La Roma riparte da Di Francesco, zemaniano a modo suo
“Mio padre Arnaldo insisteva affinché diventassi allenatore: ha scelto di chiamarmi Eusebio proprio come il fuoriclasse del Benfica, stravedeva per lui”.
Ma prima di accomodarsi sulla panchina della Roma – tornando all’Olimpico dopo la vittoriosa esperienza sotto la pragmatica guida di Capello – la strada non è stata così facile. Nel 2005, a Perugia, Eusebio Di Francesco mette un punto alla sua carriera da calciatore e sceglie di provare diverse esperienze prima di maturare un decisione definitiva sul suo futuro. Inizia come team manager nella Roma di Spalletti, poi vestirà i panni di Direttore Sportivo nella Val di Sangro (compagine dilettantistica abruzzese), fino al 27 gennaio 2008 quando subentrerà ad Antonello Cuccureddu sulla panchina del Lanciano. Esonerato dopo circa un anno, nel 2010 viene chiamato in corsa dal Pescara, con cui centrerà una storica promozione in B dopo i play-off.
Eusebio Di Francesco, la strada per arrivare a Roma
Nel 2011, dopo aver lasciato la squadra nelle mani di Zeman, verrà “catapultato” in serie A. Un salto di categoria eccessivamente precoce, infatti, dopo il 4-2 subito dal Lecce in casa del Napoli, Eusebio sarà sostituito dal navigato Serse Cosmi. Ripartirà dal progetto emiliano di Squinzi, che il 19 giugno 2012 gli metterà in mano il suo nuovo giocattolo: il Sassuolo. A gennaio si laureerà campione d’inverno e 6 mesi dopo conquisterà il titolo. E’ serie A e questa volta ha un sapore diverso, il sapore di chi ci è arrivato da solo! La partenza è da brividi, al termine del girone d’andata già si inizia a parlare di retrocessione. Di Francesco viene messo alla porta, il Sassuolo fa all-in sul mercato e con 11 innesti – da serie A -consegna la squadra a Malesani. 5 sconfitte su 5, è ora di cambiare di nuovo: è il futuro che riparte dal passato, ma stavolta a Di Francesco si chiede un vero miracolo sportivo. A distanza di un anno al Mapei Stadium si festeggia ancora: il Sassuolo resta in A e strizza l’occhio all’Europa che verrà.
Roma riparte dal 4-3-3 di Di Francesco
L’aziendalismo di Squinzi e il 4-3-3 di Di Francesco di lì a poco approderanno sul palcoscenico internazionale, ma a seguito di un’annata altalenante per Eusebio è ora di tornare a casa: Roma lo aspetta. Tra lo scetticismo della piazza, il brusio dell’Olimpico che ha tristemente allontanato un tecnico a stagione nelle ultime 5, Di Francesco riparte dal 4-3-3. Un dato che spaventa, non tanto per il modulo quanto per la fonte di ispirazione: il “maestro” boemo. Di Francesco si definisce “Zemaniano a modo suo”. Palla, organizzazione e corsa, in ordine di importanza. La palla, e non l’avversario, deve essere il primo riferimento. Poi tutti devono correre, difendere e attaccare di squadra. Ogni situazione va accompagnata col gruppo. Un 4-3-3 moderato, equilibrato che si sviluppa il gioco sugli esterni e punta sul recupero alto del pallone, ma passa per un centrocampo tecnico e muscolare con un playmaker davanti la difesa a far da schermo. Pensa in verticale e a Roma ha già una rosa adatta al suo telaio tattico. Il rientro di Florenzi sarà una chiave importante per lo sviluppo del gioco a partire dalla propria metà campo, Perotti con lui potrebbe tornare ad esser il vice-Dzeko, El Shaarawy e Salah – o chi arriverà – due frecce nell’arco brave a supportarlo. Certamente verrà trattenuto – riscattato – Pellegrini, che sarà facilitato nel compimento della sua maturazione e che saprà aggiungere muscoli e gol al centrocampo.
Una rivincita personale
Le idee buone si possono esportare ovunque, dalla provincia alla Capitale, basta avere una società pronta a supportarle. In fondo anche questo è vincere, ma non a Roma. Dimostrare che con il suo calcio si può anche vincere un trofeo. Una rivincita personale lo aspetta. Del resto da calciatore Eusebio Di Francesco è arrivato nella Capitale a 28 anni e dopo due anni passati a balzare i gradoni con Zeman ha conquistato lo scudetto sotto la pragmatica guida di Fabio Capello e una società presente. Ora da allenatore proverà a riportare quella simbiosi.
di Domenico Marcuccilli