Ho spinto come un matto perché volevo a tutti i costi la maglia nerazzurra. Ho fatto una buona stagione, con nove o dieci goal. Poi arrivò quel santone di Mazzarri, che si sveglia la mattina e vuole fare quello che sa tutto, e all’inizio mi disse, perché avevamo lo stesso procuratore, che non c’erano problemi con me. Poi, appena firmato, dichiarò: Cassano è il primo che deve andare via. Sono andato via senza polemica, perché non c’era motivo di farne. L’Inter era gestita in una maniera fantastica da Marco Branca e Piero Ausilio. Per me è stata la piazza migliore, tra le grandi squadre. Delle piccole invece è stato il Parma”.
IL NUOVO CASSANO
Sull’erede nessun dubbio: “Abbiamo dei ruoli diversi, però l’unico che mi assomiglia, come inventiva, come qualità, come personalità è Insigne del Napoli. Ha genio, è terrone come me. Rivedo in lui tante cose di me”