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Le giovani promesse nel calcio sono spesso accostate a delle stelle. In molti casi, però, si tratta di esplosioni lampo la cui luce non perdura o viene offuscata da altri pianeti più grandi che non permettono loro di splendere quanto potrebbero. I casi recenti sono tanti, dal celebre Freddy Adu a Davide Santon, passando per lo stesso Pato fino ad arrivare alla più attuale, e quantomeno astrusa, vicenda che riguarda Ruben Neves. Il centrocampista portoghese classe 1997, arrivato nella prima squadra del Porto a diciassette anni dopo aver bruciato le tappe nelle giovanili, ora che ne ha da poco compiuti venti sembra essere entrato in un buco nero senza uscita. Dopo esser stato eletto non solo simbolo ma addirittura capitano nella stagione 2015-16, il centrocampista è stato invece relegato in panchina da Nuno Espirito Santo l’anno successivo, ovvero quello che è appena terminato. Neves è passato dalle 38 alle 18 presenze in tutte le competizioni, cifre che assomigliano più a quelle di un calciatore prossimo al ritiro che a quelle di un giovane in rampa di lancio. Dato che in Portogallo niente si muove se non lo supervisiona Jorge Mendes, il più influente agente di calciatori del pianeta, il giovane di belle speranze è stato praticamente da subito ‘arraffato’ dal padrino di Cristiano Ronaldo. Per uno che governa praticamente il mondo dei calciatori, possiede quattro telefoni cellulari ed è stato per un periodo anche principale inquilino del Real Madrid, durante il regno dispotico di Josè Mourinho,  è stato un gioco da ragazzi attirare l’imberbe centrocampista, che tutti vedevano come una grande speranza per il futuro della nazione. Poi, all’improvviso, Neves si è impantanato. Soprattutto da quando alla guida del Porto è arrivato Nuno Espirito Santo, allenatore ed ex portiere che con Mendes ha più di un’amicizia, dato che si tratta del suo primo affare con il Deportivo La Coruña nel lontano 1996, quando il procuratore gestiva ancora una discoteca a Porto e poco più.

Ruben Neves, dalla Champions alla Championship

L’episodio che lascia comprendere che sarà una stagione difficile per il giovane Ruben ha luogo il 17 agosto 2016, quando in occasione dell’andata dei preliminari tra Porto e Roma, il centrocampista, dopo essersi a lungo riscaldato, viene fatto poi sedere dal nuovo tecnico e rompe in lacrime in panchina. Da quel momento in poi Neves ha iniziato a occupare più spesso la panchina che il terreno di gioco, con solamente 7 incontri completi da titolare durante tutta la stagione. Da giovane e speranzoso capitano il numero 6 dei ‘Dragoes’ si è visto non solamente esautorato del suo status di capitano quanto soprattutto messo ai margini della squadra, il che ha notevolmente compromesso la sua evoluzione. Il tutto sembrava però potersi risolvere una volta sancito l’addio di Nuno Espirito Santo al Porto, con destinazione il Wolverhampton, una società presieduta dai classici padroni cinesi ansiosi di affacciarsi al prestigio calcistico mondiale, ma tuttora in Championship, ossia la Serie B inglese. Ed è in questo frangente che entra di nuovo in gioco Mendes, che insieme a Nuno ha spostato anche Ruben Neves ai Wolves, le ultime calciomercato parlano di un acquisto per 18 milioni di euro, con la sua solita percentuale per i ‘servizi’ svolti. Ci troviamo dunque di fronte all’ennesima manovra da marionettista di Mendes, che incurante dei sentimenti e delle incongruenze dei suoi due assistiti, ha giocato di nuovo a suo piacimento per puro interesse del guadagno. Sarà stato per raccogliere fondi per la salatissima multa che Cristiano Ronaldo deve pagare al fisco spagnolo? Ciò che è certo è che la crescita della carriera di Neves è ad alto rischio. E non solo per trovarsi di nuovo alle dipendenze di Nuno, ma soprattutto per essere passato da giocare la Champions da capitano a militare nella seconda divisione britannica. Il triste riflesso dell’impotenza dei calciatori rispetto ad agenti che non guardano in faccia nessuno, almeno non senza occhiali da sole.

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

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