Skip to main content

“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Questa massima tipicamente juventina ha accompagnato parecchi post social di Leonardo Bonucci, cresciuto nel vivaio dell’Inter ma che aveva ormai vestito i vessilli di pretoriano della causa bianconera. Colui che per molti era non solamente il migliore difensore centrale in circolazione ma anche un carismatico leader dello spogliatoio bianconero, ha deciso di recidere violentemente il legame con la società torinese per spostarsi qualche km più ad est, in quella Milano rossonera che sembra avere una disponibilità economica infinita e che gli ha promesso 8 milioni di ingaggio netti all’anno, un colpaccio per un calciatore con trenta primavere sulle spalle. La dipartita del capitano in pectore dei bianconeri, di quel giocatore che in campo aveva autorità per affrontare arbitri e richiamare i compagni al dovere, spicca come un tradimento ancora più cocente rispetto a quello di Higuain verso il Napoli. L’argentino non era un leader, non sentiva la maglia come una seconda pelle, o per lo meno non aveva mai sbandierato un amore viscerale verso i colori che Bonucci diceva di difendere a spada tratta. Dopo sette stagioni, sei delle quali da protagonista e equilibratore della difesa bianconera, nonché di quella della nazionale, il difensore esce dalla porta di servizio di una dimora nella quale è stato un punto di riferimento. Una vera e propria fuga da padre di famiglia che rinnega il focolare. La sua intenzione di partire a tutti i costi, e tra l’altro a una cifra non elevatissima per un calciatore quasi unico nel suo ruolo, ossia 40 milioni, è quindi la chiusura di un cerchio infuocato fatto di incomprensioni e attriti talmente forti che fanno pensare che l’addio di Bonucci è la miglior soluzione sia per lui sia per la Juventus. Altrimenti non si capirebbe perché uno dei migliori centrali al mondo dovrebbe rinunciare alla Champions League.

Scontro Bonucci/Allegri: precedenti illustri

Alla base di questa fuga premeditata già da un po’ ci sarebbero degli alterchi importanti in primis con Massimiliano Allegri, che lo punì con un invito in tribuna VIP contro il Porto in seguito a un diverbio non da poco. Da quel momento in poi, nonostante la barca Juventus avesse il vento in poppa, il rapporto tra i due si era ovviamente incrinato, per poi spezzarsi definitivamente dopo Cardiff, quando il fumo per la batosta contro il Real Madrid in finale e il presunto atto di boria e prepotenza nei confronti di Dybala venuto alla luce era divampato in un incendio difficilmente controllabile. Era dunque ovvio che a fine stagione si sarebbe dovuto scegliere tra uno dei due, e il fallimento della missione Champions ha visto cadere dalla torre il difensore. Se andiamo indietro nel tempo possiamo trovare almeno tre casi emblematici di screzi tra un allenatore e un calciatore simbolico che sono sfociati in una brusca rottura. Soprattutto in casa Inter, dove due fuoriclasse come Roberto Baggio e Ronaldo hanno deciso di scappare per sfuggire all’ostracismo indisponente dei loro tecnici. Tra il Divin Codino e Marcello Lippi il rapporto fu teso fin dai tempi della Juventus e i due non se le mandarono mai a dire, anche se poi furono entrambi a lasciare la Milano nerazzurra la stessa stagione. Per quanto riguarda il Fenomeno, invece, le incomprensioni con Hector Cuper andarono al di là dell’eterno odio calcistico tra Brasile e Argentina: “Cuper era scarsissimo, ci faceva correre tre km nei riscaldamenti” affermò tempo fa il brasiliano al programma spagnolo Fiebre Maldini. Il 5 maggio fece il resto. Non bisogna poi dimenticare i casi dei due calciatori più geniali del nuovo secolo: Ronaldinho e Ibrahimovic. Il brasiliano visse gli ultimi quattro mesi a Parigi in un’aperta sfida con il tecnico Luis Fernandez, che lo beccò con non una ma quattro ragazze alla vigilia di una partita di Coppa. Lo svedese, invece, fu prima anelato e poi messo da parte da Pep Guardiola, che al Barça lo vide come un ostacolo all’esplosione di Messi. Da quel momento in poi Ibra lo avrebbe definito filosofo e criticato in ogni occasione.

Il caso Bonucci, dunque, non è che l’ennesima riconferma che uno scontro di ego termina sempre con una separazione. Anche nelle migliori famiglie.

Mariaclaudia Catalano

Giornalista pubblicista, inviata d’assalto classe ‘89, una vita in radio e al tg, content editor per vocazione. Convertita al SEO non posso più farne a meno

Lascia una risposta